Il cristiano Sawan Masih dopo una discussione con un islamico, avrebbe insultato Maometto. La folla distrugge il quartiere cristiano di Lahore. Domani conferenza e raccolta firme dell’associazione Pakistani cristiani in Italia
di Mauro Pianta
Vatican Insider - Sawan Masih ha 26 anni, tre figli e una condanna a morte per blasfemia. Il verdetto del tribunale di primo grado di Lahore nei confronti del cristiano Sawan è arrivato giovedì 27 marzo. A denunciare l’uomo ci aveva pensato un amico musulmano, Shahid Imran. I due si erano incontrati in casa di Masih, per bere qualcosa e chiacchierare. Ma quando hanno cominciato a parlare di religione qualcosa, complice probabilmente l’alcol, non ha funzionato: la discussione è degenerata in lite e Shaid ha finito per denunciare l’amico cristiano. «Ha insultato il Profeta», ha detto prima alla polizia locale e poi ai rappresentanti della comunità islamica. «Sono innocente – ha sempre dichiarato il giovane cristiano – Shahid vuole solo vendicarsi».
L’episodio ha scatenato l’ira di l’ira di oltre tremila musulmani che si sono scagliati contro il quartiere cristiano dove l’uomo viveva, Joseph Colony, incendiando 178 abitazioni, una ventina di negozi e due chiese. Oltre 400 famiglie hanno perso la casa, eppure gli 83 uomini ritenuti colpevoli dell’attacco sono stati tutti rilasciati su cauzione. Mentre il giovane cristiano è stato condannato a morte e la pagamento di una multa di 200mila rupie (1500 euro) secondo quanto prevede l’articolo 295C del codice penale pakistano. La sentenza è firmata dal giudice Ghulam Murtaza.
È questo un ulteriore esempio dell’uso improprio della cosiddetta legge sulla blasfemia – corrispondente ad alcuni articoli del codice penale pachistano – spesso sfruttata per risolvere questioni personali e colpire le minoranze religiose. La commissione nazionale di Giustizia e Pace della Conferenza episcopale pachistana ha recentemente denunciato il notevole aumento delle accuse di blasfemia contro i cristiani. Su 32 casi registrati nel 2013, infatti, 12 di questi hanno riguardato imputati cristiani: si tratta del 40% delle denunce, in un paese in cui la minoranza cristiana rappresenta appena il 2% della popolazione.
«Il caso di Sawan Masih è l’ennesima beffa nei confronti delle minoranze cristiane – dice a Vatican Insider il professor Mobeen Shaid, fondatore dell’associazione Pakistani Cristiani in Italia -. Ciò che ferisce di più è il silenzio della comunità internazionale».
Ecco perché l’Associazione Pakistani Cristiani in Italia, in collaborazione con alcuni parlamentari italiani ha indetto una conferenza stampa che si terrà mercoledì 2 aprile alle ore 10 presso la Sala Stampa di Palazzo Montecitorio. Nel corso dell’evento sarà presentata la campagna di raccolta-firme “Salviamo Sawan Masih”, a cui è già possibile aderire inviando una e-mail all’indirizzo salviamosawanmasih@yahoo.it, indicando nome e cognome.
di Mauro Pianta
Vatican Insider - Sawan Masih ha 26 anni, tre figli e una condanna a morte per blasfemia. Il verdetto del tribunale di primo grado di Lahore nei confronti del cristiano Sawan è arrivato giovedì 27 marzo. A denunciare l’uomo ci aveva pensato un amico musulmano, Shahid Imran. I due si erano incontrati in casa di Masih, per bere qualcosa e chiacchierare. Ma quando hanno cominciato a parlare di religione qualcosa, complice probabilmente l’alcol, non ha funzionato: la discussione è degenerata in lite e Shaid ha finito per denunciare l’amico cristiano. «Ha insultato il Profeta», ha detto prima alla polizia locale e poi ai rappresentanti della comunità islamica. «Sono innocente – ha sempre dichiarato il giovane cristiano – Shahid vuole solo vendicarsi».
L’episodio ha scatenato l’ira di l’ira di oltre tremila musulmani che si sono scagliati contro il quartiere cristiano dove l’uomo viveva, Joseph Colony, incendiando 178 abitazioni, una ventina di negozi e due chiese. Oltre 400 famiglie hanno perso la casa, eppure gli 83 uomini ritenuti colpevoli dell’attacco sono stati tutti rilasciati su cauzione. Mentre il giovane cristiano è stato condannato a morte e la pagamento di una multa di 200mila rupie (1500 euro) secondo quanto prevede l’articolo 295C del codice penale pakistano. La sentenza è firmata dal giudice Ghulam Murtaza.
È questo un ulteriore esempio dell’uso improprio della cosiddetta legge sulla blasfemia – corrispondente ad alcuni articoli del codice penale pachistano – spesso sfruttata per risolvere questioni personali e colpire le minoranze religiose. La commissione nazionale di Giustizia e Pace della Conferenza episcopale pachistana ha recentemente denunciato il notevole aumento delle accuse di blasfemia contro i cristiani. Su 32 casi registrati nel 2013, infatti, 12 di questi hanno riguardato imputati cristiani: si tratta del 40% delle denunce, in un paese in cui la minoranza cristiana rappresenta appena il 2% della popolazione.
«Il caso di Sawan Masih è l’ennesima beffa nei confronti delle minoranze cristiane – dice a Vatican Insider il professor Mobeen Shaid, fondatore dell’associazione Pakistani Cristiani in Italia -. Ciò che ferisce di più è il silenzio della comunità internazionale».
Ecco perché l’Associazione Pakistani Cristiani in Italia, in collaborazione con alcuni parlamentari italiani ha indetto una conferenza stampa che si terrà mercoledì 2 aprile alle ore 10 presso la Sala Stampa di Palazzo Montecitorio. Nel corso dell’evento sarà presentata la campagna di raccolta-firme “Salviamo Sawan Masih”, a cui è già possibile aderire inviando una e-mail all’indirizzo salviamosawanmasih@yahoo.it, indicando nome e cognome.
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