mercoledì, gennaio 29, 2014
 (prima parte)

di Silvio Foini 

Una voce di donna rispose. Riuscii solamente a dire: “Signora le passo Suo Figlio...” poi le mie gambe si piegarono dall’emozione.
“Grazie Pietro. – Sapeva il mio nome! – Quando verrai a trovarci?”
“P... presto spero. Buona sera.” Passai il ricevitore a Chris che riagganciò subito.
“Non parli con tua Mamma?” Chiesi allibito.
“Pietro! Non ho bisogno del telefono per farlo!”
Ero scosso tremendamente: le poche parole che avevo scambiato con Maria mi tambureggiavano nel cervello
.
Finalmente mi coricai accanto a Chris cui mia mamma aveva preparato nella mia stanzetta, un letto accanto al mio.
Ero davvero felice e ilare come non mai.
“Chris – Dissi a bassa voce. – Non me ne vorrai se per stasera non dico le solite preghiere?”
“Ma dormi Pietro e non dire fesserie! Buona notte.”
“Buona notte Chris. Ah, grazie di tutto eh? Camminare sull’acqua!!! Se tu non fossi qui a dormire accanto a me crederei di aver sognato. Ciao."


Il giorno dopo, trascorsa una buona notte in cui avevo dormito profondamente come da tempo non mi accadeva, mi risvegliai col sole che filtrava attraverso le imposte. Mi sentivo stranamente felice e in pace come non mai. Gli avvenimenti del giorno e della sera prima mi tornarono alla mente con la forza di un maglio che si abbatte sul metallo e schizzai a sedere sul letto. Voltai lo sguardo verso il letto accanto al mio in cui aveva dormito Chris e lo vidi vuoto e già rifatto. Gettai i piedi fuori dalle coperte e scalzo mi precipitai in cucina. Mia madre stava preparando le colazioni e notai che sul tavolo v’era una tazza in più.
“Dov’è Chris mamma?” Chiesi senza nemmeno salutarla.
Per tutta risposta lei mi guardò i piedi nudi sul pavimento ed esclamò: “Cosa fai in giro scalzo? Mettiti subito le scarpe. Vuoi morire poi di tosse? Il tuo amico è in cortile con papà. Stanno vedendo di aggiustare il furgone dato che non va in moto. Sarà stato il gelo di stanotte... Come stai Pietro?”
“Benissimo mamma. Ho dormito come un ghiro tutta la notte e non mi fa più male nemmeno la gola. Sono guarito.”
Lei mi corse accanto e mi strinse a se in un grande atto d’amore e di gioia: “Il Signore ha accolto le mie preghiere figliolo mio. Sia lodato Gesù!”
“Si mamma grazie: ora verrò sempre al mercato anch’io. Non ne potevo più di non esservi utile.”
In quel momento rientrarono parlando giovialmente fra loro Chris e mio padre. “Forza, facciamo colazione tutti insieme che dopo partiamo e accompagniamo a casa Chris. A proposito Pietro – Aggiunse mio padre posando una mano sulla spalla di Chris – Lo sapete che lui è un grande meccanico? No? Ebbene ha fatto sparire anche il rumore che faceva la ruota di destra e ora il nostro furgone va via come l’olio!”

