Siria, slitta lo smaltimento delle armi chimiche
Radio Vaticana - In una lettera al Consiglio di Stato, il segretario dell’Onu, Ban Ki-moon, ha comunicato che lo smaltimento dell’arsenale chimico siriano non sarà completato entro la data prevista del 30 giugno. Il rinvio delle operazioni si è reso necessario per motivi di sicurezza. Quanto pesa il conflitto in Siria sul trasporto delle armi? Gianmichele Laino lo ha chiesto a Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo: ascolta
R. – Sicuramente, trasportare armi chimiche in zone di guerra è un problema, anche per chi le volesse usare - è sempre stato uno dei problemi tradizionali di queste armi - e in una zona di conflitto così a macchia di leopardo com’è la Siria evidentemente è uno dei più grossi problemi .
D. – Ban Ki-moon specifica che il 92% dell’arsenale chimico ha già lasciato il Paese. Che peso ha il restante 8%, che è in attesa di essere evacuato?
R. – Sono prodotti estremamente delicati. In parte, il materiale è stato prima preso in consegna dal personale della Convenzione per l’eliminazione delle armi chimiche. Certamente, le tonnellate di armi chimiche in possesso del regime siriano erano tantissime e pertanto anche quel poco che è rimasto è effettivamente tanto. E’ un materiale, quindi, estremamente pericoloso, che può cadere in mani sbagliate. Capiamo bene che si tratta di armi ancora estremamente minacciose. La piccola percentuale, che apparentemente rimane ancora in territorio siriano, è una percentuale estremamente significativa e pericolosa.
D. – Che significato ha questo slittamento negli equilibri della comunità internazionale, in un momento così delicato per la Siria che, tra l’altro, si prepara al voto per le presidenziali?
R. – La questione siriana, purtroppo, è passata fuori dall’agenda internazionale, dopo la vicenda dell’Ucraina. Rrimane però una guerra che si prolunga ormai da tre anni e che si pone all’interno di un groviglio geopolitico importantissimo, perché è una guerra tra il governo, forze ribelli di tipo integralista islamico e forze ribelli di tipo democratico. I tentativi sinora fatti di arrivare a un accordo, almeno a un cessate-il-fuoco, purtroppo sembra non riescano a sortire alcun effetto.
D. – Quali sono ora gli scenari possibili per lo smaltimento dell’arsenale chimico siriano?
R. – Un impegno che l’Italia si era assunto recentemente era quello di ospitare presso il porto di Gioia Tauro questa nave che doveva partire dal porto siriano, arrivare qui in Italia e trasbordare materiali su una nave ad hoc, che attualmente sta aspettando in un porto spagnolo, per lavorare poi il carico in mare aperto, essere reso meno pericoloso e poi nuovamente essere consegnato alle ditte specializzate. Il quadro, certamente, è ancora molto incerto, ma ancora una volta mi sembra importante ricordare che quello delle armi chimiche non è l’aspetto più preoccupante: le oltre 100 mila vittime del conflitto siriano sono state fatte nella stragrande maggioranza, al 99,9%, utilizzando armi convenzionali. Il nodo fondamentale potrebbe essere che le Nazioni Unite cercassero di imporre un embargo agli armamenti nei confronti dei due contendenti, cercando di bloccare questa carneficina, che ormai si prolunga da tre anni.
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R. – Sicuramente, trasportare armi chimiche in zone di guerra è un problema, anche per chi le volesse usare - è sempre stato uno dei problemi tradizionali di queste armi - e in una zona di conflitto così a macchia di leopardo com’è la Siria evidentemente è uno dei più grossi problemi .
D. – Ban Ki-moon specifica che il 92% dell’arsenale chimico ha già lasciato il Paese. Che peso ha il restante 8%, che è in attesa di essere evacuato?
R. – Sono prodotti estremamente delicati. In parte, il materiale è stato prima preso in consegna dal personale della Convenzione per l’eliminazione delle armi chimiche. Certamente, le tonnellate di armi chimiche in possesso del regime siriano erano tantissime e pertanto anche quel poco che è rimasto è effettivamente tanto. E’ un materiale, quindi, estremamente pericoloso, che può cadere in mani sbagliate. Capiamo bene che si tratta di armi ancora estremamente minacciose. La piccola percentuale, che apparentemente rimane ancora in territorio siriano, è una percentuale estremamente significativa e pericolosa.
D. – Che significato ha questo slittamento negli equilibri della comunità internazionale, in un momento così delicato per la Siria che, tra l’altro, si prepara al voto per le presidenziali?
R. – La questione siriana, purtroppo, è passata fuori dall’agenda internazionale, dopo la vicenda dell’Ucraina. Rrimane però una guerra che si prolunga ormai da tre anni e che si pone all’interno di un groviglio geopolitico importantissimo, perché è una guerra tra il governo, forze ribelli di tipo integralista islamico e forze ribelli di tipo democratico. I tentativi sinora fatti di arrivare a un accordo, almeno a un cessate-il-fuoco, purtroppo sembra non riescano a sortire alcun effetto.
D. – Quali sono ora gli scenari possibili per lo smaltimento dell’arsenale chimico siriano?
R. – Un impegno che l’Italia si era assunto recentemente era quello di ospitare presso il porto di Gioia Tauro questa nave che doveva partire dal porto siriano, arrivare qui in Italia e trasbordare materiali su una nave ad hoc, che attualmente sta aspettando in un porto spagnolo, per lavorare poi il carico in mare aperto, essere reso meno pericoloso e poi nuovamente essere consegnato alle ditte specializzate. Il quadro, certamente, è ancora molto incerto, ma ancora una volta mi sembra importante ricordare che quello delle armi chimiche non è l’aspetto più preoccupante: le oltre 100 mila vittime del conflitto siriano sono state fatte nella stragrande maggioranza, al 99,9%, utilizzando armi convenzionali. Il nodo fondamentale potrebbe essere che le Nazioni Unite cercassero di imporre un embargo agli armamenti nei confronti dei due contendenti, cercando di bloccare questa carneficina, che ormai si prolunga da tre anni.
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