domenica, aprile 22, 2012
Un Papa popolare che piace per la sua grandezza morale, umiltà e mitezza   

di Alberto Giannino, Presidente Ass. culturale docenti cattolici 

Dopo sette di pontificato, Benedetto XVI, viene considerato dalla mentalità laicista un Pontefice conservatore, reazionario, ed oscurantista. Ovviamente non viene neanche considerato un Papa progressista, innovatore, e profetico. Qual'è la verità, dunque? Il Papa teologo, in realtà, ha come modello il buon Pastore che pasce le pecore del gregge di Cristo secondo l'insegnamento del Vangelo. Egli vive nel mondo ma senza i conformarsi alla mentalità di questo mondo. Non insegue la moda, il successo, e la popolarità, ma annuncia Cristo e il suo Vangelo fino agli estremi confini della terra. Questo è il suo mandato ed egli intende seguirlo alla lettera. Ma soprattutto è il Papa del Vaticano II come si evince dal suo autorevole magistero.

E' un Papa colto, raffinato, mite senza complessi di superiorità ma neanche di inferiorità, consapevole di svolgere il suo mandato per la Chiesa (Corpo mistico di Cristo e Popolo di Dio), il Collegio episcopale, il Clero, i Religiosi e le Religiose. Un Pastore, come esorta il suo Predecessore Pietro, che si comporta “non come dominatore dei fedeli, ma come modello del gregge cristiano” (cfr. 1 Petr. 5, 3). E’ un Papa umile che esercita in silenzio l’ autorità con la carità come suggerisce san Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi. Ma non c'e' contraddizione tra l'umiltà che caratterizza questo Pontificato e la grandezza intellettuale (e morale) dell'attuale Papa. Lo si comprende quando si identificano i quattro obiettivi che egli si e' dato: far vincere la pace nella verità e nella giustizia, promuovere una nuova evangelizzazione perché il mondo ha bisogno di Cristo, difendere e favorire l'unità dei cristiani e della Chiesa Cattolica, ripulire quest'ultima da sporcizia e carrierismi, mali contro i quali ha ingaggiato una durissima lotta.

Benedetto XVI inoltre guarda alle parole del Signore che all’ultima Cena ricorda: «Chi governa sia come uno che serve» (Lc 22, 26). E a quelle sapienti del Manzoni nel ritratto del Vescovo ideale, Federico Borromeo che il Papa fa sue ogni giorno: “Non ci esser giusta superiorità d’uomo sopra gli uomini, se non in loro servizio” (I Promessi Sposi, c. XXII). Nel suo ministero petrino Benedetto XVI ribadisce sempre l’attualità e l’importanza del Concilio Vaticano II con i suoi Decreti e le sue Costituzioni. Recentemente egli ha detto a tale riguardo: “Il Concilio Vaticano II è stato e resta un autentico segno di Dio anche per i nostri tempi. Esso si rivelerà una grande forza per il futuro della chiesa e per tutta la Chiesa un’occasione di rinnovamento spirituale e pastorale”.

Un Papa senza dubbio non conciliarista e nemmeno favorevole a un nuovo Concilio Ecumenico, ma certamente un Papa del Concilio. Che ci parla, nel suo magistero, di Dio, di Gesù, della Chiesa, della Bibbia, dei Padri e dei Dottori della Chiesa evidenziando la loro sapienza e la loro santità. Papa Benedetto XVI, ha iniziato il suo ottavo anno di pontificato, e, nonostante gli 85 anni compiuti, evangelizza in tutto il mondo senza risparmiarsi, annunciando Gesù Cristo Crocifisso e Risorto anche se ha stupito tutto il mondo parlando, nel suo compleanno, di “ultimo tratto della sua vita terrena” che starebbe vivendo. Scrive Lettere encicliche (tutti attendono quella sulla fede dopo quelle sulla speranza e carità), Discorsi, Omelie, incontra Cardinali, Vescovi, Capi di Stato e Ambasciatori. Nel tempo libero ama passeggiare, suonare il pianoforte, leggere, e scrivere il terzo libro su Gesù di Nazaret e giocare con la sua gattina nera Milly o come dice il fratello George guardare ogni tanto per rilassarsi il commissario Rex.

