Sono passati un anno e 26 giorni dall’inizio della rivolta siriana e il numero delle vittime non è più quantificabile: sono troppe per riuscire a contarle.
di Aya Homsi
Oggi è uno dei giorni più difficili per me, in una settimana in cui 2 amici sono deceduti e ieri un altro amico è stato arrestato dai servizi segreti di Assad con l’unica colpa di scrivere e filmare le atroci azioni dei mercenari del regime. Scrivo questo articolo con mano ‘tremante‘ perché il pensiero dell’amico arrestato e sotto tortura crea in me un profondo turbamento, ma so che le mie parole sono la ‘voce’ di tante altre persone che conoscevo e che sono morte in nome della democrazia. Giovani vite di 20-25 anni che non vedranno mai il futuro che a loro spettava vivere.
Assad ha deciso che i giovani siriani non hanno diritto di vivere in un Paese democratico, non hanno diritto di descrivere su facebook quello che sta accadendo, non hanno diritto di pretendere un Paese migliore. Assad ha deciso che qualsiasi siriano che pretende la democrazia debba piangere un amico, un parente, un vicino di casa…
Un anno e 26 giorni di lotta estrema, di speranze infrante, di dolore e delusione per ogni persona che crede nella libertà, nell’uguaglianza e nella democrazia.
Non si ha più tempo per piangere la morte, non ti è permesso farlo perché bisogna portare avanti la voce di queste vite spezzate, e non puoi fermarti e soffrire perché ti senti dire che “è uno dei tanti”, tantissimi ragazzi uccisi ogni giorno in tutte le città della Siria. Ebbene neanche questo è giusto... Non si possono avere funerali, spesso non ti danno neanche i corpi dei tuoi cari, e non puoi fermarti a piangere perché il tuo parente/amico “è uno dei tanti”.
Un’intera generazione sta crescendo da più di un anno in queste condizioni disumane. Bambini siriani di pochi anni cantano gli slogan delle manifestazioni; manifestazioni quindi anche tra i banchi di scuola delle elementari... ma anche questo è un crimine: non è giusto che i bambini non possano giocare e cantare canzoni dei cartoni animati perché ora bisogna manifestare per la democrazia! Qualche giorno fa ho parlato con un bambino di 7 anni appena arrivato dalla Siria, e mi chiedeva cosa ne pensavo della Russia; gli ho rigirato la domanda e lui con disinvoltura mi ha risposto: "Li odio perché appoggiano il regime di Assad e vogliono i bambini siriani tutti morti!". Orgogliosa di questa generazione futura, un’emozione forte mi ha attraversato la mente: io che studio per diventare educatrice so che non è una crescita sana e giusta per un bambino di 7 anni, perché quel bambino ha una responsabilità di un uomo di 40 anni nel corpo di un giovane innocente.
Rimango qui con le parole del mio amico arrestato, parole che a pochi interessano, perché anche noi in Italia parliamo di Siria solo quando muore un giornalista occidentale e non quando il mio amico è sotto le torture del regime. Perché il mio amico “è uno dei tanti”…
di Aya HomsiOggi è uno dei giorni più difficili per me, in una settimana in cui 2 amici sono deceduti e ieri un altro amico è stato arrestato dai servizi segreti di Assad con l’unica colpa di scrivere e filmare le atroci azioni dei mercenari del regime. Scrivo questo articolo con mano ‘tremante‘ perché il pensiero dell’amico arrestato e sotto tortura crea in me un profondo turbamento, ma so che le mie parole sono la ‘voce’ di tante altre persone che conoscevo e che sono morte in nome della democrazia. Giovani vite di 20-25 anni che non vedranno mai il futuro che a loro spettava vivere.
Assad ha deciso che i giovani siriani non hanno diritto di vivere in un Paese democratico, non hanno diritto di descrivere su facebook quello che sta accadendo, non hanno diritto di pretendere un Paese migliore. Assad ha deciso che qualsiasi siriano che pretende la democrazia debba piangere un amico, un parente, un vicino di casa…
Un anno e 26 giorni di lotta estrema, di speranze infrante, di dolore e delusione per ogni persona che crede nella libertà, nell’uguaglianza e nella democrazia.
Non si ha più tempo per piangere la morte, non ti è permesso farlo perché bisogna portare avanti la voce di queste vite spezzate, e non puoi fermarti e soffrire perché ti senti dire che “è uno dei tanti”, tantissimi ragazzi uccisi ogni giorno in tutte le città della Siria. Ebbene neanche questo è giusto... Non si possono avere funerali, spesso non ti danno neanche i corpi dei tuoi cari, e non puoi fermarti a piangere perché il tuo parente/amico “è uno dei tanti”.
Un’intera generazione sta crescendo da più di un anno in queste condizioni disumane. Bambini siriani di pochi anni cantano gli slogan delle manifestazioni; manifestazioni quindi anche tra i banchi di scuola delle elementari... ma anche questo è un crimine: non è giusto che i bambini non possano giocare e cantare canzoni dei cartoni animati perché ora bisogna manifestare per la democrazia! Qualche giorno fa ho parlato con un bambino di 7 anni appena arrivato dalla Siria, e mi chiedeva cosa ne pensavo della Russia; gli ho rigirato la domanda e lui con disinvoltura mi ha risposto: "Li odio perché appoggiano il regime di Assad e vogliono i bambini siriani tutti morti!". Orgogliosa di questa generazione futura, un’emozione forte mi ha attraversato la mente: io che studio per diventare educatrice so che non è una crescita sana e giusta per un bambino di 7 anni, perché quel bambino ha una responsabilità di un uomo di 40 anni nel corpo di un giovane innocente.
Rimango qui con le parole del mio amico arrestato, parole che a pochi interessano, perché anche noi in Italia parliamo di Siria solo quando muore un giornalista occidentale e non quando il mio amico è sotto le torture del regime. Perché il mio amico “è uno dei tanti”…
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Sono presenti 2 commenti
Parole terribilmente vere e proprio per questo estremamente "commoventi",che ti toccano nel profondo.
Questa testimonianza qua in Italia della sofferenza del popolo siriano deve svegliare tutti noi! All'Università Orientale di Napoli abbiamo organizzato una pagina fb di solidarietà e d'informazione: studenti unior pro rivoluzione siriana. Siamo al fianco di chi lotta per la libertà e la democrazia.
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