giovedì, novembre 14, 2013
“Con Voi”, il nuovo album di Claudio Baglioni è ora in vendita dopo aver scalato la classifica di itunes negli ultimi mesi. Un progetto discografico innovativo che arriva dopo 45 anni di carriera sempre al top. Eppure, ogni tanto, lo sorprende la voglia di scappare… 

di Cristina Bianchino 

Qualche mese fa è nato l’ultimo progetto discografico di Claudio Baglioni, iniziato sul web e culminato con il nuovo cd, “Con Voi”, finalmente in tutti i negozi. Erano 10 anni che Baglioni non tornava al suo pubblico con un album di inediti. Un lungo silenzio che aveva fatto pensare ad un suo abbandono delle scene. Possibilità che lui stesso confessa di aver accarezzato, complice una notorietà ingombrante. “Un artista spesso ha bisogno di fuggire dal suo stesso pubblico – racconta - da quelli che lo amano, lo stra-amano, perché non è in grado di sostenere tutta questa pressione. Al di là di quello che si dice da un palco, a 20 metri di distanza, con le transenne ‘Vi amo tutti, Vi benedico’, bisogna poi vedere se tutto questo accadrebbe davvero quando arrivi sotto casa alle 4 di mattina e sei stanco morto e trovi tre persone che ti chiedono di fermarti a parlare, tu gli fai notare che sono le 4 del mattino e lui: ‘sono 20 anni che aspetto questo momento’. Qui devi essere in grado di voler bene alla gente – dice Claudio - Se riesci a fare una cosa di questo tipo, allora la ragione per andare avanti c’è!”.

E così Claudio è tornato al suo pubblico con nuova linfa. Sul web, le canzoni sono balzate immediatamente ai vertici della classifica dei brani più scaricati. E lui, sull’onda dell’entusiasmo, ha iniziato a preparare anche una tournée. Dopo lo stop forzato per un’improvvisa afonia, che lo ha costretto a rimandare i concerti, ha già annunciato la nuova partenza il prossimo marzo, con una data zero, il 27 febbraio 2014, dalla città di Rieti. E a tutte le date già confermate se ne sono aggiunte altre dieci che toccheranno tutto lo stivale come Eboli, Perugia, Varese, Genova e molte altre. “Ho scoperto che c’era ancora qualcosa da poter fare – dice - da poter dire, e allora insomma, finché c’è benzina si viaggia, finché c’è carburante si fa un po’ di strada”.

C’è ancora tanta strada da fare e lo spauracchio di un abbandono delle scene sembra ormai scongiurato. Claudio Baglioni ha sempre fatto dell’innovazione e del cambiamento il suo credo. Restare uguale a se stesso non gli è mai piaciuto. Piuttosto meglio togliere il disturbo. Per fortuna gli stimoli non sono mai mancati e dopo 45 anni di carriera ha sposato un nuovo modo di fare musica: un progetto artistico con brani pubblicati sul web, in digital download. “Con Voi”, è nato così. E sebbene sia ora disponibile nei negozi, la sua gestazione rappresenta comunque una sfida. “Quando uno propone una cosa nuova ti dicono ‘eh ma si è sempre fatto così!’. Ecco, quando ti dicono ‘Si è sempre fatto così’, un’attività, un paese, un mondo, una comunità è vicina al fallimento, perché vuol dire che non è in grado di rinnovarsi”. Le parole di Claudio sono chiare: il suo desiderio di cambiamento era tale da non poterne fare a meno. E, coraggiosamente, la sua casa discografica, lo ha accontentato, lanciandosi con lui in questa avventura. “Ad un certo punto avevo bisogno di una spallata forte. Mi dicevo ‘Vorrei essere libero’, ‘Vorrei conquistare la mia libertà’. E visto che ho un po’ di potere contrattuale, un po’ di notorietà, un po’ di sapienza in questo mestiere, ho cercato di guadagnarmi questa possibilità. È un’evasione: non è musica d’evasione, ma un’evasione dalla musica come si è sempre fatta”.

Il brano che da il titolo all’album “Con Voi” è una dichiarazione d’amore al suo pubblico; nel singolo “E chi ci ammazza”, invece, Claudio parla dell’amicizia nata da ragazzi. - E oggi che ruolo hanno le amicizie nella tua vita? “Sono un grande sostegno – confessa - fino all’idea che durante una notte, durante una crisi hai qualcuno con il quale sfogarti e con il quale condividerla. Sapere che quella persona esiste, già ti da una mano, è quel piccolo amico che c’è anche quando non lo sai”.

