giovedì, marzo 29, 2012
«Salvare il maggior numero di vite. Un obiettivo in vista del quale cattolici e ortodossi possono e devono lavorare uniti: per la tutela della vita umana, per il bene della famiglia, per la dignità delle donne e contro l’aborto».

Quando 20 anni fa padre Michael Shield è arrivato dall’Alaska, Magadan era nota per i campi di prigionia sovietici. Nella piccola cittadina portuale dell’estremo nord est russo – appartenente alla diocesi di San Giuseppe a Irkutsk - «i comunisti avevano praticamente distrutto il valore della dignità umana e calpestato la vita in svariati modi». Durante il periodo sovietico l’aborto era un metodo diffusissimo di controllo delle nascite e ancora oggi la percentuale di interruzioni volontarie di gravidanza è alta.
«Quasi ogni donna oltre i 30 anni ha già abortito – racconta ad Aiuto alla Chiesa che Soffre il religioso appartenente ai Piccoli Fratelli di Gesù – alcune perfino dieci volte». Prima di conoscere padre Michael, nessuna ammetteva di aver volutamente rinunciato al proprio figlio ma oggi la comunità femminile sta imparando a condividere quel dolore e quel senso di colpa «che lasciano profonde cicatrici nel cuore».
Il religioso americano non si prende cura solo delle donne che hanno abortito, ma sostiene anche le future mamme sole e prive di risorse economiche. «Qui avere un bambino significa perdere tutto». Molte ragazze non hanno più avuto contatti con la famiglia da quando sono andate via di casa. E i loro compagni rifiutano la responsabilità di diventare padri e le obbligano ad abortire, oppure le abbandonano. Diverse coppie ricorrono poi all’aborto per motivi economici: il tasso di disoccupazione è del 75% e per molti un figlio è «solo un peso da sopportare».
Per convincerle a tenere i propri bambini, la Chiesa locale cerca di rispondere concretamente alle esigenze delle donne fornendo vestiti, cibo, medicine e contributi economici. «Tante ragazze non hanno letteralmente un tetto sopra la testa – spiega il religioso – ma oggi grazie ad Aiuto alla Chiesa che Soffre posso accoglierle nella mia parrocchia». La fondazione pontificia ha contribuito alla costruzione di un piccolo appartamento dove ospitare temporaneamente alcune giovani madri in difficoltà. Anche il supporto del vescovo di Irkutsk, monsignor Kiril Klimowicz, è fondamentale per l’opera di assistenza.
Padre Michael e i suoi confratelli spingono le donne a effettuare il prima possibile un’ecografia. Vedere quel piccolo puntino in bianco e nero e sentire il battito del suo cuore crea un fortissimo legame e suscita un immediato istinto materno. Ed un semplice gesto come quello di acquistare dei vestitini può far comprendere che quella che sta crescendo è una già una vita. In parrocchia le giovani - di cui molte non hanno mai avuto una figura femminile di riferimento – approfondiscono inoltre il significato dell’essere madre e sono aiutate a completare gli studi. «Devono capire che anche con un figlio è possibile avere una vita, realizzarsi».
Padre Michael racconta ad ACS che molte volte le donne accendono ceri per i loro «figli non nati» sotto all’icona della Madonna del Perpetuo Soccorso. Qualche giorno nella Chiesa della Natività ne sono entrate cinque e hanno acceso 47 piccole candele. Una per ognuno dei bambini che hanno abortito. «Oggi ci sono molti più piccoli che giocano e ridono e molte più madri felici ed orgogliose. E finalmente Magadan si sta trasformando in un luogo pieno di vita».


“Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), Fondazione di diritto pontificio fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel 2010 ha raccolto oltre 65 milioni di dollari nei 17 Paesi dove è presente con Sedi Nazionali e ha realizzato oltre 5.500 progetti in 153 nazioni.

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