giovedì, gennaio 15, 2015
Cronache e bilancio della prima tappa del viaggio in Asia 

di Paolo Fucili

Entusiasmo alle stelle, tra il piccolo gregge dei fedeli cattolici. Atmosfera caldissima – non solo per la meteorologia - ovunque il Papa abbia messo piede. E per finire tanta benevola “curiosità” se non altro, tra i molti ceylonesi di molte altre fedi. Un posto tutto fuorché insignificante, il variegato Sri Lanka, per lanciare messaggio con cui il breve soggiorno di Francesco qui passerà alla particolarissima “storia” dei viaggi papali: no cioè all’abuso violento della religione.

Quel che evidentemente più sta a cuore oggi a Jorge Bergoglio, se anche nella “perla dell’Oceano indiano” ha colto l’occasione di gridarlo di nuovo al mondo. E così va in archivio, felicemente, la prima tappa del settimo viaggio internazionale di Francesco, ora sbarcato – dopo lunghi venti anni di assenza di un Papa – nelle lontane ma “cattolicissime” Filippine. Scommesse aperte più che mai a Manila – con il Papa in arrivo a fine mattina (ora italiana) di oggi, sul singolarissimo record che Francesco potrebbe ritoccar di parecchio verso l’alto, quello della messa più affollata della storia. Quattro, se non cinque milioni di fedeli li radunò nel 1995 Wojtyla, celebrando la conclusione della decima Giornata mondiale della Gioventù al Rizal Park della città. E numeri più grandi ancora potrebbe mobilitare il successore, alla messa che presiederà nel medesimo luogo domenica pomeriggio. Ma anche il piccolo, meno popoloso e soprattutto meno cattolico Sri Lanka (20 milioni circa di abitanti, con solo un piccolo 8% di cristiani) non ha sfigurato affatto, nell’accogliere la terza visita di un Papa.

Tutto organizzato per bene fin dall’arrivo dell’aereo papale, con uno studiato “mix” di protocollari formalismi e originali curiosità: salve di cannone ed inni nazionali, danze indigene in abbigliamento tipico, reparti militari schierati in alta uniforme e una quarantina di elefanti, bardati di ricche stoffe, allineati lungo il percorso della papamobile appena fuori dall’aeroporto, con Francesco sorridente e omaggiato di una rigogliosa ghirlanda al collo, ovviamente bianca e gialla.

Tanto entusiasmo chissà che non lo abbia pure frastornato un po’, se il primo appuntamento in agenda è subito saltato, l’incontro con l’episcopato srilankese all’arcivescovado della capitale Colombo. Dove il corteo papale è arrivato percorrendo ben 28 chilometri di strada con assiepate ai lati, dicono, 300.000 persone, tanto da allungare non poco, sotto il cocente sole equatoriale, i tempi dello spostamento. Poi nessun altro intoppo fino ai saluti di stamane in aeroporto, racconta la cronaca dei due giorni appena trascorsi, con in evidenza tre appuntamenti per altrettanti temi “forti” all’ordine del giorno.


Incontro interreligioso al Bandaranaike Conference Hall – Già un fugace colpo d’occhio sulla spaziosa sala di questo moderno “centro congressi”, alla periferia di Colombo, diceva parecchio, martedì sera, sulla variegata “composizione” religiosa di Ceylon: buddhisti, grande maggioranza (70%), induisti (12%), musulmani (9%) e il resto cristiani di varia denominazione, soprattutto cattolici. Ognuno vestito con le tipiche fogge della sua tradizione, con qualche curiosa commistione come una specie di scialle color giallo senape – segno di onore e rispetto per gli induisti – sovrapposto sulla bianca tonaca del Papa.
Anche lo Sri Lanka, riferiscono cronache internazionali e pure organismi come Aiuto alla chiesa che soffre (vedi il “Rapporto 2014” da poco pubblicato) conosce fenomeni di intolleranza e fanatismo religioso (ad opera specie di gruppi estremisti di matrice buddhista), che vanno a rinfocolare pure la secolare rivalità tra le due principali etnie: cingalesi, tradizionalmente buddhisti, 74% della popolazione, e tamil, induisti (giacché originari dell’India), un 15% concentrato nel nord del paese, principale teatro della guerra civile combattuta tra 1982 e 2009 per l’autonomia di quelle regioni.
Non è un caso, per inciso, che gli organizzatori han fatto spazio ad entrambe le lingue delle due etnie, laddove si era deciso che fossero usati anche i principali idiomi indigeni oltre all’inglese: lingua questa degli ultimi colonizzatori della recente storia del paese, con cui nell’occasione si è cimentato Bergoglio.
E seppure la pronuncia non fosse proprio fluente, il messaggio lanciato al mosaico religioso srilankese è chiarissimo: “non si deve permettere che le credenze religiose vengano abusate per la causa della violenza o della guerra”. E qui bisogna esser “chiari e non equivoci” - Francesco ha aggiunto pensando certo anche ad altri scenari geografici – “nell’invitare le nostre comunità a vivere pienamente i precetti di pace e convivenza di ciascuna religione e denunciare gli atti di violenza”. Con l’avvertenza preliminare che il dialogo interreligioso - in quel mosaico di fedi che è Ceylon e l’Asia tutta – si fa con “onestà” nel presentare ognuno quel che crede, per essere “in grado di vedere più chiaramente quanto abbiamo in comune”.

