Dal 25 novembre al 10 dicembre, 16 giorni di attività per far cambiare il mondo. Nel ricordo di Las Mariposas, le “farfalle” di cui tutti avremmo bisogno. Ma non è solo una questione di donne!
di Silvana Arbia
Dal 25 novembre 1960 ad oggi, dopo più di cinquant’anni, l’eredità morale delle sorelle Mirabal è rimasta chiusa in uno scrigno, avvolta sì da parole e riti importanti ma mai valorizzata nemmeno dalle stesse donne. Come tutti probabilmente sanno, il 25 novembre 1960 tre sorelle dominicane furono infatti barbaramente trucidate per la loro lotta contro la dittatura di Rafael Trujiillo. Nella famiglia Mirabal erano nate quattro sorelle da genitori agricoltori benestanti; avevano studiato e si erano sposate, avevano tutto per una vita “tranquilla”. Tra loro Minerva aveva studiato legge ma non fu ammessa a praticare la professione legale perché aveva respinto le avances del dittatore Trjiillo. Ma anche lei aveva tutte le condizioni per una vita normale, finché le sorelle decidono di impegnarsi politicamente e diventare “dissidenti”: tutte e quattro sono d’accordo sul bisogno di combattere contro la dittatura. Minerva, Maria Teresa, Patria e Dedé diventano attiviste nel “gruppo del 14 giugno”, così denominato con riferimento alla data in cui il regime al potere fece compiere un massacro, di cui Patria fu testimone. All’interno del gruppo le donne si chiamavano “LAS MARIPOSAS”, che vuol dire “le farfalle”. Minerva e Maria Teresa in particolare furono più volte arrestate e torturate, ma non rinunciarono mai alla loro missione di far cadere la dittatura e far tornare la libertà nel loro paese.
Il 25 novembre del 1960 Minerva, Maria Teresa e Patria si recarono con l’autista Rufino de la Cruz a visitare i mariti delle prime due, in carcere per ragioni politiche, e mentre tornavano a casa furono aggredite e colpite fino alla morte, i loro corpi vennero disposti in modo da far credere che fossero vittime di un incidente. La loro morte scosse le coscienze dei cittadini e nel 1961 il dittatore Trujiillo venne assassinato. Oggi nel paese delle sorelle si celebra il loro eroismo, la loro immagine appare sulle banconote di 200 pesos dominicani e il nome della provincia Salcedo è stato sostituito con quello di Hermanas Mirabal. Per ricordarle l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999 ha deciso di istituire la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della violenza contro le donne (da quella sessuale a quella domestica e tutte le altre forme di violenze), facendo appello ai governi, alle organizzazioni non governative e ai singoli individui di aumentare la conoscenza delle situazioni in cui le donne sono vittime di violenze e sensibilizzare alla lotta per eliminare tali violenze. Essenziale è riconoscere, si legge in documenti delle Nazioni Unite di questi giorni, che la violenza contro le donne costituisce violazione dei diritti umani; che essa deriva da discriminazioni e disuguaglianze; che essa costituisce un ostacolo al progresso della società; che la violenza non è inevitabile e si può prevenire; che il fenomeno di violenze contro le donne oggi è di dimensioni allarmanti: si stima che il 70% delle donne nel mondo ha sperimentato violenze. Il Segretario generale delle NU ha anche indetto una campagna che invita a osservare il 25 di ogni mese la pratica di indossare qualcosa di colore arancione per ricordare.
Il 25 novembre per gli attivisti inizia anche il periodo delle attività celebrative dei diritti umani che va fino al 10 dicembre, data della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo. Tutto ciò è importante e può essere un valido riferimento per coloro che decidano di dedicarsi alla lotta e alla prevenzione di tale fenomeno. Tuttavia la vittoria delle sorelle Mirabal in materia di diritti politici e di libertà dovrebbe trovare più attenzione. Noi tutti possiamo prima o poi trovarci in condizioni in cui la democrazia, i diritti politici e civili, e altri diritti fondamentali della persona sono ignorati o calpestati in nome di altri interessi e l’esempio delle sorelle MIrabal dovrebbe essere sempre presente alle nostre coscienze per suggerirci di non accettare lo status quo e fare tutto quello che possiamo per cambiare e riappropriarci dei nostri diritti e della nostra dignità. Non è solo una questione di donne!