Chris mi regalò un sorriso d’intesa che ricambiai.
“Grazie – Dissi prendendo il mio posto attorno al tavolo. – Io lo so che Lui è un ragazzo speciale...”
Poco dopo passammo al deposito delle biciclette e caricammo sul furgone, assieme alle nostre merci una bicicletta rossa: Chris disse che era la sua e ci dirigemmo verso il ponte di ferro di Sesto Calende che portava sulla sponda piemontese. Il furgone filava tranquillo sobbalzando a volte sul fondo semidissestato della strada che ora era stata dismessa dalla manutenzione per mancanza di fondi e presentava buche nell’asfalto che stavano diventando pericolose.
“Se qualcuno non ci mette una pezza – Considerò mio padre sbuffando l’aria dalle narici – Sarà un bel problema per molti. Come si fa ad andare in giro così? Sembrano strade del primo dopoguerra, accidenti a loro!”
“Signor Mario il vostro furgone è solido e funzionante, non abbia paura. Non vi accadrà mai nulla. – Lo rassicurò Chris con voce di uno che sappia il fatto suo. – Vada tranquillo.” Quella risposta rasserenò mio padre. “Se lo dici tu! Ho visto che di meccanica te ne intendi. Ma non facevi il falegname con tuo papà?”
Chris rise: “E’ così infatti. La meccanica mi interessa come hobby.”
Tra me pensai che certamente Lui se ne intendesse davvero: faceva girare tutto l’universo!
Mi sorrise. Aveva sentito il mio pensiero.


