Ex venditore ambulante per le strade di Atene, Giannis Antetokounmpo è diventato una promessa del basket Nba: ma il passato non si dimentica
Città Nuova - «In quegli anni, ad Atene, c’erano giorni in cui se non avessimo venduto nulla, non avremmo avuto i soldi per la cena. Vivevamo col pensiero che la polizia potesse fermarci ed espellerci dal Paese: è stata dura». A raccontare – con estrema dignità – un’adolescenza vissuta ai limiti della sopravvivenza è Giannis Antetokounmpo, nigeriano di Grecia trapiantato negli States. E da protagonista. Una storia personale diversa, distante anni luce dal gossip o dalle polemiche che troppo spesso accompagnano lo sport ad alto livello: una storia messa in luce in questi giorni dalla Gazzetta dello Sport.
Giannis, 19 anni e 208 centimetri, è il più giovane cestista attualmente tesserato per una franchigia Nba, un rookie che si sta facendo prepotentemente largo tra i giganti del basket a stelle e strisce. Titolare da 12 gare consecutive, è uno dei giocatori più promettenti dell’intero campionato, capace di guadagnarsi la stima di mostri sacri come Kevin Durant (al quale si ispira), che non ha lesinato parole al miele nei confronti dell’ala piccola greca: «Vorrei giocare ogni sera contro ragazzi come lui. È uno che dà tutto per la sua squadra».
Davvero niente male, per chi fino a pochi anni fa vendeva borse, orologi e occhiali da sole lungo le vie di Sepolia, quartiere di Atene nel quale non è facile vivere se il tuo colore della pelle è un po’ più scuro del “normale”. Sbarcati in Grecia nel ’92, i coniugi Antetokounmpo sono andati avanti come potevano, da clandestini e senza alcuna possibilità di condurre una vita regolare. Tuttofare, babysitter e – con l’aiuto dei figli – venditori ambulanti: solo così si poteva pensare di sbarcare il lunario.
Fortuna che Madre Natura viene in aiuto di Giannis e del fratello maggiore Thanasis: con una stazza del genere, lo sport – nella fattispecie il basket – avrebbe potuto rappresentare un’ancora di salvezza. Acquisita la cittadinanza greca, i due vengono notati dai dirigenti del Filathlitikos (A2 ellenica), dove impiegano una sola stagione per mettere in mostra tutto il loro valore. Gli Stati Uniti, a quel punto, diventano la meta successiva (con buona pace di Nikos Michaloliakos, il leader – attualmente in carcere – del partito neonazista Alba Dorata, che avrebbe paragonato Giannis a uno scimpanzé…): Thanasis va a fare esperienza nel campionato di sviluppo della Nba, Giannis finisce dritto dritto a Milwaukee, con la possibilità di giocare al fianco e contro i “mammasantissima” di questo sport. Un minimo di ambientamento – il tempo di guadagnarsi la fiducia di coach Larry Drew – e poi il boom sul parquet e la striscia di 12 match di fila nel quintetto base.
A Natale, il suo compagno di squadra Larry Sanders gli ha regalato un paio di scarpe di Gucci. Giannis, spontaneamente, avrebbe commentato: «Non dovevi farmi un regalo così costoso». La semplicità di uno che viene dal basso.
Città Nuova - «In quegli anni, ad Atene, c’erano giorni in cui se non avessimo venduto nulla, non avremmo avuto i soldi per la cena. Vivevamo col pensiero che la polizia potesse fermarci ed espellerci dal Paese: è stata dura». A raccontare – con estrema dignità – un’adolescenza vissuta ai limiti della sopravvivenza è Giannis Antetokounmpo, nigeriano di Grecia trapiantato negli States. E da protagonista. Una storia personale diversa, distante anni luce dal gossip o dalle polemiche che troppo spesso accompagnano lo sport ad alto livello: una storia messa in luce in questi giorni dalla Gazzetta dello Sport.
Giannis, 19 anni e 208 centimetri, è il più giovane cestista attualmente tesserato per una franchigia Nba, un rookie che si sta facendo prepotentemente largo tra i giganti del basket a stelle e strisce. Titolare da 12 gare consecutive, è uno dei giocatori più promettenti dell’intero campionato, capace di guadagnarsi la stima di mostri sacri come Kevin Durant (al quale si ispira), che non ha lesinato parole al miele nei confronti dell’ala piccola greca: «Vorrei giocare ogni sera contro ragazzi come lui. È uno che dà tutto per la sua squadra».
Davvero niente male, per chi fino a pochi anni fa vendeva borse, orologi e occhiali da sole lungo le vie di Sepolia, quartiere di Atene nel quale non è facile vivere se il tuo colore della pelle è un po’ più scuro del “normale”. Sbarcati in Grecia nel ’92, i coniugi Antetokounmpo sono andati avanti come potevano, da clandestini e senza alcuna possibilità di condurre una vita regolare. Tuttofare, babysitter e – con l’aiuto dei figli – venditori ambulanti: solo così si poteva pensare di sbarcare il lunario.
Fortuna che Madre Natura viene in aiuto di Giannis e del fratello maggiore Thanasis: con una stazza del genere, lo sport – nella fattispecie il basket – avrebbe potuto rappresentare un’ancora di salvezza. Acquisita la cittadinanza greca, i due vengono notati dai dirigenti del Filathlitikos (A2 ellenica), dove impiegano una sola stagione per mettere in mostra tutto il loro valore. Gli Stati Uniti, a quel punto, diventano la meta successiva (con buona pace di Nikos Michaloliakos, il leader – attualmente in carcere – del partito neonazista Alba Dorata, che avrebbe paragonato Giannis a uno scimpanzé…): Thanasis va a fare esperienza nel campionato di sviluppo della Nba, Giannis finisce dritto dritto a Milwaukee, con la possibilità di giocare al fianco e contro i “mammasantissima” di questo sport. Un minimo di ambientamento – il tempo di guadagnarsi la fiducia di coach Larry Drew – e poi il boom sul parquet e la striscia di 12 match di fila nel quintetto base.
A Natale, il suo compagno di squadra Larry Sanders gli ha regalato un paio di scarpe di Gucci. Giannis, spontaneamente, avrebbe commentato: «Non dovevi farmi un regalo così costoso». La semplicità di uno che viene dal basso.
di Paolo Candeloro
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