Claudio Baglioni, da solo, rappresenta un asse portante della musica italiana: alcune sue canzoni sono diventate un ponte generazionale che ha saputo unire spesso genitori e figli: “Amore bello”, “E tu”, “Sabato pomeriggio”,”Strada facendo”, “Mille giorni di te e di me”. E poi “Questo piccolo grande amore”, tra i brani maggiormente venduti nella storia della discografia italiana. “Quando l’ho scritta, ho finito quel disco e pensavo che avrei smesso perché nessuno mi dava retta, quindi sarebbe stato il mio ultimo disco. E invece è stato il 1° successo”. - Ad un certo punto, però, nei concerti dal vivo hai iniziato un po’ a stravolgerla… come mai? “Quando la canzone regina diventa troppo ingombrante ti ribelli, sei il primo a mangiartela, la fai male, non la riconosci. Però poi si fa pace anche con questo. Sono canzoni popolari, e la musica popolare è del popolo, è di tutti gli altri”.

“Quella sua maglietta fina tanto stretta al punto che mi immaginavo tutto”. Poche parole che entrano nell’immaginario collettivo, per Claudio Baglioni quasi un’abitudine. I suoi brani diventano manifesti di un sentire comune e rappresentano spesso il concentrato di un’emozione, altrimenti difficile da esprimere. Proprio come gli spiegò lo scrittore Giuseppe Berto, autore de “Il male oscuro”: quando lo conobbe, Claudio aveva solo 17 anni e cominciava ad incidere i suoi primi dischi. Ricorda ancora quell’incontro: “Mi disse ‘Lei fa un mestiere e ha una forma d’arte e d’espressione così breve, così snella, che farà molto più lei che non quelli che scrivono romanzi di 700 pagine o grandi opere. Perché la velocità e la capacità evocativa di una canzone è formidabile”.

Sempre amatissimo in tutta la sua fortunata carriera, ha dovuto a volte fare i conti anche con i suoi detrattori. Ma ha imparato a conviverci. “Ad un certo punto ho capito che non si può piacere a tutti – sorride - È statistico: se tu piaci a molti, troverai altri a cui non piaci per partito preso! È scritto! E così ho smesso di lottare, perché se no diventi matto e snaturalizzi completamente quello che fai. Io ad un certo punto qualche cosa l’ho fatta per piacere anche a quelli a cui non piaccio: forse lo faccio ancora adesso, però un po’ di ‘pace dei consensi’ me la sono dovuta dare e vivo meglio!”.

A lui che non ama ripetersi e insegue sempre un nuovo modo di fare musica, dopo l’esperienza sul web, verrebbe da chiedere cos’altro inventerà in futuro per rinnovarsi ancora: “Mi fa piacere non immaginare niente – dice - che io stesso sia sorpreso da quello che accadrà fra 20 minuti, fra 20 giorni, fra 20 mesi. Sinceramente non lo so ancora cosa accade, ma questo è il massimo della libertà: è l’idea dell’incertezza che è meravigliosa!”. L’auspicio è che non perda mai la voglia di stupire il suo pubblico come ha fatto finora. Capace di emozionare intere generazioni, parlando con la voce dell’anima.

Ma Claudio non è solo musica: il suo impegno sociale lo ha caratterizzato sempre più negli ultimi anni. Fino all’evento di O’Scià, la rassegna di arti e musica – da lui ideata e realizzata nell’Isola di Lampedusa – dedicata al tema dell’integrazione, contro le barriere razziali e culturali. Un festival cui hanno partecipato centinaia di artisti negli ultimi 10 anni. Ma di fronte alle ultime tragedie, Baglioni non nasconde la sua sfiducia. “Sono piuttosto sfiduciato, non ho dentro di me un’idea di speranza. La preoccupazione vera è che questo sia un altro degli aspetti della vita e del mondo con i quali dobbiamo far pace, ci dobbiamo mettere una pietra sopra e dire ‘vabbè, ci son le guerre, ci son sempre state, c’è la fame nel mondo, 900 milioni di persone che non mangiano e così sarà. Quello che possono fare gli artisti è ben poco, è mettersi al servizio anche di queste cause, considerate un po’ rognose, che non portano simpatia da molta parte dell’opinione pubblica. Però è un’occasione persa. Spero che ci sia ancora il tempo per portare soluzioni”. - Una volta hai addirittura proposto Lampedusa al Nobel per la pace… “La mia era più che altro una provocazione – ci dice Claudio - per attirare l’attenzione su questa storia. Certamente non è che il Premio Nobél risolva la questione. A me piacerebbe sapere che viene dato perché finalmente questa questione è risolta. E ne darei uno anche alla classe dirigente europea, mondiale, se un giorno, veramente, sapessimo che tutto questo È STATO e NON È PIÙ”.


"Luci della ribalta"
il blog Lpl su cinema e spettacolo, di Cristina Bianchino


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