Il Papa tedesco parla al cuore di centinaia di migliaia di giovani (oltre un milione durante l’ultima GMG a Madrid) e compie Viaggi apostolici in tutto il mondo riscuotendo grandissimi successi (l'ultimo in Messico e a Cuba) come del resto alle Udienze generali del mercoledi sempre affollatissime. Ciò significa che è un Papa che piace molto ai credenti e che apprezzano i suoi discorsi perchè brevi, incisivi, e comprensibili. Ma i suoi detrattori anticlericali, queste note positive, come il solito, omettono di scriverle. Egli guarda inoltre attentamente il profilo di ogni nuovo Vescovo candidato alla guida di una Diocesi e a quello di futuri cardinali selezionando attentamente meriti, competenze e conoscenze, e lavora instancabilmente ogni giorno come operaio nella vigna del Signore perché la Chiesa sia un “vessillo levato tra i popoli” (Isaia). E di questo suo lavoro certosino la Chiesa avrà in futuro grande giovamento. Il suo motto è quello di S. Agostino: giovare, non dominare (De Civ. Dei, 19, 17; P. L. 41, 647).

Papa Benedetto XVI in questi anni ha indetto l'anno sacerdotale (affinché i preti siano sempre di più “dispensatori dei misteri di Dio” e dei veri “alter Christus”), e inoltre ha indetto l'anno della Fede con la creazione del Dicastero ad hoc per la nuova evangelizzazione per rispondere all'affievolimento del senso religioso di una società postmoderna, liquida, relativista, scristianizzata e secolarizzata. Tuttavia, nonostante Benedetto XVI come Vicario di Cristo in terra e successore di Pietro, eserciti il ministero petrino nell’interesse esclusivo del Popolo di Dio e della Chiesa universale, non mancano i suoi detrattori e avversari che contestano apertamente il suo magistero (che probabilmente ignorano) definendolo arcaico, datato, e passatista. Tutto ciò per denigrarlo ed evidenziare che la Chiesa è vecchia e il cristianesimo e la sua morale superati, pieno di divieti e di tabu. Ma Benedetto XVI ribadisce con fermezza e mitezza la morale cristiana (Il Decalogo e il Discorso della Montagna) e i valori non negoziabili (vita, famiglia, libertà di educazione e bene comune). Senza contare poi le accuse di immobilismo e di inerzia e le presunte formule rigide e superate presenti nelle strutture della Chiesa che, a loro dire, favoriscono una sclerosi che cristallizza il cristianesimo; accuse che non stanno né in cielo né in terra. Benedetto XVI non vuole un cristianesimo facile (niente giuridismo, niente dogmatismo, niente ascetismo, niente autoritarismo); la vita cristiana non è molle e facile, non è comoda e formalista, non è ciecamente ottimista, moralmente accomodante ed abulica; è gioiosa ma non gaudente. È questo l’aspetto più avversato dalla mentalità moderna, che aspira ad una vita piena, comoda, spontanea, gaudente.

