Legambiente: Ecomafie da vent'anni business di Cosa nostra in Sicilia
Liberainformazione - Gli arresti in provincia di Palermo testimoniano ancora una volta come il ciclo dei rifiuti, sia uno dei mercati d'affari preferito dei clan mafiosi". Così il vicepresidente di Legambiente, Stefano Ciafani, ha commentato l'operazione "Sisma" che ieri ha portato all'arresto di 5 persone a Misilmeri, in provincia di Palermo, in una inchiesta che ha coinvolto vertici politici, imprenditoria e boss locali. Dopo la sentenza che in provincia di Messina, solo qualche settimana fa, ha portato a 130 anni di carcere e un ergastolo per la cosca dei Mazzaroti, coinvolta nell'operazione "Vivaio", un atto che certifica ingerenza di cosche in rifiuti in Sicilia, arriva una ulteriore conferma: "gli interessi di Cosa nostra sono sempre più concentrati sulle aziende e i consorzi che si occupano della gestione dei rifiuti". "Da almeno vent'anni le organizzazioni criminali hanno investito in questo settore guadagnando immensi profitti a fronte di pochi rischi a causa delle lacune normative - ha detto Ciafani -. E anche il caso palermitano testimonia come il business dell'ecomafia siciliana si alimenti anche attraverso l'infiltrazione nella gestione "legale" del ciclo dei rifiuti inquinandolo". Le indagini hanno portato alla luce il sistema d'influenze esercitato dalla mafiasull'Ato4 di Palermo, di cui fanno parte 22 comuni, penetrando all'interno del Coinres, il Consorzio intercomunale rifiuti energia servizi.
"In provincia di Palermo - ha aggiunto Mimmo Fontana, presidente Legambiente Sicilia - è la terza operazione che la magistratura fa scoprendo la presenza radicata delle organizzazioni mafiose nella gestione dei rifiuti. E per quanto riguarda il Coinres, si tratta del peggiore Ato della Sicilia; quindi ciò che è avvenuto questa mattina non ci sorprende. C'è inoltre da aggiungere che il coinvolgimento sia di un candidato al consiglio comunale di Palermo sia del presidente del consiglio comunale di Misilmeri, dimostrano come nei reati legati ai rifiuti, come in quelli ambientali, sia evidente come il potere mafioso si rafforza anche grazie alla collaborazione dei colletti bianchi".
Alla denuncia di Legambiente si associa la Confindustria Sicilia. Giuseppe Catanzaro, Vice Presidente vicario dell'associazione degli industriali nella regione: "Le indagini - dichiara Catanzaro - confermano che il ciclo integrato dei rifiuti continua a essere oggetto di gravi interferenze da parte della criminalita' organizzata con appoggi all'interno della pubblica amministrazione. Si apprende, grazie alle indagini, quali fossero gli interessi illeciti nella gestione del ciclo dei rifiuti ed in particolare la massiccia penetrazione mafiosa all'interno del Coinres: penetrazione che ha consentito a Cosa nostra guadagni ingenti attraverso un'impresa direttamente riconducibile ai boss e che e' risultata fittiziamente intestata a terzi e per questo sottoposta a sequestro".
Un business ormai inserito nell' economia legale tanto che - confermano dalla Confindustria -non si può parlare di mercato libero e competitivo e l'azione dei Magistrati e delle Forze di Polizia non puo' da sola assicurare che il mercato funzioni. [...] Questo, concludono - e' un tema che riguarda l'impresa e la politica, che non puo' far finta di nulla e deve potersi 'autoregolare' per governare efficacemente la cosa pubblica".
Liberainformazione - Gli arresti in provincia di Palermo testimoniano ancora una volta come il ciclo dei rifiuti, sia uno dei mercati d'affari preferito dei clan mafiosi". Così il vicepresidente di Legambiente, Stefano Ciafani, ha commentato l'operazione "Sisma" che ieri ha portato all'arresto di 5 persone a Misilmeri, in provincia di Palermo, in una inchiesta che ha coinvolto vertici politici, imprenditoria e boss locali. Dopo la sentenza che in provincia di Messina, solo qualche settimana fa, ha portato a 130 anni di carcere e un ergastolo per la cosca dei Mazzaroti, coinvolta nell'operazione "Vivaio", un atto che certifica ingerenza di cosche in rifiuti in Sicilia, arriva una ulteriore conferma: "gli interessi di Cosa nostra sono sempre più concentrati sulle aziende e i consorzi che si occupano della gestione dei rifiuti". "Da almeno vent'anni le organizzazioni criminali hanno investito in questo settore guadagnando immensi profitti a fronte di pochi rischi a causa delle lacune normative - ha detto Ciafani -. E anche il caso palermitano testimonia come il business dell'ecomafia siciliana si alimenti anche attraverso l'infiltrazione nella gestione "legale" del ciclo dei rifiuti inquinandolo". Le indagini hanno portato alla luce il sistema d'influenze esercitato dalla mafiasull'Ato4 di Palermo, di cui fanno parte 22 comuni, penetrando all'interno del Coinres, il Consorzio intercomunale rifiuti energia servizi."In provincia di Palermo - ha aggiunto Mimmo Fontana, presidente Legambiente Sicilia - è la terza operazione che la magistratura fa scoprendo la presenza radicata delle organizzazioni mafiose nella gestione dei rifiuti. E per quanto riguarda il Coinres, si tratta del peggiore Ato della Sicilia; quindi ciò che è avvenuto questa mattina non ci sorprende. C'è inoltre da aggiungere che il coinvolgimento sia di un candidato al consiglio comunale di Palermo sia del presidente del consiglio comunale di Misilmeri, dimostrano come nei reati legati ai rifiuti, come in quelli ambientali, sia evidente come il potere mafioso si rafforza anche grazie alla collaborazione dei colletti bianchi".
Alla denuncia di Legambiente si associa la Confindustria Sicilia. Giuseppe Catanzaro, Vice Presidente vicario dell'associazione degli industriali nella regione: "Le indagini - dichiara Catanzaro - confermano che il ciclo integrato dei rifiuti continua a essere oggetto di gravi interferenze da parte della criminalita' organizzata con appoggi all'interno della pubblica amministrazione. Si apprende, grazie alle indagini, quali fossero gli interessi illeciti nella gestione del ciclo dei rifiuti ed in particolare la massiccia penetrazione mafiosa all'interno del Coinres: penetrazione che ha consentito a Cosa nostra guadagni ingenti attraverso un'impresa direttamente riconducibile ai boss e che e' risultata fittiziamente intestata a terzi e per questo sottoposta a sequestro".
Un business ormai inserito nell' economia legale tanto che - confermano dalla Confindustria -non si può parlare di mercato libero e competitivo e l'azione dei Magistrati e delle Forze di Polizia non puo' da sola assicurare che il mercato funzioni. [...] Questo, concludono - e' un tema che riguarda l'impresa e la politica, che non puo' far finta di nulla e deve potersi 'autoregolare' per governare efficacemente la cosa pubblica".
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