venerdì, marzo 09, 2012
Il senso della povertà e la scelta di una vita povera ed essenziale di Francesco e Chiara continuano ad interpellarci ancora oggi e ci invitano a dare un senso nuovo al nostro cammino quaresimale. Continuiamo il ciclo di riflessioni quaresimali in compagnia di Francesco e Chiara.

di Monica Cardarelli

“Tu sei tutta la nostra ricchezza a sufficienza”, scriveva san Francesco nelle “Lodi di Dio altissimo”. Questa invocazione ci interpella in prima persona, come francescani e come cristiani, e ci porta subito al cuore del pensiero di Francesco e di Chiara. Si è parlato e si parla tanto di povertà francescana, ma Chiara e Francesco non ne parlavano molto, bensì la vivevano ogni giorno nel quotidiano; ciò che colpisce nella loro vita è proprio la concretezza delle strade intraprese.

La loro scelta di povertà era nata dall’incontro con Dio. È sempre la relazione con il Signore che cambia e che fa prendere alcune strade e non altre. È dal Suo sguardo che si è posato e si posa su di noi che nascono nuove vie. Ed è solamente per rispondere a questo sguardo d’amore che Chiara e Francesco hanno scelto la povertà, per vivere come Cristo povero. Si tratta qui di una povertà che non è tanto non possedere nulla, quanto non considerare niente come proprio e in questo ‘niente’ rientra tutto, dagli oggetti ai legami, dal denaro agli affetti, dai beni al proprio corpo.

Nella spiritualità francescana e clariana è costante la lode al Signore per i doni ricevuti laddove per doni venivano considerati i fratelli, le sorelle, così come tutte le altre creature o i propri talenti. Non si tratta perciò di disdegnare le cose del mondo, ma di usarle tenendo “sempre davanti agli occhi il punto di partenza”.

“Certamente voi sapete - ne sono sicurissima – che il regno dei cieli il Signore lo promette e dona solo ai poveri, perché quando si amano le cose temporali, si perde il frutto della carità” scriveva Chiara d’Assisi nella I Lettera ad Agnese di Praga, proseguendo poi con queste parole: “E’ magnifico davvero e degno di ogni lode questo scambio: rifiutare i beni della terra per avere quelli del Cielo, meritarsi i celesti invece dei terreni, ricevere il cento per uno e possedere la vita beata per l’eternità. (…) O povertà beata! A chi t’ama e t’abbraccia procuri ricchezze eterne. O povertà santa! A quanti ti possiedono e desiderano, Dio promette il regno dei cieli, ed offre in modo infallibile eterna gloria e vita beata. O povertà pia! Te il Signore Gesù Cristo, in cui potere erano e sono il cielo e la terra, giacché bastò un cenno della sua parola e tutte le cose furono create, si degnò abbracciare a preferenza di ogni altra cosa”.

La scelta di non considerare niente come proprio che ha caratterizzato la vita di Francesco e Chiara e che deve continuare ad interpellarci anche oggi nel nostro ambiente nasce dalla consapevolezza di aver già trovato “tutta la nostra ricchezza” e di non avere più bisogno di altro. Povertà quindi non intesa solo come privazione o mortificazione ma come libertà nell’accogliere una ricchezza che è eterna e che è sufficiente; quell’abbandono al Signore della Vita che sicuramente non farà mai mancare nulla alle sue creature.

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