Timido spiraglio per una soluzione negoziale alla crisi in Ucraina. Governo ed opposizioni hanno trovato, infatti, i primi accordi. La Comunità internazionale, intanto, segue da vicino la situazione. Il servizio è di Giuseppe D’Amato: ascolta
Radio Vaticana - Liberazione dei prigionieri in cambio della fine delle violenze. Prossima possibile abolizione delle leggi anti-manifestazione, approvate in modo dubbio il 16 gennaio scorso. Sessione straordinaria del Parlamento martedì 28 gennaio. Ecco i principali punti concordati finora dal presidente Janukovich con i tre leader delle opposizioni. Oggi è a Kiev il commissario Ue Fuele, poi arriverà la prossima settimana la Ashton. In conversazioni telefoniche con Janukovich, il vice-presidente Usa Biden ha ribadito che la soluzione pacifica della crisi è nelle mani del governo ucraino, mentre la cancelliera tedesca Merkel gli ha chiesto un percorso di stabilizzazione della situazione. Se a Kiev le violenze si sono fermate, la protesta si è allargata ad altre città, dove manifestanti hanno assaltato i palazzi del potere. A Leopoli il governatore regionale si è dovuto dimettere dopo che una folla inferocita ha sfondato la porta del suo ufficio.
La situazione che si è venuta a creare evidenzia ancora di più che l’Ucraina resta un Paese dalle due anime. Non si tratta solo del patto di adesione all’Unione Europea o di interessi economici, che vengono mossi dalle grandi potenze, ma ci sono anche delle enormi differenze all’interno del Paese. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Fulvio Scaglione, vice-direttore di Famiglia Cristiana, esperto di Est europeo: ascolta
R. – Assolutamente, basta seguire il corso del fiume Dnepr e si trovano due Paesi diversi. Se ne trova uno ad Est molto più russofilo, anche russofono ed economicamente più legato alla struttura che fu dell’Urss, che con una parziale riforma è poi diventata quella russa. Mentre ad Ovest del Dnepr c’è un’Ucraina, che ha tutt’altra economia più orientata sui servizi, più moderna possiamo dire, e certamente più incline a guardare ad Occidente. Va detto che c’è un’ulteriore sottolineatura, che andrebbe tenuta in conto, prima di emettere giudizi, ed è che all’interno del fronte di opposizione e di protesta ci sia un fronte filoeuropeo ed un fronte soprattutto antirusso. Questa è una differenza un po’ sottile, ma non ininfluente.
D. – C’è il rischio che dalle proteste si passi a qualcosa di più pericoloso e in che modo sarebbe possibile in questo momento procedere verso un vero atto di riconciliazione?
R. – Il timore che possa succedere anche di peggio di quello che è successo finora ce l’ho, perché registro con grossa preoccupazione, e anche con un certo scandalo, che tutti giocano sulla pelle degli ucraini: gli americani, i russi, in parte anche i funzionari e i dirigenti dell’Unione Europea, che stanno tutti buttando benzina su un fuoco, che decisamente può divampare. Credo che le cancellerie, soprattutto quelle delle potenze, dovrebbero fare l’operazione opposta: dovrebbero calmare la situazione e semmai poi discutere di politica. La questione dell’Ucraina, infatti, non si risolve in un patteggiamento a due, tra Ucraina e Unione Europea, ma si risolve in un patteggiamento almeno a tre, cioè fra Russia, Unione Europea ed Ucraina. L’Ucraina, infatti, sconta anche l’irrisolto e spesso critico rapporto che c’è proprio tra la Russia e l’Unione Europea.
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La situazione che si è venuta a creare evidenzia ancora di più che l’Ucraina resta un Paese dalle due anime. Non si tratta solo del patto di adesione all’Unione Europea o di interessi economici, che vengono mossi dalle grandi potenze, ma ci sono anche delle enormi differenze all’interno del Paese. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Fulvio Scaglione, vice-direttore di Famiglia Cristiana, esperto di Est europeo: ascolta
R. – Assolutamente, basta seguire il corso del fiume Dnepr e si trovano due Paesi diversi. Se ne trova uno ad Est molto più russofilo, anche russofono ed economicamente più legato alla struttura che fu dell’Urss, che con una parziale riforma è poi diventata quella russa. Mentre ad Ovest del Dnepr c’è un’Ucraina, che ha tutt’altra economia più orientata sui servizi, più moderna possiamo dire, e certamente più incline a guardare ad Occidente. Va detto che c’è un’ulteriore sottolineatura, che andrebbe tenuta in conto, prima di emettere giudizi, ed è che all’interno del fronte di opposizione e di protesta ci sia un fronte filoeuropeo ed un fronte soprattutto antirusso. Questa è una differenza un po’ sottile, ma non ininfluente.
D. – C’è il rischio che dalle proteste si passi a qualcosa di più pericoloso e in che modo sarebbe possibile in questo momento procedere verso un vero atto di riconciliazione?
R. – Il timore che possa succedere anche di peggio di quello che è successo finora ce l’ho, perché registro con grossa preoccupazione, e anche con un certo scandalo, che tutti giocano sulla pelle degli ucraini: gli americani, i russi, in parte anche i funzionari e i dirigenti dell’Unione Europea, che stanno tutti buttando benzina su un fuoco, che decisamente può divampare. Credo che le cancellerie, soprattutto quelle delle potenze, dovrebbero fare l’operazione opposta: dovrebbero calmare la situazione e semmai poi discutere di politica. La questione dell’Ucraina, infatti, non si risolve in un patteggiamento a due, tra Ucraina e Unione Europea, ma si risolve in un patteggiamento almeno a tre, cioè fra Russia, Unione Europea ed Ucraina. L’Ucraina, infatti, sconta anche l’irrisolto e spesso critico rapporto che c’è proprio tra la Russia e l’Unione Europea.
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