mercoledì, aprile 02, 2014
Anno 1996, sono bastati un nome e poche note musicali a farmi tornare indietro negli anni. Il nome è quello di Alessandro Errico, la canzone è “Il grido del silenzio”.

intervista di Simona Santullo

In quegli anni la sua faccia pulita era sui poster e sulle riviste come Cioè e Top girl. Sono passati quasi vent’anni da allora e come tutti Alessandro è cresciuto come persona e come artista; soprattutto il suo nuovo singolo “ il mio paese mi fa mobbing” è un piacevole, ironico e interessante ritorno sulle scene musicali italiane.

D. - Alessandro, torniamo un attimo indietro nel tempo. Tu inizi la tua carriera artistica da giovanissimo, nel 1995/1996 partecipando al tuo primo Sanremo con “Il grido del silenzio” e conquistando il primo posto a “Sanremo top”. Com’è stato quel periodo della tua vita?

R. - E’ stato un periodo abbastanza convulso ma credo sia abbastanza immaginabile e forse anche normale per quello che era il sistema. Era un’epoca in cui esisteva ancora una discografia e quindi si vendevano ancora molti dischi. Pensa esistevano ancora i cd, oggi esistono più come reperto che altro; quindi sì, ho fatto tanto, ho girato come una trottola per tanto tempo e ho vissuto molto intensamente in quel periodo tanto che a un certo punto ho sentito l’esigenza di staccare letteralmente la spina.

D. - Il cd “Il mondo dentro me” ha venduto all’epoca 100.000 copie ottenendo un disco d’oro e tu avevi solo ventidue anni, un successo straordinario se consideriamo che oggi il disco d’oro si conquista con appena 25.000 copie vendute. A cosa è stato dovuto questo grande successo secondo te. 

R. - Non saprei davvero. C’è stato sicuramente il traino televisivo di un volto noto grazie ad una trasmissione televisiva – Amici di Maria De Filippi - che allora non era un talent show ma un talk show, una sorta di ora di religione per come me la ricordo io. Era una trasmissione dove ci si riuniva tutti intorno a un problema, dove ragazzi miei coetanei s’incontravano e discutevano. Questa popolarità sicuramente è stata abbastanza determinante nel mio successo. Poi c’è stata anche la musica, c’è stato il fatto che ero e sono un cantautore, ero e sono uno che la musica la scrive, e quello che scrivevo, già allora aveva una profondità che andava oltre l’età che avevo, profondità che poi è stata sicuramente una virtù ma anche un po’ il mio limite, perché a un certo punto non ho retto più l’impatto con quel mondo lì. Probabilmente non avevo più nemmeno gli strumenti adatti per affrontarlo.

D. - Noi siamo praticamente coetanei io ti seguivo da Maria De Filippi tutti i pomeriggi. Quel talk show di allora era molto molto diverso dalle edizioni di “Amici” di oggi. Che cosa pensi dei talent di oggi, li ritieni delle opportunità professionalmente valide per i ragazzi che vogliono entrare nel mondo dello spettacolo oppure no?

R. - Come prima cosa ribadisco che non era un Talent, ovviamente non lo faccio per prendere le distanze, lo faccio solo perché lì non c’era nessun vincitore. Finivo la scuola, mi facevo un’oretta e mezzo di chiacchierata con i miei amici e tornavo a casa, la mia vita finiva lì. Non c’era nessuna “ Casa del grande fratello”. Adesso sicuramente è tutto molto diverso, anche la discografia che si è suicidata in questi ultimi anni, è diventata molto “Talent dipendente” e questo è un dato di fatto. Non sono abituato a lamentarmi perché lamentarsi, non è utile e non serve a nulla. I Talent di oggi potrebbero essere un’opportunità e credo che le opportunità quando ci sono, sono sempre utili. La difficoltà sta in quello che viene dopo. Io non mi sento di criticare chi costruisce un’opportunità che evidentemente non ci sarebbe stata, quello che critico se mai è la mentalità che gira intorno a questi Talent, e te lo dico in una battuta significativa che ovviamente non ho detto io ma che diceva niente poco di meno che Albert Einstein. Einstein diceva che nella formula del successo ci sono due elementi: Inspiration e Transpiration, più precisamente l’1% è ispirazione, talento ecc. ecc. ma il resto è sudore. Quest’ultimo elemento è quello che oggi manca, spesso mancano i contenuti e la voglia di arrivare.

D.- Dopo Sanremo tu hai avuto il successo, ragazzine che ti correvano dietro, ti fermavano per strada, dischi d’oro…A un certo punto però tu dici basta, non ne hai voluto sapere più nulla almeno per un po’. Che cosa hai fatto nel frattempo?

R: - Sono andato in un eremo, tra l’altro in un eremo francescano. Non sto scherzano, è successo proprio questo. Avevo un amico carissimo che condivideva molte delle mie pene e a un certo punto mi disse: “ Ma perché non ti prendi un periodo per riflettere?” Presi al volo questa occasione e dall’oggi al domani me ne andai sei mesi in questo posto abbandonato a riflettere. Tornato a casa, non avevo voglia di rimettermi a fare quello che facevo prima e mi misi a studiare, mi iscrissi all’università, insomma ho fatto la vita che volevo e che dovevo fare. Ovviamente non ho campato d’aria, quindi ho lavorato di giorno e di notte, facendo tutti i lavoretti più o meno dignitosi che fanno i miei coetanei, dopodiché ho fatto un progetto con Edoardo Sanguineti che è sicuramente il più grande poeta del ‘900 italiano, poi ho fatto un disco con Gianni Maroccolo e adesso è arrivato il momento di fare la sintesi di questo periodo raccontando quello che mi fa il mio paese.