Per Benedetto XVI c'è il bisogno d’orientare decisamente la propria vita verso Dio (che è "inaccessibile" e che vedremo faccia a faccia dopo la morte) e verso la sua volontà, la necessità del dominio di sé e della purificazione della propria vita (cfr. Gaudium et Spes, n. 37), la ragionevolezza di una scelta fondamentale che dia figura e valore morale alla propria condotta, l’intima e pressante esigenza di riparare i propri falli (cfr. l’Innominato del Manzoni), la segreta attrattiva di avvicinare la Croce di Cristo, e dove il Vangelo è capito e vissuto, un posto insostituibile nella configurazione ideale dell’uomo nuovo, dell’uomo vero, dell’uomo in cerca di perfezione. Ma vediamo i lati negativi presenti nella Chiesa di oggi che Benedetto XVI governa dal 2005. Ci sono preti che non credono più nell’obbedienza gerarchica come in Europa, che mettono in discussione i dogmi della fede cattolica e le verità dottrinali fondamentali (SS. Trinità, Immacolata Concezione, verginità della Madonna, Infallibilità del romano Pontefice quando parla ex cathedra, la Risurrezione di Cristo, il mistero dell’Incarnazione e la Presenza reale del Corpo e Sangue di Cristo nell’Eucarestia, il peccato, il diavolo, l’inferno ), che leggono la Bibbia con criteri di soggettivismo favorendo, di fatto, il libero esame disancorato dalla Tradizione e dal magistero ecclesiastico, che ricorrono sovente al dubbio sistematico, al sofisma, al rifiuto della logica e della metafisica, all’agnosticismo religioso. Preti eretici e Vescovi sull’orma dello scisma che seguono sovente un magistero parallelo e deviano dai contenuti della fede cristiana. Inoltre per costoro lo studio della Sacra Scrittura è pieno di dubbi e di problemi, che sconcertano anziché confortare la fede; e lasciato all’iniziativa individuale, genera un pluralismo tale di opinioni da scuotere la fede nella sua soggettiva certezza, e da toglierle la sua sociale autorevolezza; così che una tale fede produce ostacoli all’unità dei credenti, mentre la fede dovrebbe essere la base della ideale e spirituale convergenza: una è la fede, ci ricorda san Paolo. Vi è poi chi invece nella Chiesa, con criteri di uno sconcertante empirismo, si arroga di fare una selezione fra le molte verità insegnate dal nostro Credo, per respingere quelle che non piacciono, e per mantenerne alcune ritenute più gradevoli. Non a caso, nel 2005, nell’Omelia della Messa dei Collegio cardinalizio, che poi lo elesse Pontefice, egli parlo di “dittatura del relativismo”. Vi è poi chi cerca di adattare le dottrine della fede alla mentalità moderna, facendo spesso di questa mentalità, profana o spiritualista che sia, il metodo ed il metro del pensiero religioso: lo sforzo, ben degno per sé di lode e di comprensione, operato da questo sistema, di esprimere le verità della fede in termini accessibili al linguaggio e alla mentalità del nostro tempo, ha talora ceduto al desiderio d’un più facile successo, tacendo, temperando o alterando certi «dogmi difficili».

