Domenica 21 aprile il governo israeliano ha deciso la liberalizzazione dei collegamenti aerei con i Paesi membri dell’Unione Europea.
Terrasanta.net - L’accordo Open Skies («Cieli aperti»), negoziato con l’Ue e concluso nel luglio 2012, è stato adottato dal consiglio dei ministri con 16 voti favorevoli e 3 contrari. Il giorno stesso, a partire dalle cinque del mattino, i lavoratori delle tre compagnie aeree israeliane El Al, Arkia e Israelair hanno iniziato uno sciopero a oltranza per protestare contro l’entrata in vigore dell’accordo. Molte compagnie europee, operanti da un gran numero di aeroporti europei, potranno gradualmente noleggiare voli con destinazione Israele, fino a quando, nel giro di cinque anni, andrà a regime l’apertura completa del mercato del trasporto aereo tra Israele e l’Europa.
Fino ad oggi, solo un numero limitato di compagnie aeree può volare su Israele. Ciascuna ha a disposizione un pacchetto di voli ogni anno. La misura vale a proteggere le tre compagnie nazionali.
Ora però, sgombrando il campo dalle misure protezionistiche, il governo israeliano spera di far abbassare i prezzi dei voli da e per l’Europa, così da favorire il turismo e sostenere i consumatori israeliani. Il ministero del Turismo ha pubblicato ieri un comunicato col quale si rallegra per l’entrata in vigore dell’accordo. Il ministro Uzi Landau, ottimista, dichiara: «Di qui a poco vedremo nuovi flussi di arrivi turistici, vi sarà un incremento di entrate nelle casse dello Stato e l’industria turistica creerà numerosi posti di lavoro nelle città e in periferia». In un anno, potrebbero arrivare 250 mila turisti in più, stima il ministero. Il potenziale ancora non sfruttato di questo comparto economico resta importante in un contesto economico teso come l’attuale.
La liberalizzazione avviene a spese delle compagnie nazionali, le quali obbiettano di dover operare in un contesto specifico che falserà le condizioni di parità rispetto alla concorrenza dei vettori europei. Tenuto conto delle ripercussioni del conflitto israelo-palestinese su questo punto è difficile contraddirle.
El Al spiega nelle sue pagine Facebook che alla sua attività si applicano delle stringenti direttive relative alla sicurezza. Le spese per la sicurezza dei suoi voli – imposte e finanziate dal governo al 70 per cento – raggiungerebbero i 130 milioni di shekel (circa 27 milioni e mezzo di euro) l’anno. D’altronde numerosi turisti non ebrei preferiscono evitare di viaggiare con le compagnie israeliane, considerando intrusivi e umilianti gli interrogatori e perquisizioni a cui si deve sottostare.
Tirando le somme, questioni tecniche a parte, la buona notizia è che presto potrebbe risultare più economico volare in Israele.
Terrasanta.net - L’accordo Open Skies («Cieli aperti»), negoziato con l’Ue e concluso nel luglio 2012, è stato adottato dal consiglio dei ministri con 16 voti favorevoli e 3 contrari. Il giorno stesso, a partire dalle cinque del mattino, i lavoratori delle tre compagnie aeree israeliane El Al, Arkia e Israelair hanno iniziato uno sciopero a oltranza per protestare contro l’entrata in vigore dell’accordo. Molte compagnie europee, operanti da un gran numero di aeroporti europei, potranno gradualmente noleggiare voli con destinazione Israele, fino a quando, nel giro di cinque anni, andrà a regime l’apertura completa del mercato del trasporto aereo tra Israele e l’Europa.
Fino ad oggi, solo un numero limitato di compagnie aeree può volare su Israele. Ciascuna ha a disposizione un pacchetto di voli ogni anno. La misura vale a proteggere le tre compagnie nazionali.
Ora però, sgombrando il campo dalle misure protezionistiche, il governo israeliano spera di far abbassare i prezzi dei voli da e per l’Europa, così da favorire il turismo e sostenere i consumatori israeliani. Il ministero del Turismo ha pubblicato ieri un comunicato col quale si rallegra per l’entrata in vigore dell’accordo. Il ministro Uzi Landau, ottimista, dichiara: «Di qui a poco vedremo nuovi flussi di arrivi turistici, vi sarà un incremento di entrate nelle casse dello Stato e l’industria turistica creerà numerosi posti di lavoro nelle città e in periferia». In un anno, potrebbero arrivare 250 mila turisti in più, stima il ministero. Il potenziale ancora non sfruttato di questo comparto economico resta importante in un contesto economico teso come l’attuale.
La liberalizzazione avviene a spese delle compagnie nazionali, le quali obbiettano di dover operare in un contesto specifico che falserà le condizioni di parità rispetto alla concorrenza dei vettori europei. Tenuto conto delle ripercussioni del conflitto israelo-palestinese su questo punto è difficile contraddirle.
El Al spiega nelle sue pagine Facebook che alla sua attività si applicano delle stringenti direttive relative alla sicurezza. Le spese per la sicurezza dei suoi voli – imposte e finanziate dal governo al 70 per cento – raggiungerebbero i 130 milioni di shekel (circa 27 milioni e mezzo di euro) l’anno. D’altronde numerosi turisti non ebrei preferiscono evitare di viaggiare con le compagnie israeliane, considerando intrusivi e umilianti gli interrogatori e perquisizioni a cui si deve sottostare.
Tirando le somme, questioni tecniche a parte, la buona notizia è che presto potrebbe risultare più economico volare in Israele.
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