domenica, novembre 24, 2013
Presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università Salesiana di Roma un interessante incontro sul pensiero sociale della Chiesa nel filosofo salesiano Demaria e su come Adriano Olivetti seppe realizzare queste buone idee meravigliosamente all’interno delle sue fabbriche

di Carlo Mafera

La metafisica organico-dinamica, nucleo del pensiero del filosofo salesiano, offriva – secondo Oliviero Riggi, che ha presentato nell’incontro del 21 novembre la figura di Demaria - le chiavi di comprensione dell’intima realtà della chiesa e della società e poteva orientare l’agire costruttivo sia del cristiano che del cittadino. La lettura della Mystici corporis, enciclica di Pio XII del 1943, ebbe un’influenza determinante nel pensiero di Demaria e da questa ne fece derivare tutti i postulati della sua dottrina sociale. Da questo contatto si svilupperà una riflessione attenta sulla chiesa come organismo vivo, corpo di Cristo, famiglia di Dio, che anticiperà tante intuizioni del Vaticano II. Una riscoperta del dinamismo dello Spirito che intrideva tutte le realtà e non solo quelle ecclesiali che partecipavano alla costruzione dell’organismo-chiesa. Le cosiddette “cellule” erano alla base di questo movimento costruttivo ed erano considerate “materia” ma non certamente nella concezione marxista, bensì in quella incarnazionista cristiana tesa all’instaurazione del Regno di Dio su questa terra. Il verbo che contraddistingueva il suo pensiero era il verbo fare ed era coniugato all’imperativo “fac” per indicare l’imperatività e la necessità di attualizzarlo, tanto che “Fac” era diventato l’acronimo di Fraterno Aiuto Cristiano, un organismo di solidarietà cristiana da lui fondato. Come si è rilevato durante il dibattito, nell’Italia degli anni ’50 si poteva condannare il marxismo ma molto meno il capitalismo che veniva ritenuto sostanzialmente giusto o giustificabile. Demaria si attivò perché si creasse una prassi costruttiva alternativa, rispettosa della natura profonda della realtà storica rivelatasi organismo dinamico. Demaria si richiamerà ad una visione nuova, globale e sintetica, che permise di cogliere e di affrontare i grandi problemi dell’umanità nella loro interdipendenza e non più a compartimenti stagni, con visuali parziali ed azioni politiche unilaterali.

Dal canto suo il dott. Beniamino De’ Liguori Carino della Fondazione Adriano Olivetti ha messo in evidenza, nel suo breve intervento, come il famoso imprenditore di Ivrea, che sembra abbia conosciuto di persona Tommaso Demaria, abbia realizzato all’interno delle sue fabbriche quell’idea di bellezza, di verità e di giustizia che la dottrina sociale della Chiesa portava avanti da più di sessant’anni, e cioè dalla promulgazione della Rerum Novarum di Leone XIII. Infatti De’ Liguori Carino ha ricordato una frase di Olivetti: “La bellezza insieme all’amore, la verità e la giustizia rappresenta un’autentica promozione spirituale. Gli uomini, le ideologie, gli Stati che dimenticheranno una sola di queste forze creatrici, non potranno indicare a nessuno il cammino della civiltà”. Questo è ciò che era scritto in uno dei suoi libri più famosi: “Città dell’uomo”.

