martedì, dicembre 02, 2014
Blastema, la storia del gruppo e le collaborazioni artistiche con nomi importanti della musica rock internazionale.



intervista di Simona Santullo

Negli anni hanno raccolto tanti successi, numerosi concerti, diviso il palco con grandissimi nomi della musica internazionale, fino ad arrivare al successo nazional-popolare con la partecipazione a Sanremo nel 2013. Il loro ultimo singolo è “I Morti”, un brano penetrante e coinvolgente, con un mix di suoni e parole che arrivano dritti al cuore e si fissano bene nella mente. Un brano dalle sonorità d’effetto, con quel qualche cosa in più di originale e pieno di significato
.
Oggi ho il piacere di farmi due chiacchiere con una persona piacevolissima Matteo Casadei, voce del gruppo dei Blastema.

D.- I Blastema nascono un po’ per caso, ma da un sentimento importante come quello dell’amicizia. Matteo raccontaci com’è avvenuto il vostro incontro.

R.- Nasce tutto molto spontaneamente e molto semplicemente. Eravamo compagni di classe, Alberto ed io (chitarrista) avevamo la stessa passione ed abbiamo deciso di fondare un gruppo. La cosa straordinaria è che nessuno di noi si sarebbe mai immaginato che poi quel gruppo si sarebbe rivelato così longevo e che dalla prima creazione, sarebbe diventato il gruppo principale della nostra vita per oltre quindici anni.

D.- Matteo io oggi parlo con te, ma vuoi ricordare anche tutti gli altri componenti del gruppo?

R.- La cosa bella è che i componenti dei Blastema sono stati tanti, adesso ricordo la formazione odierna, composta da me, Matteo Casadei alla voce; Alberto Nanni alle chitarre e alla produzione; Luca Marchi al basso; Michele Gavelli alle tastiere e l’ultimo entrato Maicol Morgotti alla batteria.


D.- Il nome, BLASTEMA sembra tenebroso, invece ha un bellissimo significato, giusto? 

R.- Sì esattamente. Eravamo alla ricerca di un nome per la nostra band che sin da subito desse l’impressione di quello che volevamo fare. Quindi, sempre ai tempi della scuola, sfogliammo un vocabolario e trovammo questo nome che di primo acchito sembrava, come hai detto tu, molto oscuro, tenebroso e invece poi si rivelava piuttosto lucente. Il suo significato è germoglio e devo dire che questo nome ci ha portato, nel corso del tempo, sempre molta fortuna perché siamo riusciti a crescere. Ci siamo trasformati, ma senza mai venir meno o tradire il principio fondamentale, cioè quello di fare musica insieme divertendoci e riuscendo a coprire tante sfaccettature della musica.

D.- Voi siete un gruppo rock indipendente, come mai questa scelta?

R.- Non è tanto una scelta quanto una metodologia di lavoro. Semplicemente preferiamo avere dei tempi dettati dalle nostre esigenze piuttosto che dei tempi dettati dal mercato della musica, che molto spesso va a sottolineare solamente l’aspetto economico di quello che è un disco, mettendo da parte la cosa principale della canzone, cioè l’esigenza espressiva, l’esigenza artistica. Questa cosa qui è stata un po’ mascherata negli ultimi anni, si è creato quello che può essere un’aberrazione, cioè il “mercato musicale” o il “mercato della musica”, questa specie di rappresentazione figurativa dove invece di vendere, che so, il bestiame o altro, si vendono i musicisti, si vendono i dischi, e secondo me non c’è mai stata una raffigurazione così emblematica del tempo che stiamo vivendo. 

D.- Negli anni avete accumulato tanti successi e collaborato con tanti nomi importanti della musica internazionale. Cosa vi hanno lasciato, musicalmente parlando, questi incontri professionali?

