Hanno causato 282 vittime le esplosioni che si sono verificate il 4 marzo al deposito di armi e munizioni di Mpila, quartiere nord-orientale di Brazzaville, e hanno raso al suolo centinaia di abitazioni nelle zone circostanti
Misna - L’ultimo bilancio aggiornato è stato dif
fuso nel fine settimana dal governo che, inoltre, ha precisato che “l’indagine per fare la luce sul fatto procede regolarmente e i risultati verranno pubblicati al momento opportuno”. Il numero delle vittime, che si aggirava attorno a 223 in base all’ultimo bilancio ufficiale dell’11 marzo, è continuato ad aumentare man mano che corpi sono stati rinvenuti sotto le macerie durante gli interventi di sminamento e bonifica delle aree danneggiate. La serie di potenti esplosioni ha anche provocato 2300 feriti e 14.000 sfollati.
A un mese dall’incidente, “le operazioni di sminamento e bonifica proseguono” ha dichiarato il ministro per la Pianificazione, Pierre Moussa. Il portavoce della polizia congolese, Jean Aive Allakoua, ha comunicato che finora 16 tonnellate di munizioni sono state recuperate e distrutte in un sito appositamente allestito 60 chilometri a nord della capitale. Oltre alle forze armate congolesi, diverse organizzazioni internazionali sono impegnate nell’intervento, tra cui la britannica ‘Mag’ e ‘Handicap International’, ma anche militari angolani, beninesi e francesi.
Nel frattempo, il governo ha cominciato a provvedere al pagamento di un’indennità di sostegno economico di tre milioni di franchi Cfa (circa 5.000 euro) alle famiglie sfollate che hanno avuto la propria abitazione distrutta nelle deflagrazioni. Il ministro delle Finanze, Gilbert Ondogo, ha denunciato “la mancanza di senso civico di alcuni cittadini che hanno iscritto sull’elenco nomi di persone pur sapendo che non possono pretendere alcun aiuto”. Sono circa 2.000 famiglie che hanno perso tutto nell’incidente e aspettano di ricevere un aiuto finanziario.
Un’altra polemica riguarda invece la causa delle esplosioni, da subito ufficialmente attribuita a un cortocircuito. Fonti della società civile e di opposizione continuano ad interrogarsi sul perché pericolosi depositi che contengono ingenti quantità di armi vengono collocati in popolosi quartieri al centro della capitale. Chiedono all’apposita Commissione nazionale di concludere quanto prima l’inchiesta per comunicare la verità ai cittadini. Da alcune indiscrezioni trapellate sulla stampa emerge che, dopo aver interrogato decine di ufficiali e funzionari, l’ipotesi del cortocircuito appare sempre più remota.
Misna - L’ultimo bilancio aggiornato è stato dif
fuso nel fine settimana dal governo che, inoltre, ha precisato che “l’indagine per fare la luce sul fatto procede regolarmente e i risultati verranno pubblicati al momento opportuno”. Il numero delle vittime, che si aggirava attorno a 223 in base all’ultimo bilancio ufficiale dell’11 marzo, è continuato ad aumentare man mano che corpi sono stati rinvenuti sotto le macerie durante gli interventi di sminamento e bonifica delle aree danneggiate. La serie di potenti esplosioni ha anche provocato 2300 feriti e 14.000 sfollati.A un mese dall’incidente, “le operazioni di sminamento e bonifica proseguono” ha dichiarato il ministro per la Pianificazione, Pierre Moussa. Il portavoce della polizia congolese, Jean Aive Allakoua, ha comunicato che finora 16 tonnellate di munizioni sono state recuperate e distrutte in un sito appositamente allestito 60 chilometri a nord della capitale. Oltre alle forze armate congolesi, diverse organizzazioni internazionali sono impegnate nell’intervento, tra cui la britannica ‘Mag’ e ‘Handicap International’, ma anche militari angolani, beninesi e francesi.
Nel frattempo, il governo ha cominciato a provvedere al pagamento di un’indennità di sostegno economico di tre milioni di franchi Cfa (circa 5.000 euro) alle famiglie sfollate che hanno avuto la propria abitazione distrutta nelle deflagrazioni. Il ministro delle Finanze, Gilbert Ondogo, ha denunciato “la mancanza di senso civico di alcuni cittadini che hanno iscritto sull’elenco nomi di persone pur sapendo che non possono pretendere alcun aiuto”. Sono circa 2.000 famiglie che hanno perso tutto nell’incidente e aspettano di ricevere un aiuto finanziario.
Un’altra polemica riguarda invece la causa delle esplosioni, da subito ufficialmente attribuita a un cortocircuito. Fonti della società civile e di opposizione continuano ad interrogarsi sul perché pericolosi depositi che contengono ingenti quantità di armi vengono collocati in popolosi quartieri al centro della capitale. Chiedono all’apposita Commissione nazionale di concludere quanto prima l’inchiesta per comunicare la verità ai cittadini. Da alcune indiscrezioni trapellate sulla stampa emerge che, dopo aver interrogato decine di ufficiali e funzionari, l’ipotesi del cortocircuito appare sempre più remota.
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