sabato, luglio 20, 2013
Dieci anni fa moriva Sandro Ciotti, un maestro della radiocronaca e un uomo di spettacolo a tutto tondo

Città Nuova - Quando si pensa a Sandro Ciotti, il noto radiocronista sportivo dall’inconfondibile voce, scomparso 10 anni, fa tornano alla mente le sue frasi più popolari come “clamoroso al Cibali” con riferimento alla vittoria del Catania sull’Inter per 1 a 0 del 20 febbraio del 1966, e “Scusa Ameri, sono Ciotti” usata per interrompere la radiocronaca del collega a cui era affidato “il campo principale” e prendere la linea. Ma se si analizzassero le sue radiocronache verrebbero alla luce alcune perle linguistiche, stilistiche, letterarie che, oltre alla sua inconfondibile voce roca definita “come una carezza di cartavetrata”, definiscono l’unicità di un conduttore che deve poter distinguersi e saper tipizzare le sue caratteristiche per essere immediatamente riconoscibile e rendersi, in qualche modo, unico e irrepetibile. In qualche modo è uno dei segreti di chi vuol fare questo mestiere: la riconoscibilità, una voce caratteristica, la proprietà di linguaggio e una cultura che spazia in campi più vasti di quello pallonaro.

Ecco alcune perle di un italiano e di un calcio perduto: «Il “Torino”, la cui parabola ha ospitato ferite crudeli e successi epici e che il destino ha accarezzato come un fiore e trafitto come una lama saracena». Quando il Napoli vinse il 10 maggio del 1987 il suo primo scudetto, Sandro Ciotti concluse la sua radiocronaca con accenti sociali contro gli stereotipi che attraversavano, anche allora, l’Italia. «Vorremmo ‒ disse ‒ che tra i molti effetti che questo titolo italiano conquistato dal Napoli sicuramente determinerà, se ne verificasse uno particolarmente simpatico. E cioè che il termine terrone, che noi tutti usiamo molto colpevolmente e senza arrossire dandogli un significato sminuente, diventasse invece, così, un vestito nuovo. E significasse a partire da oggi gente innamorata della propria terra, gente capace di venire da New York per applaudire un’impresa sportiva».

Sempre molto ironico, non mancava mai di inserire anche nelle radiocronache calcistiche qualche arguta o colorita osservazione come «siamo giunti al minuto che intercorre fra il 16° e il 18°», «ha arbitrato davanti a 80 mila testimoni», «ventilazione inapprezzabile». Ad un calciatore a terra per un fallo e dalle reazioni esageratamente scomposte commentava: «Sembra colpito da una laparotomia», intendendo un’incisione chirurgica nell’addome che consente l’accesso alla cavità addominale ed agli organi interni.

Sandro Ciotti moriva dieci anni fa, il 18 luglio 2003, a 75 anni, dopo oltre 2.400 radiocronache di calcio, oltre a un gran repertorio di altri eventi, seguiti come inviato, fra sport e musica: 14 Olimpiadi, 40 festival di Sanremo, 15 Giri d’Italia, 9 Tour. La sua ultima radiocronaca fu per la partita di campionato Cagliari-Parma dell’ultima giornata di campionato di Serie A della stagione 1995-96. In quell’occasione ringraziando i radioascoltatori disse: «Vi rubiamo soltanto 10 secondi per dire che quella che ho appena tentato di concludere, è stata la mia ultima radiocronaca per la Rai, un grazie affettuoso a tutti gli ascoltatori, mi mancheranno!».

Tra le espressioni da lui create: un calcio fatto di «porte sguarnite» e di «calci franchi», di «fraseggi a centrocampo» e «trame di gioco nitide». Inventava termini come «estirada», per indicare l’intervento in allungo per realizzare o salvare un gol; «pettinare» la palla, per dire che qualcuno l’aveva sfiorata quel tanto che era bastato a deviarla in rete; «sotto misura», per dare subito l’idea che la conclusione era ben dentro l’area piccola del portiere. Insomma, un fuoriclasse inimitabile che si cimentò in ogni tipo di programma alla radio e alla televisione.

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