“La sofferenza è quel continente di cui nessun può dire di aver raggiunto i confini”.
Radio Vaticana - “Mediante la sofferenza è possibile progredire nel dono di sé e raggiungere il grado più alto dell’amore”: questi due pensieri del Beato Giovanni Paolo II sono stati richiamati dal cardinale George Cottier, teologo emerito della Casa Pontificia, nel suo discorso al convegno in corso oggi in Vaticano sul tema “La Sapienza della Croce nel pensiero e nella testimonianza del Beato Giovanni Paolo II” promosso dalla Università Lateranense. Il cardinale - riferisce l'agenzia Sir - ha svolto una lunga riflessione sulla spiritualità di Papa Wojtyla, segnata dalle vicende personali e familiari sin da giovanissimo con la perdita della madre quando aveva 9 anni, quattro anni dopo dalla morte del fratello maggiore che era medico, a 21 anni dalla scomparsa del padre “suo maestro spirituale”. “A quel punto il giovane Wojtyla si affida a Dio solo e mostrerà lungo tutto il corso della sua esistenza una grande e intensa attenzione a tutte le forme di sofferenza”, ha notato il relatore richiamando le fonti spirituali di questa predisposizione interiore: da un lato gli scritti di San Luigi Maria Grignon de Monfort (“Trattato della vera devozione a Maria”) e dall’altro quelli di San Giovanni della Croce. “Tutta la biografia del Beato Giovanni Paolo II è segnata dalla sofferenza e da una acuta sensibilità che Karol Wojtyla ha mostrato nei suoi confronti fin da giovanissimo”, ha proseguito il cardinale Cottier nel suo discorso sulla “Sapienza della Croce” nel Papa Beato. “Di fronte alla massa enorme di sofferenza dell’umanità, che a volte sembra smisurata e crudele, molti cedono e si ribellano - ha detto - perché alcune forme di sofferenza sono senza risposta. Negli insegnamenti di Papa Wojtyla però il dolore non è senza significato, anzi tramite la fede ci fa partecipi in maniera profonda al mistero stesso di Dio”. Il cardinale ha citato la visita fatta dal Papa, il giorno dopo l’elezione, all’allora mons. Deskur ricoverato al “Gemelli” di Roma per una grave malattia, durante la quale Giovanni Paolo II “si è rivolto ai malati, stupefatti di trovarselo in mezzo a loro, chiedendo la loro preghiera che mi dà - disse il Papa - una forza speciale per compiere meno indegnamente i compiti che mi sono affidati con questo ministero”. Ancora più eloquente, secondo il cardinale Cottier, “il dono della sua sofferenza a Dio e per la Chiesa all’indomani dell’attentato del 13 maggio 1981, le cui conseguenze si faranno sentire per tutta la vita del Papa e che lui offrirà come sacrificio per accompagnare la Chiesa all’ingresso del terzo millennio dell’era cristiana”. (R.P.)
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