“Quasi ogni giorno la televisione e i giornali” danno notizia di profughi “che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli gravi, alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie”.
RadioVaticana - Così, ieri all’Angelus, nella Festa della Santa Famiglia, il pensiero di Papa Francesco è andato agli “esiliati” dei giorni nostri, costretti “a farsi” profughi in cerca di un futuro migliore. Eppure, ha assicurato il Santo Padre – che ha anche recitato una preghiera composta personalmente per le famiglie del mondo – Dio “è là dove l’uomo è in pericolo, là dove l’uomo soffre, là dove scappa, dove sperimenta il rifiuto e l’abbandono". Ma, ha aggiunto, "Dio è anche là dove l’uomo sogna, spera di tornare in patria nella libertà”. A sostenere famiglie di profughi, rifugiati, sfollati in tutto il mondo è, da sempre, la Caritas. Sulle parole del Papa, il commento di Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale di Caritas italiana, intervistato da Giada Aquilino: ascolta
R. – In generale, abbiamo un’attenzione particolare alla famiglia, tanto che abbiamo un programma specifico, “Carità e famiglie”: famiglie viste sia come donatrici, come fonte di carità al loro interno e al loro esterno, sia come nuclei in stato di bisogno da accompagnare, da seguire, da assistere. Tra le situazioni peggiori del mondo, certamente non posso non segnalare quella della Siria: è una guerra letale, estremamente grave che in pochi anni ha avuto un’escalation bellica terribile, coinvolgendo proprio le famiglie, disgregandole, frantumandole, costringendole a scappare dalle proprie case. Con il Pontificio Consiglio della Famiglia, abbiamo messo a punto un’iniziativa molto forte al riguardo “Le famiglie del mondo per le famiglie della Siria”, un’iniziativa che vorremmo rilanciare anche in questa circostanza.
D. – Oltre alla Siria, c’è anche l’Africa, terra d’origine di molti migranti spesso rimasti coinvolti nelle tragedie del Mediterraneo, ci sono le Filippine colpite dal tifone Haiyan…
R. – Purtroppo, la situazione della famiglia in molti Paesi del mondo è grave. In questo momento, per esempio, stiamo seguendo con grande preoccupazione il Sud Sudan, dove sono in corso ancora scontri molto forti a Juba e nei dintorni: molte famiglie sono costrette a spostarsi, a scappare dalle loro case. Nelle Filippine, il super-tifone Haiyan – che i media hanno trattato forse con un po’ di superficialità, perché dopo i primi giorni non se n’è più parlato – ha lasciato senza casa milioni di persone, ha colpito duramente tutto il gruppo centrale delle isole Visayas, Mindanao. “Le famiglie del mondo per le famiglie della Siria, dell’Africa, delle Filippine” può essere uno slogan efficace, al di là dei progetti della Caritas, un po’ per tutti: tenendo insieme la famiglia, si tiene insieme la cellula vitale della società, quella che è anche la fonte della prima carità intrafamiliare e che appunto, quando non c’è, spesso diventa motivo di povertà per tutti i componenti delle famiglie. Una povertà non solo economica ma pure psicologica, educativa, relazionale, sociale. Ecco perché è molto importante puntare sulla famiglia, per puntare su uno sviluppo veramente integrale di tutti gli uomini.
D. – Le famiglie “costrette a farsi” profughe, come ha detto il Papa, non sempre incontrano accoglienza vera, rispetto, apprezzamento dei valori di cui invece sono portatrici. C’è un caso in tal senso che ricorda e che, magari con l’aiuto di Caritas, si è risolto?
R. – Siamo testimoni di molti casi che iniziano male, perché spesso vediamo queste persone con diffidenza, con preoccupazione e con sospetto, e poi magari si risolvono molto bene con felici casi di integrazione. Potrei testimoniare molti casi di famiglie, anche della Siria, che sono arrivate disperate e sono state viste un po’ con sospetto dalle nostre comunità: piano piano, sono riuscite a inserirsi bene, a costruire un futuro veramente integrato. Hanno veramente dato e ricevuto tanto, trovando anche dei lavori che non venivano affidati ad altri e quindi rivelandosi davvero utili alle nostre società. Spesso dobbiamo abbattere le frontiere morali, psicologiche, sociali e allargare i nostri orizzonti.
D. – Ha parlato del progetto per le famiglie della Siria: prevedete altri programmi al riguardo? E qual è l’auspicio della Caritas per il 2014?
R. – Per la Siria in particolare – che in questo momento penso sia la situazione peggiore al mondo, è stato definito il più grave conflitto in corso, peggiore anche rispetto ai crimini contro l’umanità compiuti nei Balcani – l’auspicio è che si tenga finalmente la Conferenza di pace "Ginevra 2", o comunque qualcosa di simile: che attraverso il dialogo si possa prima di tutto raggiungere un primo cessate-il-fuoco, per poi arrivare a una vera pace. Questo è l’auspicio per le famiglie della Siria e per le famiglie di tutto il Medio Oriente, perché il conflitto siriano alla fine coinvolge molte altre Nazioni. Speriamo che prevalga un senso di responsabilità forte di tutte le parti: questo è l’auspicio e anche la preghiera che, come famiglie del mondo, dobbiamo fare.