La parola di Cristo così non è più la Verità, che non muta e che rimane sempre identica e pari a se stessa, sempre viva, sempre luminosa, sempre feconda, anche se spesso superiore alla nostra comprensione razionale; ma si riduce ad una verità parziale, come le altre, che la mente misura e modella nei propri confini pronta, nella successiva generazione, a darle un’altra espressione, secondo un libero esame, che la spoglia d’ogni obiettiva e trascendente autorità. Potremmo chiamare sotto un aspetto generale la presente "perturbazione" nella Chiesa guidata da Benedetto XVI una crisi di fiducia, se la si considera negli animi nei quali essa fermenta e scaturisce. O meglio crisi di sfiducia, vista nel suo aspetto negativo, che è quello che ci riguarda. Una tentazione di sfiducia percorre l’anima di non pochi ambienti ecclesiastici. Sfiducia nella dottrina e nella tradizione; e diventa crisi di fede. Sfiducia nelle strutture e nei metodi; e diventa critica corrosiva e smania di pseudo-liberazione. Sfiducia negli uomini; e diventa tensione e polemica e disobbedienza. Sfiducia negli atti stessi di rinnovamento della Chiesa; e diventa resistenza in alcuni, indifferenza in altri. Sfiducia nella Chiesa qual è; e diventa crisi di carità e ricorso spesso ingenuo e servile ai, surrogati delle ideologie avversarie e del costume profano. Si diffonde qua e là il sospetto della inettitudine della Chiesa a sostenersi e a rinnovarsi; si rinuncia alla speranza d’una nuova primavera cristiana; si ricorre ad arbitrarie ideologie, o a gratuite supposizioni carismatiche per colmare il vuoto interiore della perduta fiducia: in Dio, nella guida della Chiesa, nella bontà degli uomini, ed anche in se stessi. Ritorna alla mente analizzando il quadro religioso contemporaneo il vaticinio del profeta Geremia: «Hanno abbandonato me (dice il Signore), fonte di acqua viva; e si sono scavate cisterne screpolate, che non riescono a contenere acqua» (2, 13). Di fronte a queste storture, arbitri, mutazioni, manchevolezze, difetti e insofferenze della consuetudine e della norma ecclesiastica incapace alla fine di capire il mistero dell’obbedienza e della carità interiore che collegano e santificano la comunità ecclesiale, per terminare in raffinate espressioni soggettive, spirituali o culturali, Papa Benedetto XVI pensa : “Siamo tribolati per ogni verso, ma non oppressi; siamo esitanti, ma non disperati . . .» (2 Cor 4, 7-8) e, sempre con l’Apostolo Paolo, ripete: «Non vi sia disunione nel corpo (di Cristo), ma le membra abbiano la medesima cura le une per le altre. E quindi se un membro soffre, soffrono con esso tutte le membra; e se un membro gode, godono insieme tutte le membra» (1 Cor 12, 25-26). Anche sant’Agostino in discussione con i Donatisti, affermava che “la Chiesa teneva la felicissima consuetudine di correggere negli stessi scismatici ed eretici ciò ch’è falso, ma non di ripetere ciò ch’è stato dato (da loro, cioè il Battesimo)” e papa Benedetto XVI ci invita di fronte a queste miserie, indocilità, e amarezze ad essere capaci di contemplare il volto splendente della Chiesa, la sua visione idealmente santa e perfetta, questa Gerusalemme celeste calata sulla terra (Ap 21, 2), questa «città collocata sulla montagna» (Mt 5, 14), questa santa Chiesa di Dio, umanità rigenerata a formare il Corpo mistico di Cristo. La sua bellezza ci riempie di meraviglia e d’amore. Sì, d’amore, perché questa Chiesa è il pensiero di Dio realizzato nell’umanità, è lo strumento e il termine della nostra salvezza. Impossibile non amare la Chiesa, quando la si e contemplata nella sua santità. La Chiesa infatti è santa come istituzione divina, come maestra di verità divine, come strumento di poteri divini, come società composta di membri aggregati in virtù di principii divini. «Nella misura in cui ella è di Dio, la Chiesa è assolutamente santa» (S. Agostino).

Il Papa sa bene, però, che essa è piena di imperfezioni. Che la Chiesa storica e terrestre è composta anche di uomini deboli, fallaci, peccatori (vedi il grave scandalo della pedofilia di alcuni preti e vescovi che è emblematico). Si osservano, infine, due fenomeni diversi e divergenti nella Chiesa di Benedetto XVI. Quello di figli della Chiesa, che si direbbero stanchi d’essere cattolici, e che profittano di questo periodo della vita pratica della Chiesa per mettere tutto in discussione, per instaurare una critica sistematica ed eversiva della disciplina ecclesiastica, per cercare la via più facile al cristianesimo; un cristianesimo svigorito dell’esperienza e dello sviluppo della sua tradizione; un cristianesimo conformista allo spirito delle altrui opinioni e ai costumi del mondo; un cristianesimo non impegnativo, non dogmatico, non «clericale», come dicono. Può mai logicamente derivarsi dopo il Concilio una simile stanchezza d’essere cattolici?" Ovviamente per il Papa no. L’altro fenomeno che, invece, ribadisce quotidianamente Benedetto XVI è la scoperta d’essere cattolici, e la gioia d’esserlo, e con la gioia il vigore operativo nuovo, che mette in tanti cuori desideri, speranze, propositi, audacie di nuova attività apostolica nella Chiesa di Cristo nel terzo millennio.

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