La vita continuò, giorno dopo giorno, per altri sei anni. Il mondo comunque anziché risalire la china scendeva sempre più giù. Erano scoppiate delle guerre fra due nazioni europee tese a rivendicare il predominio economico sul vecchio continente e anche da noi, non erano mancati momenti nei quali si era temuto per la sicurezza nazionale fortunatamente sventati dalla pura consapevolezza dei nuovi barbari che si erano arrestati ai confini davanti ad un massiccio schieramento di batterie di missili che avevano fama di polverizzare all’istante il bersaglio umano lasciando intatto sul terreno ogni forma di oggetto o di armamento. Era bastato lanciarne uno per creare il terrore e dissuaderli dal proseguire di un altro metro. Erano stati messi a punto l’anno prima da un nostro istituto di studi militari per far fronte a questo pericolo. Bande di soldataglia percorrevano le strade della vecchia Europa saccheggiando e uccidendo. Il Medioevo era tornato e con esso la barbarie.
Ogni tanto incontravo il caro amico e insieme consideravamo quanto avveniva. Egli era davvero addolorato. “Quanta inutile sofferenza c’è nel mondo. – Constatava amaramente scuotendo il capo ricciuto.- Come non dare corso al mio progetto di voler spazzare via tutto questo putridume? La vita umana è sacra ma agli uomini non sembra importare niente. Non lo vedi anche tu Pietro?”
Annuivo sconsolato. Nulla avrebbe a questo punto fermata la vindice mano del Figlio dell’uomo.
“Quando?” Gli chiesi un giorno mentre stavamo passeggiando sulla riva del nostro lago.
“Molto presto ormai. Il tempo è prossimo. Non più di dieci giorni, ma dimmi ne hai timore tu?”
“Lo sai che non ne ho Chris. Io sono sempre stato al tuo fianco anche prima di incontrati. Ti chiamavo nelle mie preghiere e ora che mi sei anche fisicamente accanto che debbo temere? La morte forse? Tu sei la Vita!”
Sorrise circondandomi le spalle con un braccio. “Si Pietro e a te ed alla tua progenie la donerò eterna. Sarai il padrone della nuova terra e guiderai le nuove genti. Ora non posso spiegarti di più poiché comunque non comprenderesti ma, ti assicuro che in un futuro lontanissimo da oggi tutto questo si avvererà.”
Qualche tempo dopo riuscii ad incontrare la ragazza che avevo conosciuto tempo prima ed entrambi ci accorgemmo d’esser fatti l’uno per l’altra. La presentai a Chris.
“Ora voi due avete davanti un grande compito – Spiegò dopo essersi manifestato anche a Paola – Andare a cercare coloro che, come voi due, daranno origine alla novella gente. Una coppia per ogni nazione.”
Come faremo mio Signore – Chiesi stupefatto – Con che mezzo?”
Vi basterà pensare di esserci e ci sarete. Ora andate: il tempo è vicino!”
D'accordo con il mio Signore, la nostra peregrinazione cominciò dalla Gallia, la Francia del XX sec. che era tornata all'antico nome con il trattato del 2029. Chris ci aveva dato un piccolo aiuto.
“Per la vostra terra italica, siete voi i prescelti, quindi non state a faticare invano. Andate e Nord.”
Ci trovammo lungo un fiume che sicuramente doveva essere la Senna e camminavamo mano nella mano, sotto un cielo grigio che minacciava pioggia da un momento all'altro. Non dovevamo essere nei pressi di qualche città importante e lo deducemmo dal fatto che l'acqua del fiume scorreva limpida e le sponde erano ben pulite. Nei prati attorno non si notava alcuna attività di contadini ma solo qualche branco di cavalli selvaggi che galoppava nella pianura nitrendo ogni tanto in lontananza, forse sentendo nelle froge dilatate l'odore dell'imminente pioggia. “Chissà se saremo fortunati a trovare presto chi cerchiamo.” Considerò Paola accendendo due sigarette, una per sé ed una per me. "Grazie - le dissi accettandola di buon grado - Noi andiamo avanti e vedremo. In questa zona deserta o quasi, ho forti dubbi d'incontrare anche solo un anima viva, figurati due." Non avevo ancora finito di parlare che grosse gocce di pioggia iniziarono a cadere sollevando quasi subito una cortina di umidità fumosa e calda Scorgemmo in quella nebbiolina un cascinale che pareva disabitato.
"Raggiungiamolo, ci asciugheremo gli abiti." Propose Paola iniziando a correre e gettando la sigaretta che si era bagnata. Ansimando, ci fermammo sotto la tettoia di un vecchio fienile. La cascina era abitata. Una giovane donna venne verso di noi uscendo dalla porta dell'abitazione rurale portando un grande ombrello nero.
"Venez ici mes amis, entré dans ma pauvre maison, s'il vous plait!" Comprendemmo bene che ci stava invitando ad entrare per sottrarci alla pioggia che ora stava trasformandosi in un violento temporale estivo con fulmini e tuoni. In tre sotto l'ombrello, guadagnammo l'entrata che portava all'abitazione della contadina e prendemmo posto su delle panche di legno scuro. Si chiamava Martine, Martine Fleurì ed aveva 26 anni. Viveva, con il suo compagno Jerome in quella fattoria da due anni e ne era felice. Orfana dei genitori dall'età di cinque anni, era stata adottata da una sorella di sua madre, che aveva già un bimbo di sette anni, Jerome, appunto.
Così era andata a vivere in campagna ed era cresciuta col cuginetto. Purtroppo gli zii erano morti in un incidente col trattore ed i due giovani, ormai cresciuti, 23 anni lui e 21 lei, non se l'erano sentita di abbandonare quel luogo e considerato che si erano pure innamorati, ottenuta la dispensa del vescovo di Nantes, si erano sposati. "Bambini niente? S'informò Paola in perfetto idioma francese.
"Per ora no, dobbiamo pensare a tirar su la fattoria. Abbiamo da poco finito di pagare certi debiti..." "Pensavo che non voleste figli data la cuginanza..."
"Quella non c'entra. - precisò Martine - E' stato statisticamente dimostrato che i figli di due cugini, soprattutto se non portano lo stesso cognome, hanno le stesse possibilità di essere sani e normali dei figli di non consanguinei. Io stessa sono figlia di cugini..."
"Dov'è Jerome adesso?" Domandai curioso di conoscerlo.
"E" andato in città per delle sementi, ma starà per tornare. Rimanete a pranzo e lo conoscerete."
"Non vorremmo approfittare. - Si schemi Paola dandomi un occhiata - Sei già stata tanto gentile ad averci ospitato e tolti dalla pioggia..."
"Jerome non me lo perdonerebbe mai! Permettetemi di insistere. Passa così poca gente da qui, sapete. Fa piacere anche a noi scambiare qualche parola con voi!"
Accettammo. Mentre Manine si dava da fare davanti ai fornelli interrogai Paola servendomi del dono fattoci da Chris. La mia domanda ebbe un'immediata risposta e la sentii risuonare cristallina nel mio cervello. "Credo che siano loro due la nostra prima coppia. Anche se non conosciamo ancora il suo compagno scommetterei dieci a uno che dev'essere un pezzo di pane." "Vero - Risposi fingendo di scrutare l'orizzonte fuori dalla finestra mentre mi accendevo una sigaretta. - Devono essere molto rari due giovani che al giorno d'oggi accettano una vita così sacrificante. Secondo me hanno dentro di se tanto amore da poter sopperire ad altre necessità."
"Sì, Pietro, lo credo anch'io."
Traballando lungo la strada in mezzo ai campi apparve un vecchio autocarro di marca non ben definita. Doveva avere tutti i suoi 30 anni buoni. Il conducente lo parcheggiò sotto la tettoia che era stata il nostro primo riparo dalla pioggia e scese con un salto dall'alto predellino.