RadioVaticana - Così, ieri all’Angelus, nella Festa della Santa Famiglia, il pensiero di Papa Francesco è andato agli “esiliati” dei giorni nostri, costretti “a farsi” profughi in cerca di un futuro migliore. Eppure, ha assicurato il Santo Padre – che ha anche recitato una preghiera composta personalmente per le famiglie del mondo – Dio “è là dove l’uomo è in pericolo, là dove l’uomo soffre, là dove scappa, dove sperimenta il rifiuto e l’abbandono". Ma, ha aggiunto, "Dio è anche là dove l’uomo sogna, spera di tornare in patria nella libertà”. A sostenere famiglie di profughi, rifugiati, sfollati in tutto il mondo è, da sempre, la Caritas. Sulle parole del Papa, il commento di Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale di Caritas italiana, intervistato da Giada Aquilino: ascolta
R. – In generale, abbiamo un’attenzione particolare alla famiglia, tanto che abbiamo un programma specifico, “Carità e famiglie”: famiglie viste sia come donatrici, come fonte di carità al loro interno e al loro esterno, sia come nuclei in stato di bisogno da accompagnare, da seguire, da assistere. Tra le situazioni peggiori del mondo, certamente non posso non segnalare quella della Siria: è una guerra letale, estremamente grave che in pochi anni ha avuto un’escalation bellica terribile, coinvolgendo proprio le famiglie, disgregandole, frantumandole, costringendole a scappare dalle proprie case. Con il Pontificio Consiglio della Famiglia, abbiamo messo a punto un’iniziativa molto forte al riguardo “Le famiglie del mondo per le famiglie della Siria”, un’iniziativa che vorremmo rilanciare anche in questa circostanza.
D. – Oltre alla Siria, c’è anche l’Africa, terra d’origine di molti migranti spesso rimasti coinvolti nelle tragedie del Mediterraneo, ci sono le Filippine colpite dal tifone Haiyan…
R. – Purtroppo, la situazione della famiglia in molti Paesi del mondo è grave. In questo momento, per esempio, stiamo seguendo con grande preoccupazione il Sud Sudan, dove sono in corso ancora scontri molto forti a Juba e nei dintorni: molte famiglie sono costrette a spostarsi, a scappare dalle loro case. Nelle Filippine, il super-tifone Haiyan – che i media hanno trattato forse con un po’ di superficialità, perché dopo i primi giorni non se n’è più parlato – ha lasciato senza casa milioni di persone, ha colpito duramente tutto il gruppo centrale delle isole Visayas, Mindanao. “Le famiglie del mondo per le famiglie della Siria, dell’Africa, delle Filippine” può essere uno slogan efficace, al di là dei progetti della Caritas, un po’ per tutti: tenendo insieme la famiglia, si tiene insieme la cellula vitale della società, quella che è anche la fonte della prima carità intrafamiliare e che appunto, quando non c’è, spesso diventa motivo di povertà per tutti i componenti delle famiglie. Una povertà non solo economica ma pure psicologica, educativa, relazionale, sociale. Ecco perché è molto importante puntare sulla famiglia, per puntare su uno sviluppo veramente integrale di tutti gli uomini.
D. – Le famiglie “costrette a farsi” profughe, come ha detto il Papa, non sempre incontrano accoglienza vera, rispetto, apprezzamento dei valori di cui invece sono portatrici. C’è un caso in tal senso che ricorda e che, magari con l’aiuto di Caritas, si è risolto?
R. – Siamo testimoni di molti casi che iniziano male, perché spesso vediamo queste persone con diffidenza, con preoccupazione e con sospetto, e poi magari si risolvono molto bene con felici casi di integrazione. Potrei testimoniare molti casi di famiglie, anche della Siria, che sono arrivate disperate e sono state viste un po’ con sospetto dalle nostre comunità: piano piano, sono riuscite a inserirsi bene, a costruire un futuro veramente integrato. Hanno veramente dato e ricevuto tanto, trovando anche dei lavori che non venivano affidati ad altri e quindi rivelandosi davvero utili alle nostre società. Spesso dobbiamo abbattere le frontiere morali, psicologiche, sociali e allargare i nostri orizzonti.
D. – Ha parlato del progetto per le famiglie della Siria: prevedete altri programmi al riguardo? E qual è l’auspicio della Caritas per il 2014?
R. – Per la Siria in particolare – che in questo momento penso sia la situazione peggiore al mondo, è stato definito il più grave conflitto in corso, peggiore anche rispetto ai crimini contro l’umanità compiuti nei Balcani – l’auspicio è che si tenga finalmente la Conferenza di pace "Ginevra 2", o comunque qualcosa di simile: che attraverso il dialogo si possa prima di tutto raggiungere un primo cessate-il-fuoco, per poi arrivare a una vera pace. Questo è l’auspicio per le famiglie della Siria e per le famiglie di tutto il Medio Oriente, perché il conflitto siriano alla fine coinvolge molte altre Nazioni. Speriamo che prevalga un senso di responsabilità forte di tutte le parti: questo è l’auspicio e anche la preghiera che, come famiglie del mondo, dobbiamo fare.
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