L’Assemblea del Senato ha approvato il disegno di legge che introduce il delitto di tortura nell’ordinamento italiano.
Radio Vaticana - Il reato sarà comune, costituirà aggravante se commesso da un pubblico ufficiale. Ascoltiamo il commento di Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone per i diritti e le garanzie nel sistema penale, intervistato da Veronica Giacometti: ascolta
R. - Erano 25 anni che l’Italia aveva preso un impegno di questo tipo. D’altronde, la tortura è un crimine contro l’umanità e quindi è un po’ singolare che in Italia l’unica norma che non siamo riusciti a inserire nella nostra legislazione sia proprio la tortura. Il 2014 è l’anno in cui festeggiamo i 250 anni di “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria e quindi è anche un omaggio a lui.
D. - Si è optato per l’introduzione di un reato comune, anziché di un reato specifico riguardante esclusivamente i funzionari pubblici. Costituisce aggravante il fatto che il reato sia stato commesso da un pubblico ufficiale. Qual è la reazione delle associazioni come voi, per i diritti e le garanzie nel sistema penale?
R. - Antigone, assieme a tantissime organizzazioni, era stata impegnata nell’ultimo anno in una raccolta di firme per una proposta di legge di iniziativa popolare: ne abbiamo raccolte decine e decine di migliaia e le abbiamo messe a disposizione dei parlamentari. La tortura non è un reato che tra due cittadini si commette reciprocamente: nasce dove c’è un obbligo di custodia, dove c’è un obbligo giudiziario di intervento. Abbiamo voluto invece introdurlo come un delitto comune: un delitto cioè che può essere esercitato in famiglia, fra criminali, in un consesso mafioso. Però, c’è una circostanza aggravante che è quella per cui la pena ti è aumentata se sei un pubblico ufficiale. Quindi, il giudizio è giudizio di sospensione. Avremmo preferito un testo più chiaro e coerente con le norme Onu, però si vada avanti… E’ tanto tempo che ne parliamo e non si può più attendere.
D. – L’introduzione del reato di tortura in Italia quali modifiche porterà alla luce della vostra esperienza?
R. - Io cito una vicenda dove noi, come Antigone, eravamo costituiti parte in giudizio: un giudice ad Asti, nel gennaio 2012, ha chiuso il processo per prescrizione - in quel caso c’erano violenze in un carcere nei confronti di due detenuti, violenze brutali - e nel chiudere per prescrizione ha detto: “I reati previsti nel Codice che io ho a disposizione hanno tempi di prescrizione brevissimi, pene brevissime… Se ci fosse stato il delitto di tortura, avrei avuto degli strumenti sanzionatori ben più efficaci”.
D. - Quali potrebbero essere le modifiche per migliorare questo disegno di legge?
R. - Non avrei dubbi, se fossi io il legislatore. Non userei troppa fantasia. C’è una definizione Onu inglese che è stata firmata e ratificata da 190 Stati nel mondo. Si prenda un buon interprete e la si traduca in italiano e le si aggiunga una pena: senza inventarsi parole diverse, storie diverse, configurazioni giuridiche diverse… Ripeto: se questo deve significare, però, che poi dalla Camera ritorna in Senato, che in Senato finisca nella palude, allora no. A questo punto, approvarla subito così com’è. Ricordo che, con motu proprio, il Papa ha introdotto il reato di tortura nel Codice Penale del Vaticano. Quindi, si prenda esempio.
Radio Vaticana - Il reato sarà comune, costituirà aggravante se commesso da un pubblico ufficiale. Ascoltiamo il commento di Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone per i diritti e le garanzie nel sistema penale, intervistato da Veronica Giacometti: ascolta
R. - Erano 25 anni che l’Italia aveva preso un impegno di questo tipo. D’altronde, la tortura è un crimine contro l’umanità e quindi è un po’ singolare che in Italia l’unica norma che non siamo riusciti a inserire nella nostra legislazione sia proprio la tortura. Il 2014 è l’anno in cui festeggiamo i 250 anni di “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria e quindi è anche un omaggio a lui.
D. - Si è optato per l’introduzione di un reato comune, anziché di un reato specifico riguardante esclusivamente i funzionari pubblici. Costituisce aggravante il fatto che il reato sia stato commesso da un pubblico ufficiale. Qual è la reazione delle associazioni come voi, per i diritti e le garanzie nel sistema penale?
R. - Antigone, assieme a tantissime organizzazioni, era stata impegnata nell’ultimo anno in una raccolta di firme per una proposta di legge di iniziativa popolare: ne abbiamo raccolte decine e decine di migliaia e le abbiamo messe a disposizione dei parlamentari. La tortura non è un reato che tra due cittadini si commette reciprocamente: nasce dove c’è un obbligo di custodia, dove c’è un obbligo giudiziario di intervento. Abbiamo voluto invece introdurlo come un delitto comune: un delitto cioè che può essere esercitato in famiglia, fra criminali, in un consesso mafioso. Però, c’è una circostanza aggravante che è quella per cui la pena ti è aumentata se sei un pubblico ufficiale. Quindi, il giudizio è giudizio di sospensione. Avremmo preferito un testo più chiaro e coerente con le norme Onu, però si vada avanti… E’ tanto tempo che ne parliamo e non si può più attendere.
D. – L’introduzione del reato di tortura in Italia quali modifiche porterà alla luce della vostra esperienza?
R. - Io cito una vicenda dove noi, come Antigone, eravamo costituiti parte in giudizio: un giudice ad Asti, nel gennaio 2012, ha chiuso il processo per prescrizione - in quel caso c’erano violenze in un carcere nei confronti di due detenuti, violenze brutali - e nel chiudere per prescrizione ha detto: “I reati previsti nel Codice che io ho a disposizione hanno tempi di prescrizione brevissimi, pene brevissime… Se ci fosse stato il delitto di tortura, avrei avuto degli strumenti sanzionatori ben più efficaci”.
D. - Quali potrebbero essere le modifiche per migliorare questo disegno di legge?
R. - Non avrei dubbi, se fossi io il legislatore. Non userei troppa fantasia. C’è una definizione Onu inglese che è stata firmata e ratificata da 190 Stati nel mondo. Si prenda un buon interprete e la si traduca in italiano e le si aggiunga una pena: senza inventarsi parole diverse, storie diverse, configurazioni giuridiche diverse… Ripeto: se questo deve significare, però, che poi dalla Camera ritorna in Senato, che in Senato finisca nella palude, allora no. A questo punto, approvarla subito così com’è. Ricordo che, con motu proprio, il Papa ha introdotto il reato di tortura nel Codice Penale del Vaticano. Quindi, si prenda esempio.
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