Michele Sinisi, regista e attore della compagnia Teatro Minimo, porta in scena "L'arte della commedia". Testo del 1965 appare ancora oggi di bruciante attualità nel rivendicare al teatro un ruolo nella formazione di una coscienza critica dei cittadini
Città Nuova - Se il Teatro può essere talvolta specchio dei tempi, quale testo allora più rappresentativo de L’arte della commedia di Eduardo De Filippo? Scritto nel 1965, e poco frequentato, in esso Eduardo affronta in modo rigoroso e articolato un discorso sulla sua visione del teatro, denunciando anche le tante disattenzioni nei confronti del mondo della scena, e quindi degli attori, degli autori, del pubblico e perfino degli edifici teatrali. Oggi, purtroppo, niente sembra essere cambiato. Il grande tema che il protagonista Campese evidenzia nella Commedia – se il teatro debba o no essere di pubblica utilità e d’interesse nazionale, e l’indifferenza dei vari governi che per distrarre le masse dall'avere un'opinione indirizzano la cultura di massa in una direzione tanto edonista quanto deleteria –, è ancora lì con rinnovata attualità. Vi troviamo, inoltre, il più vasto tema della dignità del lavoro e del riconoscimento di questa dignità, parola molto adoperata nella commedia. C’è, insomma, un discorso più ampio di morale e di etica.
La storia è quella di una compagnia di guitti, tutti famigliari del capocomico Oreste Campese, il quale, avendo perso il proprio capannone in un incendio dal quale è riuscito a salvare solo trucchi e costumi, disperato si rivolge al nuovo prefetto De Caro esponendogli i problemi della compagnia e invitandolo allo spettacolo che si terrà nel teatro comunale del paese, con la speranza che la sua autorevole presenza attiri pubblico.
Quasi subito i due saranno impegnati in un serrato confronto sull’importanza dell’esprimersi sul palcoscenico, sulla condizione di vita degli attori, sul repertorio. Per il primo il teatro rappresenta un mezzo di sopravvivenza e una missione, per il secondo invece esso è intrattenimento, quindi si può farne a meno. La discussione degenererà a causa di divergenze di opinioni e il prefetto consegnerà al capocomico un “foglio di via”, perché possa lasciare il paese a spese della prefettura. In seguito, però, al casuale scambio di una lista di nomi di persone che devono essere ricevute dal prefetto, Campese gli lancia una sfida: sarà in grado De Caro di distinguere fra le persone reali e i suoi possibili attori travestiti? Così, nell’avvicendarsi di un medico condotto, di un prete, di una maestra elementare e di un farmacista – persone che avevano chiesto udienza presentando i loro casi – il prefetto crede che tutti siano gli attori camuffati. Chiamando infine il maresciallo, che dovrebbe arrestare Campese, questi gli suscita ancora una volta l’interrogativo se sia anch’egli reale o un altro attore travestito.
La volontà da parte di Michele Sinisi, regista e attore della compagnia Teatro Minimo, di portare in scena il testo di Eduardo, nasce dall’episodio reale del furto del camion con scene e costumi per lo spettacolo Le scarpe, previsto in una tappa romana. Senza arrendersi la compagnia andò in scena ugualmente. Da questo episodio, che trova un parallelo nella storia di Campese, l’idea e la richiesta di “permesso” di rappresentazione a Luca De Filippo. Ed ecco uno spettacolo su una scena scarna con solo due porte, una finestra e una scrivania da ufficio con relative sedie, e un gruppo di bravi attori in abiti d’epoca. L’inizio è a luci accese e sipario chiuso, col protagonista che, accendendosi una sigaretta lentamente, si rivolge al pubblico spiegando ciò che è successo. Da qui l’avvio della vicenda che si svolge tutta all’interno dell’ufficio del prefetto, con un primo atto verboso, e a tratti ripetitivo, e un secondo più movimentato.
Ci saremmo, però, aspettati da questa compagnia d’indubbia bravura, una messinscena meno tradizionale, ma più consona ad una lettura contemporanea che, mantenendo il significato profondo, traesse dal testo la struttura portante, il nucleo emotivo, per virare verso una più approfondita ricerca di un proprio linguaggio scenico. Insomma, una scomposizione del testo per una nuova ricomposizione. Inoltre, la mescolanza dialettale e, in alcuni, un’accesa caratterizzazione del personaggio, penalizza lo spettacolo. Per il quale vale sempre, specie sulla scena, tendere a sottrarre piuttosto che ad aggiungere.
Visto al Piccolo Eliseo di Roma. In tournée: il 24/3 al Teatro degli Angeli di Montelupone (MC), il 25 al teatro Mengoni di Magione (PG), il 26 al Teatro Odeon di Roseto degli Abruzzi (Te), il 4 e 5/4 al Teatro della Mela di Pace della Mela (Me), il 18 al Teatro Rossini di Gioia Del Colle (Ba), da 19 al 21 al Teatro Abeliano di Bari.
