venerdì, agosto 10, 2012
Il nostro cammino sulle orme di Chiara si conclude oggi, nel giorno in cui si celebra il Transito di santa Chiara, con la testimonianza delle Sorelle Clarisse del Monastero di Sant’Antonio al Noce in Camposampiero, Padova

Da Lecce a Milano, da Bari a Cortona fermandoci a Paganica e a Rimini, abbiamo potuto constatare quanto il carisma di Chiara d’Assisi sia attuale, oggi più che mai, e come sia vissuto concretamente dalle clarisse nella sua essenza, storicizzandolo nel luogo e nell’ambiente in cui sono chiamate a testimoniare. Domani, 11 agosto 2012, si concluderà l’VIII centenario della consacrazione di santa Chiara: ci auguriamo che questo breve ma intenso pellegrinaggio nei monasteri clariani abbia offerto ai lettori de La Perfetta Letizia una conoscenza maggiore e profonda della spiritualità clariana e della presenza silenziosa ma ferma, decisa ed efficace di tante donne che ancora oggi scelgono di vivere il Vangelo “senza nulla di proprio, in castità e obbedienza”. E da questa scelta riescono ad essere vicine a tutti gli uomini e le donne che vivono ‘al di qua’ delle grate.

L’11 agosto del 1253, sulle soglie della Vita, nell’eterno abbraccio del Padre, santa Chiara diceva a se stessa: “Va’ sicura perché hai buona guida nel viaggio. Va’, perché Colui che ti ha creata ti ha santificata; e, custodendoti sempre come la madre il figlio, ti ha amato di tenero amore. Tu, o Signore, sii benedetto, che mi hai creata”. Noi figlie, madri e sorelle clarisse del monastero di “Sant’Antonio al Noce” in Camposampiero (Pd), nella povertà del quotidiano che pare perpetuarsi giorno dopo giorno, cerchiamo di vivere, in particolare, le parole ultime con cui santa Chiara suggellò il proprio pellegrinaggio terreno.

La paziente accoglienza di sé, delle proprie fragilità, dei propri limiti, inabitati amorevolmente dal Padre delle Misericordie, portati nella carne del Verbo, vivificati dallo Spirito, apre spazi infiniti di libertà da se stessi e per gli altri; apre al desiderio dell’incontro, sempre più intimo, con Colui che solo sa custodirci e che sempre ci ama per primo. Tale consapevolezza ci sprona a condividere quest’esperienza d’amore misericordioso tra noi sorelle e con i tanti che ci visitano.

I frutti sono preziosi e, davvero, il quotidiano ci sussurra la dolce promessa dello Sposo: “Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto…” (Mt 19, 29). Infinite volte, infatti, chi bussa da noi, cercando conforto, preghiere, ascolto, si fa inconsapevole testimone per noi della Bellezza dell’Opera di Dio, che ama collaborare con la piccola realtà delle sue creature, fragili eppur redente e capaci di Dio. E cosa dilata di più il cuore di vedere una madre che custodisce il figlio, amandolo di tenero amore?

Chi bussa cerca fede, conforto, speranza; trova il nostro “piccolo” calore umano, la nostra “piccola” accoglienza, la nostra “piccola” pazienza, che vorrebbero farsi specchio dell’amore misericordioso conosciuto, incontrato, sperimentato. Chi bussa se ne va un po’ confortato, sollevato e ci ringrazia, senza sapere che lascia nel nostro cuore il profumo della Vita che sorregge la vita, della Vita che ha sete dell’uomo. Tanti “piccoli”, che resistono ai marosi del tempo con perseveranza commovente e semplicità d’animo, sono talmente radicati nella Vita che è Lui, da ignorare la propria fede solida come la roccia. Questi “piccoli” chiedono preghiere di intercessione, ma come non cantare le lodi di Dio Altissimo che compie il Bene sempre?

Si rivolgono a noi anche poveri, affamati e assetati, che cercano semplicemente cibo, e che possiamo soccorrere grazie alla sovrabbondante Provvidenza che ispira tanti benefattori, puntualmente quando nella nostra dispensa cominciano scarseggiare i viveri. I poveri sono tanti, sono in aumento: la crisi economica si sente fortemente anche qui nel Nord-est. Si percepisce la difficoltà delle famiglie di far fronte alle minime spese; tanti piangono la perdita del posto di lavoro.

Noi ascoltiamo. Preghiamo e ascoltiamo. Certamente i tempi fanno emergere situazioni di degrado e forte disagio economico cui è necessario far fronte, ma ciò di cui veramente percepiamo che la comunità sociale abbisogna, nel nostro contesto locale, è di essere nuovamente aperta al cielo, ai grandi spazi che non si possono conquistare e davanti ai quali, proprio per ciò, l’uomo può liberarsi dalla schiavitù dell’autorealizzazione, dell’efficienza, della perfezione, del successo.

Vivere il “limite” proprio e del mondo, la “carne”, come luogo di incontro con Dio, lasciandosi custodire da Dio; testimoniare la fiducia nella Provvidenza divina anche quando umanamente travolgerebbe la disperazione; vivere nel mondo indicando altri orizzonti; accogliere; ascoltare; incontrare le persone; farle sentire “preziose” anche se sconosciute; raccogliere le loro lacrime; condividere le loro gioie… Piccole cose: meno di cinque pani e due pesci. Piccole realtà affidate a Lui.

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