Il bilancio non realizza tutte le promesse elettorali fatte dal capo del Cremlino. L'esecutivo è riuscito a trovare i fondi necessari prelevandoli dalle casse della statale Rosneftegaz, regno indiscusso del fedelissimo di Putin, Igor Sechin. Guerra aperta sulle privatizzazioni del petrolio.
AsiaNews - Il settore energetico è tornato ad essere terreno di scontro tra l'ala liberale del governo e il presidente Putin. Ciò avviene nell'imminenza della discussione alla Duma del bilancio pubblico 2013-2015, il prossimo 1° ottobre. Il capo del Cremlino, Vladimir Putin, ha strigliato l'esecutivo per aver presentato un budget che, di fatto - con le entrate a disposizione - riconosce l'insostenibilità delle sue promesse elettorali (tra cui l'aumento delle pensioni). In risposta alle critiche, il ministero delle Finanze ha trovato i fondi di bilancio per l'attuazione dei piani presidenziali: i proventi della statale Rosneftegaz, di cui il numero uno è l'ex ministro dell'Energia e architetto della politica energetica putiniana, Igor Sechin (a sin. nella foto). Tali fondi erano finora ritenuti intoccabili.
La proposta del premier Dmitri Medvedev è quella di far confluire nel bilancio il 95% dei 130 miliardi di rubli (4,2 miliardi di euro) di dividendi raccolti dalla società pubblica grazie alla sua partecipazioni azionarie in Gazprom (11%) e nella major prolifera Rosneft (75%), sempre guidata da Sechin. A questo proposito, lo stesso Sechin ha già ricevuto accuse di "conflitto di interessi" da parte del vice premier Arkady Dvorkovich (fedelissimo di Medvedev).
Il premier ha promesso che i fondi Rosneftegaz saranno spesi non solo per realizzare i decreti del presidente, ma anche per progetti di sviluppo nel Lontano oriente russo, cavallo di battaglia della campagna elettorale putiniana. La mossa di Medvedev ha un chiaro risvolto politico. Secondo gli analisti: l'"espropriazione" di Rosneftegaz, come l'hanno chiamata alcuni giornali, rende economicamente irrealizzabili le mire di Sechin (acerrimo nemico del premier) di espandere la presenza statale nell'industria energetica russa, attraverso la partecipazione della sua Rosneftegaz nel vasto programma di privatizzazioni del settore. Il potente ex ministro si è lamentato con Putin, del quale è da anni saldo alleato, ma il capo del Cremlino per ora non si è esposto. Probabilmente si arriverà a un compromesso già ipotizzato tra le righe da Dvorkovich che il 28 settembre ha ridimensionato la percentuale dei fondi da "prelevare", parlando di una somma oscillante tra il 50% e il 95%.
Dal punto di vista formale, il governo non ha bisogno dell'approvazione della presidenza per decidere sui dividendi di Rosneftegaz, ma "si stanno tenendo consultazioni" con l'amministrazione Putin, ha detto Dvorkovich. Rivelando così che la battaglia è ancora aperta.
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