La diplomazia internazionale al lavoro per trovare una soluzione alla sanguinosa crisi siriana.
Radio Vaticana - E’ soprattutto la Russia che sta lavorando in questa direzione con una serie di incontri diplomatici: l’ultimo ieri a Soci sul Mar Nero, tra il capo del Cremlino, Putin, ed il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, in vista della Conferenza Internazionale sulla Siria in programma a giugno a Ginevra. Ma intanto non si placano le polemiche, soprattutto da parte americana, dopo le affermazioni di Mosca che confermano la fornitura di armamenti a Damasco in chiave anti-israeliana. Sull’atteggiamento russo, Giancarlo La Vella ha intervistato Stefano Torelli, esperto di Medio Oriente dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI): ascolta
R. – La Russia sta, evidentemente, dicendo alle controparti occidentali che in questo momento ancora non vi sono forse le condizioni necessarie per arrivare ad un’intesa sulla Siria. La dichiarazione di Mosca di fornire armi a Damasco in parte, secondo me, può essere una risposta non tanto alle dichiarazioni degli Stati Uniti, ma a quelle del premier britannico Cameron, che ultimamente hanno spinto molto di più verso un sostegno più concreto ai ribelli. E' vero, per Damasco c’è anche la questione di Israele... Però a me sembra più un pretesto che altro.
D. – L'atteggiamento di Mosca è motivato dal timore che il fronte abbastanza indecifrabile degli insorti possa essere un rischio... che gruppi estremisti possano riversarsi nelle zone calde del territorio russo?
R. – La Russia, di fatto, è uno degli obiettivi dei fronti del cosiddetto Jihad internazionale: la questione cecena è sempre lì e le reti del jihadismo internazionale non smettono mai, nei loro proclami, di nominare anche la Cecenia, come uno dei più importanti teatri di scontro, insieme alla Siria. La preoccupazione di Mosca può essere anche quella che un lasciar fare agli islamisti in Siria possa "gonfiare" ancora di più le reti del Jihad internazionale che poi, un domani, finito il conflitto siriano, potrebbero riversarsi su altri fronti ancora aperti. La Cecenia sicuramente è uno di questi fronti. Del resto con la guerra in Iraq è successo lo stesso.
D. – Anche gli Stati Uniti sembrano temporeggiare in attesa di capire meglio la composizione del fronte degli insorti...
R. – Sì, questo è vero E c’è da ripetere sempre che, se gli Stati Uniti continuano a temporeggiare, è anche perché evidentemente in questo momento non hanno le risorse necessarie per intervenire direttamente in un ennesimo conflitto mediorientale.
Radio Vaticana - E’ soprattutto la Russia che sta lavorando in questa direzione con una serie di incontri diplomatici: l’ultimo ieri a Soci sul Mar Nero, tra il capo del Cremlino, Putin, ed il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, in vista della Conferenza Internazionale sulla Siria in programma a giugno a Ginevra. Ma intanto non si placano le polemiche, soprattutto da parte americana, dopo le affermazioni di Mosca che confermano la fornitura di armamenti a Damasco in chiave anti-israeliana. Sull’atteggiamento russo, Giancarlo La Vella ha intervistato Stefano Torelli, esperto di Medio Oriente dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI): ascolta
R. – La Russia sta, evidentemente, dicendo alle controparti occidentali che in questo momento ancora non vi sono forse le condizioni necessarie per arrivare ad un’intesa sulla Siria. La dichiarazione di Mosca di fornire armi a Damasco in parte, secondo me, può essere una risposta non tanto alle dichiarazioni degli Stati Uniti, ma a quelle del premier britannico Cameron, che ultimamente hanno spinto molto di più verso un sostegno più concreto ai ribelli. E' vero, per Damasco c’è anche la questione di Israele... Però a me sembra più un pretesto che altro.
D. – L'atteggiamento di Mosca è motivato dal timore che il fronte abbastanza indecifrabile degli insorti possa essere un rischio... che gruppi estremisti possano riversarsi nelle zone calde del territorio russo?
R. – La Russia, di fatto, è uno degli obiettivi dei fronti del cosiddetto Jihad internazionale: la questione cecena è sempre lì e le reti del jihadismo internazionale non smettono mai, nei loro proclami, di nominare anche la Cecenia, come uno dei più importanti teatri di scontro, insieme alla Siria. La preoccupazione di Mosca può essere anche quella che un lasciar fare agli islamisti in Siria possa "gonfiare" ancora di più le reti del Jihad internazionale che poi, un domani, finito il conflitto siriano, potrebbero riversarsi su altri fronti ancora aperti. La Cecenia sicuramente è uno di questi fronti. Del resto con la guerra in Iraq è successo lo stesso.
D. – Anche gli Stati Uniti sembrano temporeggiare in attesa di capire meglio la composizione del fronte degli insorti...
R. – Sì, questo è vero E c’è da ripetere sempre che, se gli Stati Uniti continuano a temporeggiare, è anche perché evidentemente in questo momento non hanno le risorse necessarie per intervenire direttamente in un ennesimo conflitto mediorientale.
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