Fisico da lottatore, un metro e novanta per almeno centodieci chili. Viso regolare, occhi verdi speziati, barbetta e baffetti alla D'Artagnan ed un'espressione di gioia sprizzante e contagiosa. Quando entrò nella casa, la sua presenza la riempì totalmente vivificandola come se fosse entrato il sole. Martino fece le presentazioni ed anche Jerome volle che restassimo a pranzo.
Assolutamente. Notammo come si guardavano negli occhi quei due nostri coetanei: un fiume d'amore fluiva dall'uno all'altra. Ecco cos'era quell'atmosfera magica regina di quella povera ma ricchissima casa!
Paola mi disse in italiano: "Ho vinto la scommessa Pietro. Sono loro."
Annuii sorridendo . " Vous venez de l'Italie?" Domandò Jerome con un largo sorriso di soddisfazione.
"Oui. Sì, indovinato."
"Oui, oui, indovinato." Ripeté con allegria dandomi una pacca sulla spalla.
Mi ritrovavo parlare in perfetto francese, io che non avevo mai detto una parola in quella lingua, a scuola avevo studiato l'inglese ed avevo notato, qualche mese prima, che non me lo rammentavo assolutamente. Sicuramente Chris non ci aveva affidato quella ricerca per la quale eravamo partiti senza dotarci dei mezzi più ideali! Ci trattenemmo qualche giorno con i due nuovi amici approfondendone la conoscenza. Quando fummo ben sicuri di non sbagliare, li mettemmo al corrente del vero motivo per cui eravamo lì. Ovviamente faticammo non poco a vincere la loro diffidenza. Io lo sarei stato altrettanto: non è facilmente accettabile che due sconosciuti si presentino a casa tua, facciano amicizia e poi ti raccontino che in un piccolo paese in riva ad un lago nel nord Italia viva Gesù Cristo che è tornato perché presto ci sarà la fine del mondo e che stanno cercando, per suo espresso volere, altre sei coppie per poi ripopolare il pianeta... Pesantina da digerire! A convincerli che tutto ciò che noi avevamo raccontato corrispondeva alla verità pensò Paola. Si alzò da dove stava seduta attorno al tavolo da pranzo, si avvicinò a Jerome e propose: "Se ora io ti impongo le mani sul capo e subito dopo tu s arai in grado di parlare con me in italiano, lingua che non conosci, avrai più fiducia nelle nostre parole?" "Mais bien!" Esclamò il giovane. Paola stese le mani sul suo capo, rivolse il pensiero al nostro Chris domandandogli quel segno poi, chiuse gli occhi e riabbassò le braccia. "Mon Dieu! Mio Dio - Gridò quasi Jerome incredulo - Ma io posso esprimermi in italiano! E' come se fosse la mia lingua da quando sono nato. Paola, io ti, anzi, vi credo. Puoi fare lo stesso con Martine?"
"E che ci vuole?" Feci io alzandomi e ponendo le mani sul capo della ragazza.


Continua....


È presente 1 commento

Anonimo ha detto...

fosse vero! Questo mondo andrebbe davvero rifatto da capo. Speriamo...
Ada

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