Acuirsi della tensione in Egitto, dove quella appena trascorsa è stata una domenica di sangue: almeno 50 i morti e 268 i feriti negli scontri tra polizia e manifestanti pro-Morsi. Almeno 45 persone sono rimaste uccise al Cairo ed altre cinque in diverse città a sud della capitale, afferma un funzionario del ministero della Sanità. Il servizio è di Salvatore Sabatino: ascolta
E’ accaduto ciò che si temeva. Il 40.mo anniversario della guerra del Kippur si è trasformato in un bagno di sangue. Epicentro degli scontri è stato Il Cairo, dove i Fratelli musulmani sono scesi in strada per contrastare i festeggiamenti del conflitto del 1973 contro Israele. E così, mentre sulla tv di Stato scorrevano le immagini di bandiere sventolanti, manifestanti festosi, musica e gruppi folk sui palcoscenici nelle piazze della festa, in realtà quello che stava accadendo per le strade della capitale era molto più simile ad una carneficina. In mattinata il portavoce della presidenza Ahmed Meslemani, aveva affermato che le autorità avrebbero considerato non attivisti ma “agenti” coloro che fossero scesi in piazza contro l'esercito. E così è stato: le dieci marce di sostenitori del deposto presidente Morsi sono state immediatamente fermate. “Per motivi di sicurezza”, si sono giustificati i militari, “per evitare che raggiungessero Piazza Tahrir”, simbolo della protesta e, ieri, centro dei festeggiamenti. A tre mesi dalla deposizione di Morsi, insomma, la frattura in Egitto resta molto profonda, con pesanti ricadute anche economiche. Gabriele Iacovino, responsabile analisti del Centro studi internazionali:
“Il Paese continua ad essere bloccato in un limbo istituzionale, e soprattutto economico: lo stallo politico ormai ha portato quasi allo stremo le casse statali e l’economia egiziana”.
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