venerdì, aprile 25, 2014
Per ventidue anni ha incontrato i giornalisti nella Sala Stampa della Santa Sede per comunicare al mondo l’attività magisteriale di papa Giovanni Paolo II. Oggi Joaquin Navarro-Valls è tornato per commentare la santità di quel pontefice che lui stesso ha percepito sin dalla prima volta che lo ha visto pregare. 

di Elisabetta Lo Iacono 

Una sensazione chiara perché in fin dei conti, come ha detto l’ex portavoce di Giovanni Paolo II, "o uno è santo mentre è vivo o non lo sarà mai”. Un incontro, quello del briefing di stamani, centrato sulle peculiarità della santità di papa Wojtyla, sulla celebrazione di domenica che va a ratificare una fama di santità assai diffusa e che fu proclamata e quasi reclamata a gran voce dai fedeli sin dal giorno delle esequie, l’8 aprile del 2005.

La santità di Giovanni Paolo II, come ha spiegato Navarro Valls, è riconducile a tre verbi: pregare, lavorare e sorridere. La preghiera, innanzitutto, come dimensione assolutamente connaturale al suo modo di essere tanto che l’immagine più eloquente della sua personalità è, per l’ex direttore della Sala Stampa Vaticana, quella che lo ritrae pregando, il bisogno più profondo della sua anima cui rispondeva con estrema naturalità e con grande intensità, ovunque si trovasse. Tanto da dimenticarsi di tutto quello che stava attorno a lui. “Una sera dopo cena – ha raccontato Navarro Valls - passando come di consueto dalla cappella, mi inginocchiai dietro a lui, trascorsero moltissimi minuti, a un certo punto si alzò e disse che aveva completamente dimenticato che io ero lì. Era così evidente, in questi momenti, che il papa stava lì ma contemporaneamente con qualcun altro”.

Una santità proiettata anche nel lavoro, in un metodo di affrontare le questioni quotidiane che aveva qualcosa di particolare. “Anche nel lavoro c’erano degli aspetti propri di un santo - ha raccontato – quanto non ho mai visto in nessun’altra persona. Non perdeva un minuto ma non aveva mai fretta. Un atteggiamento che non era riconducibile solo a una abilità umana ma sgorgava dal profondo della sua anima. Anche i suoi collaboratori dovevano adattarsi a questa forma di lavoro, c’era da studiare bene i temi e, soprattutto, raffrontarli con le verità ultime tanto più che in ogni questione lui teneva sempre in considerazione le persone coinvolte”.

E infine quel sorriso che ha sempre caratterizzato il suo volto con quei tratti di ironia e di grande dolcezza che non sono mai venuti meno, nonostante l’irrigidimento del volto provocato, negli ultimi anni, dal Parkinson.

“Il buon umore – ha ricordato Navarro Valls – non gli mancava mai, nonostante i problemi che arrivavano sulla sua scrivania o quelli causati dal suo stato di salute”. Come quando ricevette un personaggio internazionale, di cui non è stato fatto il nome, e questo gli disse che lo trovava bene, nonostante la sua evidente situazione. Giovanni Paolo II lo guardò con quell’espressione piena di ironia che ben ricordiamo e replicò: “Ma lei pensa che non mi veda in televisione come sono combinato?”. E come non pensare oggi, rovistando tra i nostri ricordi, a quel sorriso della Giornata mondiale della Gioventù di Tor Vergata così come agli ultimi mesi di vita, nonostante i problemi, nonostante le sofferenze.

Giovanni Paolo II aveva un sorriso e una serenità che sgorgavano dal profondo della sua anima e in fin dei conti, come ha riflettuto il suo portavoce, “non può esistere un santo triste: se vi descrivono un santo di cattivo umore o vi stanno raccontando male la sua storia o non era santo”.


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