di Silvana Arbia
Dal 25 novembre 1960 ad oggi, dopo più di cinquant’anni, l’eredità morale delle sorelle Mirabal è rimasta chiusa in uno scrigno, avvolta sì da parole e riti importanti ma mai valorizzata nemmeno dalle stesse donne. Come tutti probabilmente sanno, il 25 novembre 1960 tre sorelle dominicane furono infatti barbaramente trucidate per la loro lotta contro la dittatura di Rafael Trujiillo. Nella famiglia Mirabal erano nate quattro sorelle da genitori agricoltori benestanti; avevano studiato e si erano sposate, avevano tutto per una vita “tranquilla”. Tra loro Minerva aveva studiato legge ma non fu ammessa a praticare la professione legale perché aveva respinto le avances del dittatore Trjiillo. Ma anche lei aveva tutte le condizioni per una vita normale, finché le sorelle decidono di impegnarsi politicamente e diventare “dissidenti”: tutte e quattro sono d’accordo sul bisogno di combattere contro la dittatura. Minerva, Maria Teresa, Patria e Dedé diventano attiviste nel “gruppo del 14 giugno”, così denominato con riferimento alla data in cui il regime al potere fece compiere un massacro, di cui Patria fu testimone. All’interno del gruppo le donne si chiamavano “LAS MARIPOSAS”, che vuol dire “le farfalle”. Minerva e Maria Teresa in particolare furono più volte arrestate e torturate, ma non rinunciarono mai alla loro missione di far cadere la dittatura e far tornare la libertà nel loro paese.
Il 25 novembre del 1960 Minerva, Maria Teresa e Patria si recarono con l’autista Rufino de la Cruz a visitare i mariti delle prime due, in carcere per ragioni politiche, e mentre tornavano a casa furono aggredite e colpite fino alla morte, i loro corpi vennero disposti in modo da far credere che fossero vittime di un incidente. La loro morte scosse le coscienze dei cittadini e nel 1961 il dittatore Trujiillo venne assassinato. Oggi nel paese delle sorelle si celebra il loro eroismo, la loro immagine appare sulle banconote di 200 pesos dominicani e il nome della provincia Salcedo è stato sostituito con quello di Hermanas Mirabal. Per ricordarle l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999 ha deciso di istituire la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della violenza contro le donne (da quella sessuale a quella domestica e tutte le altre forme di violenze), facendo appello ai governi, alle organizzazioni non governative e ai singoli individui di aumentare la conoscenza delle situazioni in cui le donne sono vittime di violenze e sensibilizzare alla lotta per eliminare tali violenze. Essenziale è riconoscere, si legge in documenti delle Nazioni Unite di questi giorni, che la violenza contro le donne costituisce violazione dei diritti umani; che essa deriva da discriminazioni e disuguaglianze; che essa costituisce un ostacolo al progresso della società; che la violenza non è inevitabile e si può prevenire; che il fenomeno di violenze contro le donne oggi è di dimensioni allarmanti: si stima che il 70% delle donne nel mondo ha sperimentato violenze. Il Segretario generale delle NU ha anche indetto una campagna che invita a osservare il 25 di ogni mese la pratica di indossare qualcosa di colore arancione per ricordare.
Il 25 novembre per gli attivisti inizia anche il periodo delle attività celebrative dei diritti umani che va fino al 10 dicembre, data della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo. Tutto ciò è importante e può essere un valido riferimento per coloro che decidano di dedicarsi alla lotta e alla prevenzione di tale fenomeno. Tuttavia la vittoria delle sorelle Mirabal in materia di diritti politici e di libertà dovrebbe trovare più attenzione. Noi tutti possiamo prima o poi trovarci in condizioni in cui la democrazia, i diritti politici e civili, e altri diritti fondamentali della persona sono ignorati o calpestati in nome di altri interessi e l’esempio delle sorelle MIrabal dovrebbe essere sempre presente alle nostre coscienze per suggerirci di non accettare lo status quo e fare tutto quello che possiamo per cambiare e riappropriarci dei nostri diritti e della nostra dignità. Non è solo una questione di donne!
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