Città Nuova - Se il Teatro può essere talvolta specchio dei tempi, quale testo allora più rappresentativo de L’arte della commedia di Eduardo De Filippo? Scritto nel 1965, e poco frequentato, in esso Eduardo affronta in modo rigoroso e articolato un discorso sulla sua visione del teatro, denunciando anche le tante disattenzioni nei confronti del mondo della scena, e quindi degli attori, degli autori, del pubblico e perfino degli edifici teatrali. Oggi, purtroppo, niente sembra essere cambiato. Il grande tema che il protagonista Campese evidenzia nella Commedia – se il teatro debba o no essere di pubblica utilità e d’interesse nazionale, e l’indifferenza dei vari governi che per distrarre le masse dall'avere un'opinione indirizzano la cultura di massa in una direzione tanto edonista quanto deleteria –, è ancora lì con rinnovata attualità. Vi troviamo, inoltre, il più vasto tema della dignità del lavoro e del riconoscimento di questa dignità, parola molto adoperata nella commedia. C’è, insomma, un discorso più ampio di morale e di etica.
La storia è quella di una compagnia di guitti, tutti famigliari del capocomico Oreste Campese, il quale, avendo perso il proprio capannone in un incendio dal quale è riuscito a salvare solo trucchi e costumi, disperato si rivolge al nuovo prefetto De Caro esponendogli i problemi della compagnia e invitandolo allo spettacolo che si terrà nel teatro comunale del paese, con la speranza che la sua autorevole presenza attiri pubblico.
Quasi subito i due saranno impegnati in un serrato confronto sull’importanza dell’esprimersi sul palcoscenico, sulla condizione di vita degli attori, sul repertorio. Per il primo il teatro rappresenta un mezzo di sopravvivenza e una missione, per il secondo invece esso è intrattenimento, quindi si può farne a meno. La discussione degenererà a causa di divergenze di opinioni e il prefetto consegnerà al capocomico un “foglio di via”, perché possa lasciare il paese a spese della prefettura. In seguito, però, al casuale scambio di una lista di nomi di persone che devono essere ricevute dal prefetto, Campese gli lancia una sfida: sarà in grado De Caro di distinguere fra le persone reali e i suoi possibili attori travestiti? Così, nell’avvicendarsi di un medico condotto, di un prete, di una maestra elementare e di un farmacista – persone che avevano chiesto udienza presentando i loro casi – il prefetto crede che tutti siano gli attori camuffati. Chiamando infine il maresciallo, che dovrebbe arrestare Campese, questi gli suscita ancora una volta l’interrogativo se sia anch’egli reale o un altro attore travestito.
La volontà da parte di Michele Sinisi, regista e attore della compagnia Teatro Minimo, di portare in scena il testo di Eduardo, nasce dall’episodio reale del furto del camion con scene e costumi per lo spettacolo Le scarpe, previsto in una tappa romana. Senza arrendersi la compagnia andò in scena ugualmente. Da questo episodio, che trova un parallelo nella storia di Campese, l’idea e la richiesta di “permesso” di rappresentazione a Luca De Filippo. Ed ecco uno spettacolo su una scena scarna con solo due porte, una finestra e una scrivania da ufficio con relative sedie, e un gruppo di bravi attori in abiti d’epoca. L’inizio è a luci accese e sipario chiuso, col protagonista che, accendendosi una sigaretta lentamente, si rivolge al pubblico spiegando ciò che è successo. Da qui l’avvio della vicenda che si svolge tutta all’interno dell’ufficio del prefetto, con un primo atto verboso, e a tratti ripetitivo, e un secondo più movimentato.
Ci saremmo, però, aspettati da questa compagnia d’indubbia bravura, una messinscena meno tradizionale, ma più consona ad una lettura contemporanea che, mantenendo il significato profondo, traesse dal testo la struttura portante, il nucleo emotivo, per virare verso una più approfondita ricerca di un proprio linguaggio scenico. Insomma, una scomposizione del testo per una nuova ricomposizione. Inoltre, la mescolanza dialettale e, in alcuni, un’accesa caratterizzazione del personaggio, penalizza lo spettacolo. Per il quale vale sempre, specie sulla scena, tendere a sottrarre piuttosto che ad aggiungere.
Visto al Piccolo Eliseo di Roma. In tournée: il 24/3 al Teatro degli Angeli di Montelupone (MC), il 25 al teatro Mengoni di Magione (PG), il 26 al Teatro Odeon di Roseto degli Abruzzi (Te), il 4 e 5/4 al Teatro della Mela di Pace della Mela (Me), il 18 al Teatro Rossini di Gioia Del Colle (Ba), da 19 al 21 al Teatro Abeliano di Bari.
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