lunedì, ottobre 22, 2012
“Due anni di carcere per un telefonino rubato sono davvero troppi per un ragazzo” dice alla MISNA padre Giuseppe Berton, un missionario saveriano che vive in Sierra Leone da 40 anni. Con il suo Movimento delle case famiglia aiuta i giovani di strada, in cerca di un’identità in un paese che sta vivendo grandi cambiamenti.

Misna- La convinzione di fondo di padre Giuseppe è che tutto, anche un carcere minorile, possa essere trasformato in una casa in grado di accogliere e confortare. È accaduto davvero così per la scuola gestita dai volontari del Movimento, una struttura che ospita 1400 ragazzi con vite ed esperienze differenti tra loro ma tutte ugualmente dolorose. “La Sierra Leone – dice il missionario – sta vivendo un fenomeno intenso di urbanizzazione dopo che la guerra civile ha distrutto villaggi, culture e tradizioni”. È proprio la mancanza di legami a costituire il rischio maggiore per i tanti ragazzi finiti sulle strade di Freetown prima o dopo la fine del conflitto nel 2002. “Uno dei problemi più grandi di questi giovani – sottolinea padre Giuseppe – è capire a chi appartengano”. Per i più fortunati ci sono le case famiglia o la scuola di padre Giuseppe, dove insegnano e lavorano circa 70 volontari. Nessuno di loro è un prete perché, dice il missionario, “bisogna responsabilizzare i laici nell’esercizio della carità”.

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