martedì, dicembre 10, 2013
Per il ciclo “E molte altre…” prosegue la conversazione con Flavia Marcacci, della Casa della Tenerezza di Perugia, con una riflessione sulla famiglia e sul ruolo della donna nella comunità ecclesiale e nella società

di Monica Cardarelli

D - Quali sono, per la tua esperienza e sensibilità, gli ambiti da curare maggiormente nella comunità ecclesiale e nella società affinché la donna possa esprimersi al meglio?
R - Il Papa ha scritto nell'esortazione apostolica appena edita che occorre dare più spazio alle donne nei luoghi della Chiesa dove si decide. Penso che abbia ragione. Quando si vuol fare polemica a proposito della questione femminile si pensa subito alla questione del sacerdozio
. Ma non credo che sia necessario partire da lì! Nella struttura della Chiesa Cattolica ci sono uffici, consigli, delegazioni e molto altro in cui la donna potrebbe avere più spazio, sia per essere consultata che per conferirle veri e propri incarichi direttivi. Ad esempio, nella stesura dei documenti ufficiali magisteriali vengono interpellati spesso gli intellettuali e i teologi: quanto è importante avere donne formate a questo tipo di lavoro. Ma è solo un esempio tra i tanti che si potrebbero fare. Dagli ambiti amministrativi e gestionali, a quelli formativi e accademici ci sarebbe spazio reale: già molto negli ultimi decenni si è mosso, e la donna sta uscendo dagli ambienti strettamente caritativi, dove la storia delle donne cristiane è davvero gloriosa (basta pensare a sr. Francesca Carbini, che ha attraversato più volte l'Atlantico per assistere gli emigranti in America, o solo per rimanere nell’epoca contemporanea Madre Teresa di Calcutta) e per questo il ruolo della donna è sempre stato associato a questi luoghi.
Ma oggi le donne sono pronte e formate a tanti tipi di attività nelle quali si continuano a trovare invece molto spesso soltanto uomini. Nella società come nella Chiesa. Questo ovviamente ad una condizione: che le donne siano interpellate non in quanto “donne”, ma in quanto “capaci”. E ovviamente aiutate nel serio problema di conciliare lavoro domestico e lavoro fuori casa. Ma per far questo occorre arrivare a pensare ad una società a “dimensione famiglia” (non a “dimensione donna”).

D - Quali le maggiori necessità e attenzioni da dedicare alla famiglia, oggi nella Chiesa e nella società? Quali urgenze senti che dovrebbero essere affrontate?
R - Del problema di conciliare famiglia e lavoro ne ho già parlato. Ma c'è da ripensare i ritmi interi della società, pensare che servizi pubblici, scuola, attività ricreative e quanto altro devono essere organizzati sullo stile di vita reale delle famiglie. Oggi una coppia di genitori si trova a gestire il pomeriggio dei figli e tutte le attività ludiche, i genitori anziani che soffrono di solitudine, spese altissime per la casa e per il suo mantenimento, e così via. Non si può “succhiare” ad una famiglia una quantità infinita di energia: è chiaro che poi le famiglie si spezzano, pressate da troppe cose!
E qui veniamo all'altra grande questione: la crisi dei matrimoni. Occorrono spazi, sia sociali che ecclesiali, dove una coppia possa recarsi per provare a ricomporre una crisi. Ma occorre soprattutto una cultura della “riconciliazione di coppia”, in modo che diventi naturale lasciarsi aiutare da esperti in un momento di difficoltà: attualmente accade che spesso una coppia in crisi nemmeno contempla lontanamente questa possibilità, non la reputa reale ed efficace. Una cultura della “riconciliazione di coppia” richiede anche una “cultura di coppia”. Forse oggi è uno dei momenti più propizi per affermare la bellezza della coppia. Molte cose sono più chiare: proprio perché la coppia non è aiutata a restare tale, proprio perché la cultura dominante è debole circa quanto serve per stare insieme bene come uomo e donna, proprio per questo possono essere fatti conoscere tutti quei “segreti” che aiutano il vissuto coniugale fino a farlo fiorire pienamente, in tutta la sua bellezza. Anche nella Chiesa è importante che si faccia sempre più comunione, tra laici e religiosi, tra uomini e donne: ogni differenza deve essere occasione di comunione. E dove c'è comunione c'è il Signore.
Alla Casa della Tenerezza cerchiamo con l'aiuto di Dio e nonostante le nostre debolezze di andare un po' in tutte queste direzioni.

D - «La buona notizia della famiglia è una parte molto importante dell'evangelizzazione, che i cristiani possono comunicare a tutti, con la testimonianza della vita; e già lo fanno, questo è evidente nelle società secolarizzate: le famiglie veramente cristiane si riconoscono dalla fedeltà, dalla pazienza, dall'apertura alla vita, dal rispetto degli anziani. Il segreto di tutto questo è la presenza di Gesù nella famiglia. Proponiamo dunque a tutti, con rispetto e coraggio, la bellezza del matrimonio e della famiglia illuminati dal Vangelo». Con queste parole papa Francesco si è rivolto ai partecipanti all’udienza del Pontificio Consiglio per la Famiglia, in occasione della plenaria del dicastero del 25 ottobre scorso. Famiglia e evangelizzazione dunque, partendo dall’esempio della famiglia di Nazareth. Un esempio impegnativo, una sfida per le famiglie di oggi?
R - Certamente, ma direi soprattutto una speranza grande e un'occasione reale per annunciare la grandezza di ciò che la famiglia cristiana, e la coppia di sposi cristiani in particolare, è chiamata a essere: segno e mistero di comunione, a immagine della Trinità che è mistero di un amore che è sempre in relazione di comunione. Chiunque desidera questa comunione, poiché è nel cuore dell'essere umano quasi come un segno che il Creatore ci ha impresso nel cuore, una sua firma per far sì che possiamo prima o poi riconoscerci suoi figli. Vivere la pienezza del matrimonio cristiano è lasciare che la grazia di Dio realizzi questo mistero: non perché siamo particolarmente bravi o capaci, non perché sappiamo cosa racconta il Vangelo meglio di altri, ma perché abbiamo avuto la grazia di incontrare il Signore e Lui ci ha salvato. Pieni della gioia che deriva da questa salvezza, i coniugi cristiani possono davvero vivere la famiglia come un pezzo di paradiso in terra.
Ha ragione il papa: il segreto è tutto nella presenza di Gesù che insegna l'unico modo di amare che realizza l'uomo e la donna. Questo va portato dentro le nostre società secolarizzate. Sempre pensando che il bene si trova anche in chi non è cristiano e che noi non siamo migliori di altri, ma soltanto più pieni di gioia e della possibilità di una vita piena poiché abbiamo Gesù. È Gesù il dono che va condiviso sempre, anche con quei “pezzi di mondo” che forse non capiamo e verso i quali la comprensione e la missione è d'obbligo.


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