Nuova udienza oggi al Tribunale internazionale per l’ex Jugoslavia dell’Aja nel processo contro
L’ex comandante delle truppe serbo-bosniache è accusato di crimini di guerra e contro l’umanità per il ruolo avuto nella strage di Srebrenica, nella quale furono massacrati oltre 7 mila uomini e giovani bosniaci e nelle azioni di pulizia etnica compiute in Bosnia tra il 1992 e il 1995. Oggi la parola alla difesa che nega gli 11 capi d’accusa, sostenendo che Mladic era un militare che ha obbedito agli ordini ricevuti. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Mauro Ungaro, direttore del giornale “La Voce Isontina”, esperto dell’area balcanica.
R. – Ricordare la figura di Ratko Mladic significa ricordare uno dei periodi più bui della storia europea dell’ultimo secolo. Mladic, durante la guerra nella ex-Jugoslavia è stato il braccio dei dirigenti politici serbi: per questo è stato poi accusato di genocidio, ma anche di crimini contro l’umanità a causa dell’assedio di Sarajevo e soprattutto per il massacro di Srebrenica.
D. – Perché la comunità internazionale non è riuscita a fermare quel massacro e a neutralizzare personaggi come Mladic?
R. – Qui si apre una delle pagine su cui, forse, non è mai stata fatta pienamente luce. Era il luglio del ’95, quando migliaia di musulmani furono di fatto uccisi dalle truppe serbo-bosniache, che proprio Mladic guidava con l’appoggio di gruppi paramilitari, in quella che doveva essere una zona protetta, perché Srebrenica – non dimentichiamolo! – era una zona tutelata dalle truppe delle Nazioni Uniti. I caschi blu, però, lasciarono la città in mano agli uomini di Mladic e successe quel che successe, con le migliaia e migliaia di civili bosniaci che caddero sotto le armi e sotto i colpi degli uomini del generale. La comunità internazionale in quel momento voltò colpevolmente la testa dall’altra parte!
D. – Cosa rimane oggi in ex-Jugoslavia di quel periodo e, soprattutto, basteranno delle condanne a dimenticare?
R. – Personalmente credo che nella ex Jugoslavia non si voglia più sentire parlare di queste pagine. Mladic appartiene a quello che tutti vogliono rimanga nel passato. Tutti i vari Stati della zona hanno cercato e cercano anche faticosamente di voltare pagine, soprattutto in una chiave di adesione alla comunità europea, di cui hanno necessità, hanno bisogno. E soprattutto la gente sente questa necessità. Il rischio, però, è che la memoria di quanto è accaduto vada dispersa e che di Srebrenica, come di tanti altri massacri, un po’ alla volta si perda la nozione e siano dei termini lasciati solo alle pagine della storia. Ecco forse è bene che ogni tanto questi nomi ritornino proprio per ricordare fino a che punto può arrivare l’aberrazione dell’uomo nei confronti di un altro uomo e assolutamente ricordare che solo cammini di riconciliazione e di pace possono far fare all’Europa un gradino in più.
L’ex comandante delle truppe serbo-bosniache è accusato di crimini di guerra e contro l’umanità per il ruolo avuto nella strage di Srebrenica, nella quale furono massacrati oltre 7 mila uomini e giovani bosniaci e nelle azioni di pulizia etnica compiute in Bosnia tra il 1992 e il 1995. Oggi la parola alla difesa che nega gli 11 capi d’accusa, sostenendo che Mladic era un militare che ha obbedito agli ordini ricevuti. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Mauro Ungaro, direttore del giornale “La Voce Isontina”, esperto dell’area balcanica.
R. – Ricordare la figura di Ratko Mladic significa ricordare uno dei periodi più bui della storia europea dell’ultimo secolo. Mladic, durante la guerra nella ex-Jugoslavia è stato il braccio dei dirigenti politici serbi: per questo è stato poi accusato di genocidio, ma anche di crimini contro l’umanità a causa dell’assedio di Sarajevo e soprattutto per il massacro di Srebrenica.
D. – Perché la comunità internazionale non è riuscita a fermare quel massacro e a neutralizzare personaggi come Mladic?
R. – Qui si apre una delle pagine su cui, forse, non è mai stata fatta pienamente luce. Era il luglio del ’95, quando migliaia di musulmani furono di fatto uccisi dalle truppe serbo-bosniache, che proprio Mladic guidava con l’appoggio di gruppi paramilitari, in quella che doveva essere una zona protetta, perché Srebrenica – non dimentichiamolo! – era una zona tutelata dalle truppe delle Nazioni Uniti. I caschi blu, però, lasciarono la città in mano agli uomini di Mladic e successe quel che successe, con le migliaia e migliaia di civili bosniaci che caddero sotto le armi e sotto i colpi degli uomini del generale. La comunità internazionale in quel momento voltò colpevolmente la testa dall’altra parte!
D. – Cosa rimane oggi in ex-Jugoslavia di quel periodo e, soprattutto, basteranno delle condanne a dimenticare?
R. – Personalmente credo che nella ex Jugoslavia non si voglia più sentire parlare di queste pagine. Mladic appartiene a quello che tutti vogliono rimanga nel passato. Tutti i vari Stati della zona hanno cercato e cercano anche faticosamente di voltare pagine, soprattutto in una chiave di adesione alla comunità europea, di cui hanno necessità, hanno bisogno. E soprattutto la gente sente questa necessità. Il rischio, però, è che la memoria di quanto è accaduto vada dispersa e che di Srebrenica, come di tanti altri massacri, un po’ alla volta si perda la nozione e siano dei termini lasciati solo alle pagine della storia. Ecco forse è bene che ogni tanto questi nomi ritornino proprio per ricordare fino a che punto può arrivare l’aberrazione dell’uomo nei confronti di un altro uomo e assolutamente ricordare che solo cammini di riconciliazione e di pace possono far fare all’Europa un gradino in più.
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