lunedì, gennaio 13, 2014
“A oggi le necessità sono ancora molte, una su tutte il diritto a una casa dignitosa, a vivere fra quattro mura con un tetto sulla testa…”  

Misna - Contattato dalla MISNA a Port-au-Prince, Jean Baptiste Azolin, coordinatore del Gruppo di sostegno ai rimpatriati e rifugiati (Garr), riassume la priorità per oltre 45.000 famiglie di sfollati ancora costretti a vivere in circa 300 accampamenti come conseguenza del terremoto del gennaio 2010. A quattro anni dal sisma che ha devastato Haiti, provocando almeno 200.000 morti, quasi due milioni e mezzo di senza tetto e danni miliardari per il paese più povero dell’America Latina, “molte domande restano ancora senza risposta” dice il coordinatore del Garr, piattaforma che riunisce diverse organizzazioni non governative dedite al tema della migrazione, ma che dopo il terremoto ha intrapreso anche un lavoro di assistenza al fianco degli sfollati.

Principalmente nell’area metropolitana di Port-au-Prince, la più colpita, “gli sfollati continuano ad essere vittime di sgomberi forzati, espulsioni e violenze a fronte della mancanza di un piano nazionale per garantire loro un alloggio degno, per ricostruire il loro futuro” sottolinea il nostro interlocutore. Il Garr denuncia da tempo persistenti e impunite violenze contro i superstiti del terremoto, che già vivono “lasciati a loro stessi nei campi di accoglienza in condizioni esecrabili” ma che inoltre subiscono “espulsioni atti di malversazione e abusi” che hanno per obiettivi donne, bambini, anziani.

L’ultimo episodio documentato dall’organizzazione di Azolin risale ai primi di dicembre, quando “oltre un centinaio di tende e casette sono state distrutte a Titanyen, a nord della capitale, nell’area denominate ‘Vilaj Mozayik’, dove sfollati del campo Mozayik di Delmas 30 si erano rifugiati dal maggio 2012”. A condurla, “uomini armati accompagnati da agenti dell’Udmo (la polizia nazionale) e del commissariato di Croix-des-Bouquets sono arrivati e hanno distrutto tutto quello che hanno trovato al loro passaggio. Cinque persone, fra cui una donna incinta, sono state ferite da colpi di fucile che li hanno raggiunti alla testa e al viso. Alcuni bambini hanno inalato il gas lacrimogeno lanciato dagli aggressori”.

Aggressioni che avvengono i siti dove la vita è già più che difficile, “senza alcun accesso ai servizi essenziali come l’acqua potabile, i servizi sanitari o il trattamento dei rifiuti”; qui le disastrose condizioni igieniche espongono i senza tetto al colera – l’epidemia scoppiata nell’ottobre 2010, la cui origine è stata attribuita a ‘caschi blu’ asiatici della missione Onu (Minustah) – lasciandoli esposti a frequenti e devastanti fenomeni meteorologici, specialmente nella stagione degli uragani.

Secondo l’Organizzazione internazionale delle migrazioni oltre 113.000 sfollati sono stati ricollocati in alloggi temporanei, altri 55.000 attraverso programmi che prevedono sovvenzioni per gli alloggi (500 dollari per affittare per un anno una casa a loro scelta, più altri 125 per avviare un’attività che possa garantire la sussistenza. “Sebbene questa strategia abbia permesso una riduzione significativa del numero dei campi per sfollati, non ha consentito di apportare le soluzioni necessarie alla crisi degli alloggi, che il terremoto ha solo aggravato. E’ come nascondere la polvere sotto il tappeto” ha commentato Javier Zúñiga di Amnesty International.

Per la comunità cattolica haitiana, e non solo, un segno di speranza è giunto ieri, in concomitanza con il quarto anniversario del sisma, con l’annuncio dei 19 nuovi cardinali che Papa Francesco creerà formalmente nel Concistoro del 22 febbraio, con una forte rappresentanza del Sud del Mondo. Fra loro il Pontefice ha scelto anche monsignor Chibly Langlois, vescovo di Les Cayes e presidente della Conferenza dei vescovi di Haiti (Ceh), il più giovane, con i suoi 55 anni, fra i nuovi porporati.


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