Le “invasioni barbariche” dei giovani cantanti nel mondo della musica neomelodica, satura di cultura criminale
Capita di sentirla come suoneria del cellulare, o riecheggiare a tutto volume dalle auto che circolano per strada, oppure ancora da finestre spalancate dove donne affaccendate intonano un ritornello… e allora anche l’ascoltatore più distratto si lascia scappare un sorriso divertito, facendosi magari prendere dal ritmo e battendo il piede o schioccando le dita, visto che la musica neo-melodica sa sicuramente coinvolgere. Sarà forse l’alchimia fra lo stile techno e pop oppure l’assonanza tra quello latino-americano e la tradizionale canzone napoletana, di certo il genere neomelodico, ben radicato nella cultura partenopea, è un fenomeno che attira un numero sempre maggiore di fans.
Più allarmante è il fatto che questo tipo di musica sia diventato oggetto di studio anche da parte di antropologi e sociologi per l’ambiguo rapporto fra i cantanti neomelodici e gli esponenti dei clan mafiosi... Stando ad alcune indagini infatti, il genere musicale è diventato negli ultimi due decenni un fiorente business, animato da manager e produttori che veicolano il lavoro dei cantanti, divenute ormai star paragonabili ai maggiori interpreti della musica italiana in termini di notorietà; ma alcuni di questi cantanti sono stati definiti “narcomelodici”, ad indicare la correlazione tra la musica neomelodica e i narcotrafficanti, perché sembra che gran parte di questo mercato sia preda della camorra, che reinveste poi i guadagni nel traffico della droga. E infatti nei testi delle canzoni spesso si esaltano i camorristi e i loro sicari, i latitanti e i carcerati, mentre a volte si offendono gratuitamente i pentiti o le forze dell’ordine.
Da Napoli la musica neomelodica è seguita in tutto il mondo grazie ai video diffusi in rete e seguiti anche in altri paesi europei e addirittura americani. Il mercato si fonda su un sistema molto semplice: a volte non esiste un cd originale della canzone e produttori e distributori incidono direttamente un falso. Il giro d’affari è di circa 200 milioni di euro all’anno, tutti in nero. Alcuni investono i proventi nell’acquisto di mezzi radiofonici: si contano 165 radio e 77 tv locali di proprietà dei più audaci, che gestiscono anche canali digitali dove 24 ore su 24 sono trasmesse canzoni neo-melodiche e dove appaiono una serie di contatti (indirizzo e-mail, numeri di telefono, profili facebook, ecc.) che permettono di allargare l’area dei fruitori.
Anche matrimoni, comunioni, feste di compleanno e qualsiasi altra ricorrenza possono essere la circostanza per l’esibizione dei cantanti neomelodici, il cui cachet varia dai 300 ai 1000 euro a canzone. Strappando lacrime di gioia e commozione, il singolare artista rientra perfettamente nella tradizione della musica napoletana, dove, secondo l’antropologo Marino Niola, “il canto e il pianto hanno lo stesso suono”.
di Paola Bisconti
Capita di sentirla come suoneria del cellulare, o riecheggiare a tutto volume dalle auto che circolano per strada, oppure ancora da finestre spalancate dove donne affaccendate intonano un ritornello… e allora anche l’ascoltatore più distratto si lascia scappare un sorriso divertito, facendosi magari prendere dal ritmo e battendo il piede o schioccando le dita, visto che la musica neo-melodica sa sicuramente coinvolgere. Sarà forse l’alchimia fra lo stile techno e pop oppure l’assonanza tra quello latino-americano e la tradizionale canzone napoletana, di certo il genere neomelodico, ben radicato nella cultura partenopea, è un fenomeno che attira un numero sempre maggiore di fans.
Più allarmante è il fatto che questo tipo di musica sia diventato oggetto di studio anche da parte di antropologi e sociologi per l’ambiguo rapporto fra i cantanti neomelodici e gli esponenti dei clan mafiosi... Stando ad alcune indagini infatti, il genere musicale è diventato negli ultimi due decenni un fiorente business, animato da manager e produttori che veicolano il lavoro dei cantanti, divenute ormai star paragonabili ai maggiori interpreti della musica italiana in termini di notorietà; ma alcuni di questi cantanti sono stati definiti “narcomelodici”, ad indicare la correlazione tra la musica neomelodica e i narcotrafficanti, perché sembra che gran parte di questo mercato sia preda della camorra, che reinveste poi i guadagni nel traffico della droga. E infatti nei testi delle canzoni spesso si esaltano i camorristi e i loro sicari, i latitanti e i carcerati, mentre a volte si offendono gratuitamente i pentiti o le forze dell’ordine.
Da Napoli la musica neomelodica è seguita in tutto il mondo grazie ai video diffusi in rete e seguiti anche in altri paesi europei e addirittura americani. Il mercato si fonda su un sistema molto semplice: a volte non esiste un cd originale della canzone e produttori e distributori incidono direttamente un falso. Il giro d’affari è di circa 200 milioni di euro all’anno, tutti in nero. Alcuni investono i proventi nell’acquisto di mezzi radiofonici: si contano 165 radio e 77 tv locali di proprietà dei più audaci, che gestiscono anche canali digitali dove 24 ore su 24 sono trasmesse canzoni neo-melodiche e dove appaiono una serie di contatti (indirizzo e-mail, numeri di telefono, profili facebook, ecc.) che permettono di allargare l’area dei fruitori.
Anche matrimoni, comunioni, feste di compleanno e qualsiasi altra ricorrenza possono essere la circostanza per l’esibizione dei cantanti neomelodici, il cui cachet varia dai 300 ai 1000 euro a canzone. Strappando lacrime di gioia e commozione, il singolare artista rientra perfettamente nella tradizione della musica napoletana, dove, secondo l’antropologo Marino Niola, “il canto e il pianto hanno lo stesso suono”.
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