D.- Perfetto era qui che volevo arrivare. Sei tornato dopo tanti anni e dopo un lungo percorso tentando nuovamente la strada di Sanremo con “Il mio paese mi fa mobbing” titolo molto molto provocatorio. Come mai questo titolo? 

R. - Questo titolo vorrebbe essere un’istantanea e una fotografia di una condizione di una generazione. Essendo poi una condizione che in questi anni ho provato sulla mia pelle, sentivo l’esigenza e la priorità di raccontarla usando ovviamente gli strumenti che ho imparato, perfezionato e conosciuto in questi anni. In questo lavoro c’è sicuramente la volontà di non cercare la polemica, come dire, muro contro muro, ma usare delle armi alternative come in questo caso l’ironia e il sarcasmo.

D. - Le aspettative però non sono state quelle che speravi perché purtroppo la canzone è stata esclusa dalla kermesse sanremese.

R. - Sì, esatto e la prima reazione è stata assolutamente pacifica perché ogni direttore d’orchestra e ogni conduttore ha il diritto di fare le sue scelte, anzi direi che quasi ha il dovere di dare una sua linea. La cosa che mi ha fatto in qualche modo porre delle domande è stato il fatto che quest’anno la scelta è andata sulla decisione di Fazio di voler fare un festival solo con canzoni d’amore e mi sembrava un po’ una scelta anacronistica, cioè un po’ fuori dal tempo, in un momento del genere. Mi è sembrato un po’ un controsenso e volevo quantomeno replicare, ma non volevo farlo facendo polemiche e così ho trovato anche lì una formula abbastanza ironica.

D. - Anche lì quindi hai avuto le tue soddisfazioni. Raccontaci che cosa è successo con “Sanremoperforza”? 

R. - E’ successo che abbiamo lanciato uno scoop finto, inizialmente lanciato tramite un critico che si chiama Dario Salvatori che fece un’intervista dove annunciava che la mia canzone era stata presa in extremis come quindicesima canzone in gara e quindi io dovevo andare a Sanremo. La metafora e il gioco era che appunto la realtà era stata esclusa da Sanremo ma per ragioni che non si conoscevano la realtà, rientrava dalla porta di servizio. Quindi io sono dovuto andare a Sanremo e da lì sono successe tutta una serie di cose divertenti. Questa cosa poi è stata rilanciata dai notiziari veri perché effettivamente la realtà è mancata un po’ dalla kermesse sanremese.

D. - Alessandro però in barba a Sanremo oggi il tuo singolo è 73esimo nella classifica Fimi che non è poco; sei soddisfatto del tuo percorso?

R. - Intanto me lo stai dicendo tu e la cosa mi fa notevolmente piacere perché non seguo le classifiche. Dopo quindici anni credo tu possa capirmi, rientrare in questo mondo è un po’ complicato, credo sia limitante ridurre tutta l’attività di musicista e di cantautore a quanti like o a quante copie vendute o a quanti mi piace uno riceve. Io cerco di fare un percorso e cerco di fregarmene anche abbastanza di quello che accade intorno. Sono convinto che oggi con degli strumenti comunicativi adeguati si possa raggiungere se non il cuore quantomeno la testa delle persone e questo è il percorso che cerco e che voglio fare di fare, poi vediamo che succede.

D. - Questo percorso, col senno di poi, lo rifaresti così come lo hai fatto, oppure cambieresti qualcosina?

R. - Se si potesse tornare indietro chi è che non cambierebbe qualche cosa… però anche questi sono quei classici giochi che servono a poco, perché in fondo quello che sono oggi è la sintesi anche dei miei errori. In fondo la domanda che c’è dietro è: ti piaci oggi? La risposta è: fondamentalmente sì con tutti i miei difetti, quindi sostanzialmente non cambierei niente.

D. - Su cosa stai lavorando adesso?

R. - Adesso sto lavorando su un’altra grande, spero divertentissima, provocazione di cui purtroppo non posso dire niente, altrimenti non sarebbe più una sorpresa e in più sto finendo un disco, sto preparando i concerti che farò questa estate…

D. - Arriva l’estate tempo di concerti, qualche data?

R. - Ancora non ho date certe, anche perché ancora sto cercando di capire portando avanti un set acustico con violoncello e pianoforte, insomma una cosa più complessa con orchestra… però sai ora con i social network non c’è bisogno di fare conferenze stampa, uno comunica molto facilmente…non appena sarò pronto, tutti sapranno luoghi e date.

D. - Che rapporto hai con i social network ci sei tu dietro la tua pagina Facebook, oppure c’è qualcun altro?

R. - Ho un rapporto quasi maniaco con la coerenza, quindi non potrei delegare la mia comunicazione personale a nessuno, quindi il rapporto è d’amore e odio, nel senso che cerco di usarli in maniera intelligente. Non amo molto chi li usa per condividere la quotidianità più spicciola, questo non mi piace, il cornetto e cappuccino sulla mia bacheca non lo trovi, però trovi delle riflessioni delle provocazioni spero più intelligenti possibili, o almeno io ci provo.

Ok Alessandro, l’intervista finisce qui, noi ti ringraziamo per essere stato con noi e ti facciamo tanti in bocca al lupo per il tuo lavoro.

Le canzoni spesso rimangono nei nostri cuori perché legate a un ricordo, a una persona o a un’emozione particolare. Le canzoni dei primi amori, dei primi concerti dei primi viaggi con gli amici, delle gite scolastiche, dei mitici cento giorni agli esami…Canzoni che ci portiamo dentro inevitabilmente per sempre, e a volte basta davvero poco per riportarle alla mente…


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