Canonizzazione di padre Giuseppe Vaz – Sarà pure il primo santo in assoluto dello Sri Lanka, sebbene non nativo del luogo ma arrivato dall’India, a sostenere la nascente chiesa cattolica all’epoca delle persecuzioni olandesi, tra ‘600 e ‘700. Ma che alla canonizzazione di questo missionario oratoriano (non troppo noto finora, in realtà, alle nostre latitudini europee) potessero assistere mezzo milione addirittura di fedeli – come narrano le cronache di mercoledì mattina – prevederlo era dura, alla vigilia. E invece fanno fede le foto aeree del Galle Face Green, il parco di Colombo adagiato sulla riva dell’oceano, dove nel ’95 fu pure celebrata da Wojtyla la beaticazione.
Un “sacerdote esemplare”, ora Francesco addita alla Chiesa universale Giuseppe Vaz (1651-1711) giacché “ci insegna ad uscire verso le periferie” a lui tanto care. Esempio pure perché anche oggi la Chiesa srilankese, ispirandosi a lui, “volentieri e generosamente serve tutti i membri della società”, senza far distinzioni di razza, credo, appartenenza tribale o condizione sociale; “essa non chiede altro che la libertà di portare avanti la sua missione”, poiché “la libertà religiosa” – il Papa sottolinea rivolto non certo al solo Sri Lanka – “è un diritto umano fondamentale”.

Preghiera mariana al santuario di Madhu – A un’ora abbondante di elicottero da Colombo, verso nord, un’ altra folla ha preso d’assedio mercoledì pomeriggio il santuario mariano nazionale srilankese, unica tappa del programma papale fuori della capitale. Un “viaggio nel viaggio” significativo vieppiù, omaggio non solo ai primi evangelizzatori e ai martiri di cui narra la storia del luogo, con l’antica statua di “our Lady of Madhu” ora venerata con tutti gli onori, ma in passato nascosta addirittura nella giungla, per scampare a feroci persecuzioni. Negli anni bui della guerra civile, qui migliaia di profughi trovarono scampo all’aspra battaglia combattuta tutto attorno tra esercito regolare e separatisti tamil, con uno strascico di atrocità e sistematiche violazioni dei diritti umani (da ambo le parti) che ancora inquietano la tormentata coscienza nazionale. Ma la devozione a questo santuario ha sempre accomunato, se non altro, i cristiani cingalesi e tamil. E la festosa atmosfera di ieri esprimeva in fondo quel desiderio di pace e riconciliazione cui Papa Francesco – bene istruito su storia ed attualità del luogo, ha dato voce: certo “facile” non è, ammette anche lui, bisogna prima “comprendere, alla luce della croce, il male di cui siamo capaci e di cui persino siamo stati partecipi”, per ricevere così “la grazia di avvicinarci l’un l’altro con vera contrizione, offrendo e cercando vero perdono”.

Del primo Papa della storia ad andare a Madhu rimarrà un rosario attorno al collo di quella venerata statua, come ad affidarle una preghiera perché sia lei, parole di Francesco ancora, ad accompagnare “gli sforzi per ricostruire l’unità che si era perduta. E anche il nuovo presidente srilankese, Maithripala Sirisena, ora dovrà far la sua parte. Eletto a sorpresa giusto la settimana precedente l’arrivo del Papa, è stato lui ad accogliere Bergoglio all’aeroporto - con tutta la malcelata emozione dell’esordiente - e a ricevere quindi poco dopo la visita di lui al Palazzo presidenziale, com’è consuetudine ad ogni viaggio papale all’estero. Allo sconfitto Rajapaksa, reduce da due mandati, ma troppo autoritario e insensibile secondo la vox populi locale a diritti e richieste delle minoranze etnico-religiose, è toccata comunque la consolazione di un breve incontro col Pontefice in nunziatura. Era stato lui infatti ad invitare il Papa a Colombo, l’unico srilankese a cui la festa - è probabile -è andata di traverso.

Sono presenti 2 commenti

Unknown ha detto...

Il kalashnikov di Torquemada


Il gesuita finora guardingo come serpente[1]
stavolta fa la biscia fuori dal vaso[2]
tanto marketing[3] bugiardo ed impenitente
finisce in concime... e pugni al naso[4]!

Si paventa il ritorno dell'Inquisizione
dal papa che finse una ritrovata santità
via il copione ed è di nuovo costrizione ... http://www.sharedits.net/M-Ebooks-E-9-C-95.html

Unknown ha detto...

Bergoglio:" se dici una parolaccia su mia mamma aspettati un pugno".
E tu che da sempre dici bestialità contro le mie due mamme, o i miei due papà, prenditi questo calcio nei coglioni!


Ripartono le crociate

Ripartono le crociate, che non si erano mai fermate
con bergoglio che invita i suoi al gancio destro[1].
L' antivangelo ribatte alle guance schiaffeggiate[2]
con il pugno, poi la tortura, il rogo ed il capestro[3]

Il gesuitismo ambiguo[4] di bergoglio fa gran danno
innescando escandescenza e recrudescenza di violenza[5]
per tenere in piedi, con la forza, il grande inganno
violentando ancora la derelitta umana conoscenza...

Facile scatenare risse e guerre in base al nulla
legittimandolo col fanatismo reso "credo eterno"... http://www.sharedits.net/M-Ebooks-E-9-C-96.html

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