R.- Musicalmente parlando non so quanta influenza abbiano avuto, nel senso che, probabilmente l’influenza forte degli Skunk Anansie l’abbiamo avuta quando eravamo più piccoli. Sicuramente ci hanno lasciato tanta tanta esperienza. Ci hanno regalato la loro esperienza, nel senso che siamo riusciti a capire, collaborando con queste band, quanto bello, complesso e meritorio sia il lavoro del musicista, soprattutto se lo fai in un ambito internazionale di grande presentazione, come lo fanno gli Skunk Anansie. Per essere un musicista devi essere prima una grande persona, umile soprattutto, come sono loro, e capire che questo è un lavoro vero e proprio che non ammette la 'scialacqueria', nel senso che si pensa sempre che il Rock and Roll sia un posto pieno di depravazione e di momenti di divertimento, quando in realtà per farlo bene si deve essere molto seri, molto preparati e molto responsabili.

D.- Nel 2013 è stata la volta di un palco importante per la musica italiana. Quello di Sanremo. Cosa puoi dirci di quell’esperienza e… la rifareste?

R.- Personalmente non credo, nel senso che, con il senno di poi, avendola già fatta, non la rifaremo o non vorremmo rifarla, ci è già bastata una volta. E’ innegabile che Sanremo sia un palco utilissimo per chi vuole fare questo tipo di professione, o riuscire a fare al meglio quello che già sta facendo, perché ti dall’opportunità di essere visto e di incontrare persone che possono aiutarti nel lavoro. Chiaramente Sanremo è una grande vetrina che ha poco a che fare con lo spettacolo. Noi siamo più musicisti giocolieri, per cui abbiamo fatto un po’ di fatica a integrarci. Di quelle serate ricordo soprattutto il dopo Sanremo, ricordo lo stare insieme a festeggiare e a girare per le strade, quello è davvero un ricordo caro e prezioso che mi porterò sempre dietro. 

D.- Dal 16 ottobre è in rotazione radiofonica il singolo che anticipa il vostro nuovo album; I MORTI. Il brano descrive lo stato di totale decadimento in cui viviamo. Siamo davvero una società senza futuro?
 
R- Questo è legato al concetto di tempo. Se ammettiamo che il tempo non esiste, sì, siamo una società senza futuro ma anche senza passato. Se invece prendiamo le nostre coordinate temporali, possiamo dire che un futuro c’è sicuramente, ma che cosa ci aspetta nel futuro? Io credo che si sia arrivati a un punto in cui difficilmente si possa dare una svolta migliorativa totale e far diventare questo un posto bellissimo in cui abitare. Credo invece che ci sia l’esigenza di un grande stravolgimento che sicuramente provocherà molta tensione e molta sofferenza, ma che, - e questo sì, io me lo auguro, - porterà a un futuro molto più legato al fattore del sentimento e alla capacità di volerci bene. Ci siamo un po’ isolati, ci siamo un po’ spenti, siamo “morti” sentimentalmente, io spero che con il tempo ritroveremo, anche nel poco, nel dolore e nella sofferenza, di essere umani.

D.- Parliamo un po’ del vostro nuovo album. Cosa troveremo all’interno del disco?

R.- Il disco uscirà più o meno ad aprile. Il titolo non lo voglio anticipare perché definirebbe quello che stiamo andando a fare. Le sonorità invece le abbiamo già anticipate e I Morti è uno di quei pezzi che bene s’innesta nel tessuto di questo nuovo disco e poi, ultimamente, dal vivo stiamo facendo anche altri pezzi che hanno un’ottima risposta anche da parte del pubblico e che sono contenuti nel nuovo disco. La cosa migliore quindi è venirci a vedere per farsi un’idea.

D.- Quanto tempo avete impiegato per realizzarlo?

R.- A ora più di un anno e manca ancora tutta la fase di registrazione che ci toglierà ancora qualche mese. Comunque è un disco che abbiamo pensato molto bene.

D.- In questo periodo siete in tour per promuovere l’uscita del disco. Puoi ricordare qualche data?

R.- Nel mese di dicembre saremo ad Asti, Savona, Milano Reggio Emilia. Comunque io ho una pessima memoria, quindi rimando tutti a visitare il nostro sito che è www.blastema.it dove le date ci sono e ci sono anche tutti i collegamenti per i nostri social.


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