“Gli Stati Uniti stanno valutando ogni possibilità sul futuro delle loro truppe in Afghanistan”.
Radio Vaticana - Ad affermarlo è il portavoce della Casa Bianca Jay Carney, che non esclude per il 2014 anche l’”opzione zero”, cioè il ritiro totale dei contingenti militari. Intanto i talebani hanno chiuso l’ufficio che avevano aperto in Qatar per i colloqui di pace con Stati Uniti e il governo Karzai. Ma quali sarebbero le ripercussioni nel Paese del ritiro dei soldati americani? Michele Raviart lo ha chiesto a Marco Lombardi, professore all’Università Cattolica di Milano, appena rientrato da Kabul: ascolta
R. - Parlando con gli afghani si dà per scontato che - opzione zero o non opzione zero - dall’anno prossimo, il grosso impatto sarà soprattutto sulla dimensione economica. La compagine internazionale ha creato un’economia fasulla, sovraccarica, evidentemente, di soldi e di beni che andranno via. Non si aspettano al contrario un impatto significativo sulla sicurezza, una sicurezza che già adesso si va deteriorando in maniera significativa.
D. – In che cosa consiste questo deterioramento per le persone?
R. - Siamo al ritmo, negli ultimi 40 giorni, a Kabul, di un attentato a settimana. Sicuramente anche all’interno dell’esercito ci sono dinamiche che non garantiscono l’affidabilità degli uomini che stiamo formando. Ci sono attentati da parte dei “blue”, esercito afghano, nei confronti dei “green”, i tutor internazionali, e sono in aumento. Ci sono episodi di diserzione e di abbandono dei posti da parte di uomini dell’esercito, portandosi via le armi, e quelle armi stanno tornando ai talebani.
D. – Le istituzioni che sono state create con l’aiuto degli occidentali possono reggere un ritiro delle truppe?
R. – Io credo che lo possano reggere, ma non lo possano però reggere da sole. Inevitabilmente, l’attesa di tutti è che ci sia una qualche forma di accordo tra il governo Karzai e quelli che chiamiamo talebani. Direi che questo è dato per scontato ancora una volta parlandone quotidianamente con la gente. L’aspetto problematico nei confronti del governo Karzai da parte del popolo è che è sentito come uno dei governi più corrotti.
D. – Si attende un passo di conciliazione con i talebani, che però oggi hanno chiuso il loro ufficio in Qatar che si occupava dei contatti con gli Stati Uniti. E’ verosimile un ritorno militare dei talebani a Kabul?
R. - Un ritorno dei talebani ci sarà sicuramente. Ci sarà negli accordi che comunque stanno prendendo con il governo Karzai. Quindi quello che probabilmente Karzai vuole, nei confronti dei talebani, è avere più controllo sui livelli di negoziazione e non concederlo tutto agli Stati Uniti. Karzai soffre un po’ la presenza statunitense e la vuole in maniera strettamente funzionale rispetto a una tutela che vuole nei confronti del Pakistan. Quindi, una tutela ai confini orientali, la vorrebbe funzionalmente affidata ancora agli americani.
Radio Vaticana - Ad affermarlo è il portavoce della Casa Bianca Jay Carney, che non esclude per il 2014 anche l’”opzione zero”, cioè il ritiro totale dei contingenti militari. Intanto i talebani hanno chiuso l’ufficio che avevano aperto in Qatar per i colloqui di pace con Stati Uniti e il governo Karzai. Ma quali sarebbero le ripercussioni nel Paese del ritiro dei soldati americani? Michele Raviart lo ha chiesto a Marco Lombardi, professore all’Università Cattolica di Milano, appena rientrato da Kabul: ascolta
R. - Parlando con gli afghani si dà per scontato che - opzione zero o non opzione zero - dall’anno prossimo, il grosso impatto sarà soprattutto sulla dimensione economica. La compagine internazionale ha creato un’economia fasulla, sovraccarica, evidentemente, di soldi e di beni che andranno via. Non si aspettano al contrario un impatto significativo sulla sicurezza, una sicurezza che già adesso si va deteriorando in maniera significativa.
D. – In che cosa consiste questo deterioramento per le persone?
R. - Siamo al ritmo, negli ultimi 40 giorni, a Kabul, di un attentato a settimana. Sicuramente anche all’interno dell’esercito ci sono dinamiche che non garantiscono l’affidabilità degli uomini che stiamo formando. Ci sono attentati da parte dei “blue”, esercito afghano, nei confronti dei “green”, i tutor internazionali, e sono in aumento. Ci sono episodi di diserzione e di abbandono dei posti da parte di uomini dell’esercito, portandosi via le armi, e quelle armi stanno tornando ai talebani.
D. – Le istituzioni che sono state create con l’aiuto degli occidentali possono reggere un ritiro delle truppe?
R. – Io credo che lo possano reggere, ma non lo possano però reggere da sole. Inevitabilmente, l’attesa di tutti è che ci sia una qualche forma di accordo tra il governo Karzai e quelli che chiamiamo talebani. Direi che questo è dato per scontato ancora una volta parlandone quotidianamente con la gente. L’aspetto problematico nei confronti del governo Karzai da parte del popolo è che è sentito come uno dei governi più corrotti.
D. – Si attende un passo di conciliazione con i talebani, che però oggi hanno chiuso il loro ufficio in Qatar che si occupava dei contatti con gli Stati Uniti. E’ verosimile un ritorno militare dei talebani a Kabul?
R. - Un ritorno dei talebani ci sarà sicuramente. Ci sarà negli accordi che comunque stanno prendendo con il governo Karzai. Quindi quello che probabilmente Karzai vuole, nei confronti dei talebani, è avere più controllo sui livelli di negoziazione e non concederlo tutto agli Stati Uniti. Karzai soffre un po’ la presenza statunitense e la vuole in maniera strettamente funzionale rispetto a una tutela che vuole nei confronti del Pakistan. Quindi, una tutela ai confini orientali, la vorrebbe funzionalmente affidata ancora agli americani.
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