mercoledì, aprile 24, 2013
La città sull’acqua, una delle più belle al mondo, rischia di diventare un “temporany shop” per i 30 milioni di turisti all’anno, ma i residenti e i commercianti non intendono lasciarsi annientare dal “fondamentalismo turistico”

di Paola Bisconti 

A Venezia, le librerie che stanno rimanendo a galla sono sempre di meno. Insieme a quelli che un tempo erano i salotti culturali della città, nominata nel ‘500 capitale del libro, anche le botteghe storiche abbassano le saracinesche rischiando di far svanire l’identità di un luogo ritenuto il punto di incontro fra Oriente e Occidente. Le lobby, il profitto, le speculazioni urbanistiche stanno rubando anche quel pezzo d’Italia che sembrava stesse resistendo alle logiche spietate del mercato. Sembra impossibile che nella città dov’è nata l’editoria moderna (si stampavano la metà dei volumi che si pubblicavano nell’intera Europa), dove operavano le più grandi tipografie di tutto il mondo (se ne registravano ben 150) e dove circolavano testi in numerose lingue si stia verificando un vero e proprio spopolamento di librerie. A Venezia, dove gli editori erano attenti artigiani, la stampa era considerata un vero lusso e i visitatori erano consapevoli di trovare nel libro un prodotto d’èlite e un capolavoro artistico reso tale da rifiniture, tessuti e materiali preziosi impiegati per rendere pregiato un volume, sembra che tutto questo oggi stia per scomparire.

Venezia però non può essere solo un’elegante vetrina per sciccosi viaggiatori, protagonisti di un turismo mordi e fuggi. La Città Antica è soprattutto storia e cultura, e non solo il regno dello shopping e la sede di grandi griffe dell’alta moda; il capoluogo veneto deve invece continuare a offrire ai residenti la possibilità di gestire la propria attività commerciale senza essere strangolati dai costi troppo alti dell’affitto e da quelle logiche di mercato invasive. Fino ad oggi già 14 librerie hanno chiuso e altre due sono a rischio. Qui di seguito la mappa:


Ecco perché in molti hanno deciso di oscurare le vetrine in segno di protesta, poi i poeti, gli scrittori, i giornalisti, i librai e molti altri si sono attivati portando avanti una battaglia guidata da Alessandro Marzo Magno e presentata nell’incontro che si è svolto presso la Biblioteca Nazionale Marciana dal titolo “Venezia, città dei lettori”. Nella circostanza si è presentato un documento dove sono riportate dodici possibili soluzioni che prevedono il coinvolgimento di politici, lettori e vari enti culturali. Al manifesto hanno aderito alcuni personaggi illustri come Andrea Molesini, premio Campiello, e Tiziano Scarpa, premio Strega, autore del libro “Venezia è un pesce” scritto nel 2000, dove si legge che “il turismo mangia tutto perché il settore dominante cannibalizza tutto il resto”.

La crisi dell’editoria è una questione che accomuna molte città italiane, ma da Venezia parte il grido d’allarme: bisogna disseppellire i libri e far sì che le storiche librerie non vertano più in uno stato di fragilità, ma ritornino ad essere luoghi vitali, dove si può provare un piacere intimo nel cogliere la bellezza di un luogo suggestivo che privilegia il libro inteso come mezzo di coesione sociale.


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