Adriano Olivetti, di cui si è ricordato la figura in una recente fiction della Rai, fu imprenditore e direttore della prima fabbrica italiana di macchine da scrivere, fondata dal padre nel 1908 ad Ivrea. Egli si chiese se uomo e macchine, industria e cultura, produzione e arte potessero coesistere nell’ambiente lavorativo - ha affermato De’ Liguori. E la risposta fu affermativa. La fabbrica non è solo una struttura in cui sono presenti macchinari e operai che svolgono il proprio lavoro, lo scopo principale non è il profitto ma il modo in cui si investe quest’ultimo. Se la meta è il benessere della comunità allora bisogna cercare di trasformare una semplice fabbrica in un luogo di incontro, di condivisione. Costruire quindi la comunità. Questa era l’idea centrale di Olivetti, come anche di Demaria. L’uomo si realizza nella relazione perché è relazione. Favorire questa significa favorire la crescita dell’uomo integrale. Tutta la filosofia esistenzialista del ‘900 parlava di questo: da Buber, con il suo “io-tu”, a Maritain. Adriano Olivetti concretizza ciò collaborando con psicologi per un’organizzazione del lavoro che abbia al centro l’individuo, investe sull’educazione mettendo a disposizione una biblioteca aziendale. Le grigie pareti murarie delle fabbriche con lui si trasformano in chiare vetrate, attraverso cui poter contemplare la Bellezza al di fuori. Vivere in un clima sereno consente agli operai di lavorare di più e meglio: infatti la produttività cresce, le vendite e i profitti, che non erano l’obiettivo principale, aumentano e la fabbrica di Adriano Olivetti viene conosciuta e apprezzata in tutto il mondo. Una frase che mi è piaciuto estrapolare sfogliando il libro di Olivetti “Il mondo che nasce” è questa: “Per guidare ora gli uomini nella loro vita di ogni giorno e nella loro breve vita terrena, occorre che il mondo politico ancor chiuso nel suo tradizionale empirismo accetti finalmente le indicazioni della scienza e riconosca il fine e i mezzi dell’azione comunitaria in cui i valori dello spirito, Verità, Giustizia, Bellezza, Amore possano realmente prendere il dominio e il sopravvento. Una società che non crede nei valori spirituali, non crede nemmeno nel proprio avvenire e non potrà mai avviarsi verso una meta comune e affogherà la comunità nazionale in una vita limitata, meschina, corrotta”.

Durante l’incontro, magistralmente moderato dal prof. Mauro Mantovani, decano della Facoltà di Comunicazioni Sociali dell’UPS, è intervenuto il prof. Romeo Ciminello dall’Università di Kinshasa in collegamento skype. Secondo Ciminello, l'obiettivo ambizioso dell'odierna impresa deve essere proprio quello di riuscire a conseguire il profitto attraverso il raggiungimento di una dimensione etica: due fattori che non si escludono a vicenda ma che possono facilmente coesistere, come dimostrò a suo tempo l’ing. Olivetti. Un binomio vincente che garantisce l'ottenimento di un grado di benessere per l'impresa e per la collettività. Il carattere etico dell'impresa, secondo il prof. Romeo Ciminello, non è più scontato e tacito ma si configura come un elemento che legittima l'agire imprenditoriale, creando un vantaggio competitivo per l'azienda che l'adotta. La responsabilità sociale dell’impresa nel significato cristiano è quella responsabilità che unisce, non in una condivisione di interessi ma in un interesse condiviso, sia colui che apporta il rischio, cioè l’imprenditore, sia coloro che prendono il rischio e che con lui interloquiscono. In particolare, dal documento diffuso e letto dal relatore durante la conferenza è significativo mettere in evidenza il pensiero nucleare del prof. Ciminello, considerato il titolo dell’incontro “Buone idee e buone prassi”: “La crisi con cui abbiamo imparato a convivere e di cui ancora non conosciamo gli effetti reconditi ci ha insegnato che la fiducia è alla base di ogni relazione e soprattutto di quelle economiche specialmente nell’era della globalizzazione. L’esperienza dell’effetto domino delle crisi, impone di creare paletti e perimetri di riferimento in grado di scongiurare il crollo progressivo delle economie. La certificazione etica – ha concluso Ciminello - vuole essere lo strumento nuovo che propone, assieme alla ricostruzione del tessuto di fiducia socio-politico-economico, un cambiamento di rotta… Ecco una verità ormai seppellita e disattesa : la coscienza; l’unico vero deterrente alle cattive azioni ed ai cattivi comportamenti. Solo l’uomo tra gli esseri viventi, possiede una coscienza personale. Credere nell’uomo significa credere nella sua personalità unica e irripetibile sempre sorprendente e pronta a migliorare per l’effetto della coscienza morale che esiste al suo interno”.


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