venerdì, aprile 27, 2012
Il punto di partenza sono le attività della Banca federale per il Medio Oriente (Fbme), l’istituto con sedi a Cipro e in Tanzania dove la Lega Nord avrebbe voluto investire 10 milioni di euro.  

Misna - “La Fbme – dice Mande – è la prima banca ad aver investito nei diamanti e in particolare nelle industrie per il taglio delle gemme”. Secondo le testimonianze di funzionari dell’Unità per l’intelligence finanziaria, i 10 milioni sono stati “congelati” dalla Banca della Tanzania. “L’istituto centrale – spiega Mande – è dotato di ampi poteri di controllo sulla base della legge per il contrasto al terrorismo e il riciclaggio di denaro”. Con il blocco dei fondi disposto dalla Banca della Tanzania è scattata l’inchiesta dell’Unità per l’intelligence finanziaria. Al centro degli accertamenti ci sarebbe il presunto trasferimento di cinque chili di oro nelle disponibilità della Lega Nord attraverso una società italiana. “Gli inquirenti – sostiene un’altra fonte della MISNA a Dar es Salaam – stanno verificando anche questa ipotesi: si tratterebbe di un illecito perché i lingotti non possono essere proprietà privata”. In Tanzania l’inchiesta sugli investimenti italiani sta suscitando interesse non solo tra gli addetti ai lavori. In un articolo a tutta pagina “The East African” ha utilizzato la parola “mafia” e accreditato una pista che condurrebbe ai De Stefano, una delle famiglie più potenti della ‘Ndrangheta di Reggio Calabria. Secondo Padre Vic Missiaen, segretario della Commissione giustizia e pace della Conferenza episcopale della Tanzania, l’inchiesta conferma il rischio rappresentato da faccendieri e speculatori per un paese del Sud del mondo ricco di risorse naturali. “Le istituzioni finanziarie della Tanzania sono state privatizzate di recente – scrive alla MISNA padre Missiaen – e il comparto si sta trasformando: è una fase delicata, e l’istituto centrale ha il compito di intervenire nei casi di banche che adottino comportamenti rischiosi”. Uno dei pericoli maggiori è la fuga all’estero di capitali messi su nell’industria estrattiva. “Tra la Tanzania, Zanzibar e il Medio Oriente – ricorda padre Missiaen – c’è un legame storico fondato sui traffici commerciali in un Oceano troppo grande per essere controllato”. Nel caso della Fbme è intervenuta la Banca della Tanzania, ma i pericoli restano in agguato. “Oltre ai diamanti e all’oro – sottolinea padre Missiean – ci sono l’avorio, il legname, la tanzanite: difficile che la storia finisca qui”

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