Il dipartimento di Giustizia studia un sistema per sostituire il taglio della testa, con la fucilazione. Il gesto non è frutto di "compassione". Esso serve per contrastare la penuria di boia e velocizzare il circuito delle esecuzioni capitali. Almeno 40 esecuzioni da gennaio 2013. L'ultima è avvenuta lo scorso 14 maggio. Nel 2012 le decapitazioni sono state 76.
Riyadh (AsiaNews) - Nel regno saudita vige la Sharia e i condannati vengono decapitati con la sciabola come vuole la legge coranica. Tuttavia, sempre meno persone intraprendono la "carriera" di boia, compito che prevede un duro addestramento all'uso della spada e sangue freddo. Secondo una circolare del dipartimento di Giustizia le persone in grado di utilizzare la sciabola sono ormai molto poche.
Le giurisdizioni si contendono i boia, che spesso compiono viaggi in tutto il Paese per presenziare alle esecuzioni pubbliche, bloccando di fatto il sistema giudiziario. Per velocizzare le esecuzioni, in aprile il dipartimento di Giustizia ha diffuso una circolare in cui autorizza i tribunali a ricorrere alla fucilazione, specificando che tale modalità non è contraria ai precetti islamici.
La penuria di "boia" non ferma però le esecuzioni in Arabia Saudita. Dall'inizio 2013 almeno 40 decapitazioni sono state eseguite nel regno. L'ultima risale allo scorso 14 maggio a Najran, sud-ovest del Paese. Il detenuto era Maneh al-Daen, condannato a morte per aver accoltellato un membro della sua stessa tribù. Lo scorso anno le esecuzioni pubbliche sono state 76.
Da anni le principali associazioni per i diritti umani e molti governi occidentali si battono per imporre al regno saudita processi più equi ed esecuzioni meno crudeli. L'Arabia Saudita è l'unico Paese al mondo dove la condanna a morte può essere eseguita con la decapitazione in pubblica piazza. La pena capitale nel regno è prevista per i colpevoli di omicidio, rapina a mano armata, stupro e traffico di droga, ma anche per stregoneria e sodomia. Non meno crudeli sono le condanne per crimini minori, come il furto e il reato di opinione, che oltre al carcere, prevedono il taglio della mano o del piede e la fustigazione in piazza. Di recente ha fatto discutere il caso di due uomini, un libanese e un saudita, condannati a sei anni di carcere e 300 frustate per aver spinto una giovane ragazza a convertirsi al cristianesimo. Fino ad ora la giovane, rifugiata in Svezia, ha difeso i due, affermando in un video di essersi convertita senza alcuna costrizione.
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La penuria di "boia" non ferma però le esecuzioni in Arabia Saudita. Dall'inizio 2013 almeno 40 decapitazioni sono state eseguite nel regno. L'ultima risale allo scorso 14 maggio a Najran, sud-ovest del Paese. Il detenuto era Maneh al-Daen, condannato a morte per aver accoltellato un membro della sua stessa tribù. Lo scorso anno le esecuzioni pubbliche sono state 76.
Da anni le principali associazioni per i diritti umani e molti governi occidentali si battono per imporre al regno saudita processi più equi ed esecuzioni meno crudeli. L'Arabia Saudita è l'unico Paese al mondo dove la condanna a morte può essere eseguita con la decapitazione in pubblica piazza. La pena capitale nel regno è prevista per i colpevoli di omicidio, rapina a mano armata, stupro e traffico di droga, ma anche per stregoneria e sodomia. Non meno crudeli sono le condanne per crimini minori, come il furto e il reato di opinione, che oltre al carcere, prevedono il taglio della mano o del piede e la fustigazione in piazza. Di recente ha fatto discutere il caso di due uomini, un libanese e un saudita, condannati a sei anni di carcere e 300 frustate per aver spinto una giovane ragazza a convertirsi al cristianesimo. Fino ad ora la giovane, rifugiata in Svezia, ha difeso i due, affermando in un video di essersi convertita senza alcuna costrizione.
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