La Città Ideale. Un’utopia, un’opera d’arte, ma soprattutto un emblema della filosofia e della cultura fiorite ad Urbino nella seconda metà del Quattrocento attorno alla corte del duca di Montefeltro.
Ra
dioVaticana - Ad essa è dedicata la mostra allestita nel Palazzo Ducale della città marchigiana fino al prossimo 8 luglio. 50 le opere tra dipinti, sculture, disegni e codici miniati. Tra i nomi spiccano Piero della Francesca, Luca Signorelli, Mantegna, Perugino, Bramante e Raffaello. Al microfono di Paolo Ondarza la curatrice, Lorenza Mohi Onori: ascolta
R. – La città di Urbino si rispecchia in questo dipinto famosissimo, un manifesto della cultura di Federico da Montefeltro, che era un personaggio assai particolare, molto versato per le scienze e la matematica, che raccolse attorno a sé il meglio della cultura del momento, essendo anche amico di Leon Battista Alberti. C’è un momento quasi magico di rapporto fra l’architetto ed il signore, che, insieme, vogliono riflettere, nella città, l’armonia fra il potere e la realtà civile, con un ritorno dell’uomo al centro del mondo.
D. – Tra le opere esposte – prima fra tutte ‘La città ideale’ – emerge questo senso di fiducia nell’uomo, del suo essere misura del cosmo…
R. – Sì. La famosa ‘Divina proporzione’ di Luca Pacioli, che nasce dalla “realtà misurata” e che è uno specchio della Volontà e della Creazione divina. L’uomo-artefice si riallaccia a questo concetto e si ispira alla volontà divina nel creare: in questo modo egli diviene nella concezione rinascimentale il centro dell’universo. Egli crea, è artefice, ad immagine e somiglianza di Dio. Questa cultura di armonia, di divina proporzione è quella di Raffaello: lui nasce proprio da qui, quello urbinate è il suo contesto, la sua matrice, che si esprime nelle Stanze vaticane in maniera chiarissima.
D. – L’utopia della Città Ideale, ad Urbino, divenne realtà…
R. – Sì. ‘La città in forma di palazzo’, come la definirà Baldassarre Castiglione: il palazzo di Federico si apre, abbraccia la città con le due ali che indicano proprio un rapporto di pace e di armonia con la città. Sono concetti che, naturalmente, si possono rispecchiare in moltissimi altri momenti della cultura italiana: penso soprattutto alla Firenze di Lorenzo il Magnifico, amico di Federico. Anche lui godeva dell’appoggio del popolo.
D. – Che cosa dice, al nostro tempo, quest’ideale di armonia professato nel Rinascimento italiano?
R. –Questa ricerca di armonia non è fine a se stessa: è anche un discorso politico. E’ un equilibrio fra il potere e la società stessa. Certo, si tratta di un momento storico “magico” che non si ripeterà, ma credo che credere nella possibilità dell’armonia tra potere e società sarebbe certamente un aspetto da recuperare. (vv)
Ra
dioVaticana - Ad essa è dedicata la mostra allestita nel Palazzo Ducale della città marchigiana fino al prossimo 8 luglio. 50 le opere tra dipinti, sculture, disegni e codici miniati. Tra i nomi spiccano Piero della Francesca, Luca Signorelli, Mantegna, Perugino, Bramante e Raffaello. Al microfono di Paolo Ondarza la curatrice, Lorenza Mohi Onori: ascoltaR. – La città di Urbino si rispecchia in questo dipinto famosissimo, un manifesto della cultura di Federico da Montefeltro, che era un personaggio assai particolare, molto versato per le scienze e la matematica, che raccolse attorno a sé il meglio della cultura del momento, essendo anche amico di Leon Battista Alberti. C’è un momento quasi magico di rapporto fra l’architetto ed il signore, che, insieme, vogliono riflettere, nella città, l’armonia fra il potere e la realtà civile, con un ritorno dell’uomo al centro del mondo.
D. – Tra le opere esposte – prima fra tutte ‘La città ideale’ – emerge questo senso di fiducia nell’uomo, del suo essere misura del cosmo…
R. – Sì. La famosa ‘Divina proporzione’ di Luca Pacioli, che nasce dalla “realtà misurata” e che è uno specchio della Volontà e della Creazione divina. L’uomo-artefice si riallaccia a questo concetto e si ispira alla volontà divina nel creare: in questo modo egli diviene nella concezione rinascimentale il centro dell’universo. Egli crea, è artefice, ad immagine e somiglianza di Dio. Questa cultura di armonia, di divina proporzione è quella di Raffaello: lui nasce proprio da qui, quello urbinate è il suo contesto, la sua matrice, che si esprime nelle Stanze vaticane in maniera chiarissima.
D. – L’utopia della Città Ideale, ad Urbino, divenne realtà…
R. – Sì. ‘La città in forma di palazzo’, come la definirà Baldassarre Castiglione: il palazzo di Federico si apre, abbraccia la città con le due ali che indicano proprio un rapporto di pace e di armonia con la città. Sono concetti che, naturalmente, si possono rispecchiare in moltissimi altri momenti della cultura italiana: penso soprattutto alla Firenze di Lorenzo il Magnifico, amico di Federico. Anche lui godeva dell’appoggio del popolo.
D. – Che cosa dice, al nostro tempo, quest’ideale di armonia professato nel Rinascimento italiano?
R. –Questa ricerca di armonia non è fine a se stessa: è anche un discorso politico. E’ un equilibrio fra il potere e la società stessa. Certo, si tratta di un momento storico “magico” che non si ripeterà, ma credo che credere nella possibilità dell’armonia tra potere e società sarebbe certamente un aspetto da recuperare. (vv)
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