Si è spento oggi all’età di 68 anni, dopo una malattia, Antonio Tabucchi. Lo scrittore che con il libro “Sostiene Pereira” aveva vinto il Premio Campiello e che è stato uno dei maggiori conoscitori e divulgatori di Fernando Pessoa e della sua opera ha segnato con discrezione e impegno la letteratura italiana e internazionale
di Monica Cardarelli
«Arriva sempre il momento in cui capisci che l’illusione successiva dei giorni, o la loro musica, è giunta al suo termine. Se era illusione, è come quando, al momento dell’alba, i contorni del reale, da sfumati che erano, sono investiti dalla luce che cresce e si fanno nitidi, taglienti come lame, e senza remissione. Se era musica, è come se le note di un’orchestra, dopo il moto allegro, lo scherzoso, l’adagio e l’allegro maestoso si facessero solenni e si spengessero lentamente: le luci si abbassano e il concerto è finito». Sono le parole di Antonio Tabucchi in un racconto di “Si sta facendo sempre più tardi”.
Tabucchi si è spento oggi nella sua amata Lisbona, dopo una malattia. È stato uno dei maggiori conoscitori e divulgatori di Fernando Pessoa permettendoci così di apprezzare i suoi testi, come “Il libro dell’inquietudine” scritto da quel ‘quarto piano sull’infinito’ di Rua dos Douradores.
Nella sua lunga carriera di scrittore numerosi i libri che ci ha lasciato, da “Sostiene Pereira” a “Tristano muore”, da “Piazza Italia” a “La testa perduta di Damasceno Monteiro”, da “Piccoli equivoci senza importanza” a “Si sta facendo sempre più tardi” e molti altri ancora. Indubbiamente, Antonio Tabucchi ha scritto una pagina importante della letteratura italiana e internazionale. Ci piace ricordarlo con il sorriso cordiale e discreto che riservava ai suoi studenti e ai suoi lettori. Vogliamo ringraziarlo per la sua umanità, per le pagine che ci ha lasciato e per aver condiviso il suo talento e la sua arte con semplicità, restituendo al romanzo la sua funzione originaria: un modo per riflettere sulla realtà, per denunciare, per sensibilizzare… un affascinante viaggio nella vita.
«Addio mia cara Amica, o magari arrivederci in un’altra vita che certo non sarà la nostra. Perché i giochi dell’essere, come sappiamo, sono proibiti da ciò che dovendo essere è già stato» (“Si sta facendo sempre più tardi”, Antonio Tabucchi)
di Monica Cardarelli«Arriva sempre il momento in cui capisci che l’illusione successiva dei giorni, o la loro musica, è giunta al suo termine. Se era illusione, è come quando, al momento dell’alba, i contorni del reale, da sfumati che erano, sono investiti dalla luce che cresce e si fanno nitidi, taglienti come lame, e senza remissione. Se era musica, è come se le note di un’orchestra, dopo il moto allegro, lo scherzoso, l’adagio e l’allegro maestoso si facessero solenni e si spengessero lentamente: le luci si abbassano e il concerto è finito». Sono le parole di Antonio Tabucchi in un racconto di “Si sta facendo sempre più tardi”.
Tabucchi si è spento oggi nella sua amata Lisbona, dopo una malattia. È stato uno dei maggiori conoscitori e divulgatori di Fernando Pessoa permettendoci così di apprezzare i suoi testi, come “Il libro dell’inquietudine” scritto da quel ‘quarto piano sull’infinito’ di Rua dos Douradores.
Nella sua lunga carriera di scrittore numerosi i libri che ci ha lasciato, da “Sostiene Pereira” a “Tristano muore”, da “Piazza Italia” a “La testa perduta di Damasceno Monteiro”, da “Piccoli equivoci senza importanza” a “Si sta facendo sempre più tardi” e molti altri ancora. Indubbiamente, Antonio Tabucchi ha scritto una pagina importante della letteratura italiana e internazionale. Ci piace ricordarlo con il sorriso cordiale e discreto che riservava ai suoi studenti e ai suoi lettori. Vogliamo ringraziarlo per la sua umanità, per le pagine che ci ha lasciato e per aver condiviso il suo talento e la sua arte con semplicità, restituendo al romanzo la sua funzione originaria: un modo per riflettere sulla realtà, per denunciare, per sensibilizzare… un affascinante viaggio nella vita.
«Addio mia cara Amica, o magari arrivederci in un’altra vita che certo non sarà la nostra. Perché i giochi dell’essere, come sappiamo, sono proibiti da ciò che dovendo essere è già stato» (“Si sta facendo sempre più tardi”, Antonio Tabucchi)
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