La domanda di Gesù di Nazaret “Voi chi dite che io sia?” risuona anche nel nostro tempo. Anche oggi, Cristo è portatore di luce e di speranza per l’umanità.
Radiovaticana - Su questo tema è incentrato il co
nvegno internazionale “Gesù nostro contemporaneo”, promosso dal Comitato per il progetto culturale della Conferenza episcopale italiana. Il simposio, che si terrà a Roma dal 9 all’11 febbraio prossimi, è stato presentato oggi in conferenza stampa al Campidoglio. Ma c’è differenza tra il Gesù della storia e il Cristo della fede? Luca Collodi lo ha chiesto al cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato della Cei:
R. – Si tratta sempre del medesimo Gesù. I due modi di studiarlo possono essere diversi, ossia quello della teologia e quello delle scienze storiche, ma la realtà di Gesù è certamente sempre la stessa.
D. – Che cosa ha portato Gesù nel mondo se manca la pace ed il benessere per tutti e ci troviamo a vivere questi tempi di crisi?
R. – Non è detto che i tempi di crisi siano quelli in cui il Signore è più lontano da noi. A ogni modo, una risposta molto precisa alla sua domanda l’ha data il nostro Papa, Benedetto XVI, dicendo che Gesù ha portato Dio. E ci ha anche mostrato qual è l’atteggiamento di Dio verso di noi: un Padre Santo, ma anche misericordioso, che ci ama fino al punto di offrire suo Figlio per noi.
D. – Oggi, che speranza può rappresentare, Gesù, per gli uomini che vivono quotidianamente una vita spesso difficoltosa?
R. – Una prima speranza è non limitare l’orizzonte della nostra vita all’aspetto terreno. La Resurrezione di Gesù rimane il grande segno, è una prospettiva che va al di là, una prospettiva alla quale si può accedere solo tramite la fede. Poi c’è una risposta più storica: credo che l’esperienza mostri come, quando si mettono in pratica gli insegnamenti di Gesù, la vita migliori.
D. – Perché la speranza cristiana non sembra raccolta da chi ha responsabilità del bene pubblico, ad esempio i politici?
R. – La speranza cristiana non può diventare un immediato programma politico. Credo, però, che i politici stessi debbano sforzarsi di più per cercare di impostare le grandi linee della vita pubblica e della vita sociale su questo concetto di fondo: gli uomini sono fatti per cooperare tra loro, per aiutarsi e non solo per competere.
D. – Che rapporto c’è, oggi, tra Cristo e la Chiesa?
R. – La Chiesa è il Corpo di Cristo. Non è di certo Cristo stesso, tuttavia è intimamente legata a Lui. La Chiesa è fatta di uomini e sappiamo che gli uomini commettono molti peccati, hanno tanti limiti, molteplici inadeguatezze e infedeltà. Il credente, però, deve saper vedere dentro questa Chiesa concreta e fatta di uomini, il suo nucleo centrale: Cristo stesso. E’ lo spirito di Cristo che santifica la sposa di Cristo, cioè la Chiesa.
D. – Qual è lo scopo ultimo del convegno del progetto culturale su Gesù contemporaneo?
R. – Due anni fa, abbiamo organizzato un convegno su Dio: “Dio oggi, con lui o senza di lui, cambia tutto”. Oggi, facciamo invece un convegno su Gesù Cristo, che è intimamente legato al primo, per completare quindi il discorso avviato due anni fa. Inoltre, ci teniamo a sottolineare che Gesù è nostro contemporaneo. Questo significa che oggi è presente, vive e agisce in noi. La sua storia e la sua vicenda hanno un’efficacia storica nel momento attuale. E lo hanno non per motivi semplicemente umani, ma perché è il Figlio di Dio, perché è Risorto.
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R. – Si tratta sempre del medesimo Gesù. I due modi di studiarlo possono essere diversi, ossia quello della teologia e quello delle scienze storiche, ma la realtà di Gesù è certamente sempre la stessa.
D. – Che cosa ha portato Gesù nel mondo se manca la pace ed il benessere per tutti e ci troviamo a vivere questi tempi di crisi?
R. – Non è detto che i tempi di crisi siano quelli in cui il Signore è più lontano da noi. A ogni modo, una risposta molto precisa alla sua domanda l’ha data il nostro Papa, Benedetto XVI, dicendo che Gesù ha portato Dio. E ci ha anche mostrato qual è l’atteggiamento di Dio verso di noi: un Padre Santo, ma anche misericordioso, che ci ama fino al punto di offrire suo Figlio per noi.
D. – Oggi, che speranza può rappresentare, Gesù, per gli uomini che vivono quotidianamente una vita spesso difficoltosa?
R. – Una prima speranza è non limitare l’orizzonte della nostra vita all’aspetto terreno. La Resurrezione di Gesù rimane il grande segno, è una prospettiva che va al di là, una prospettiva alla quale si può accedere solo tramite la fede. Poi c’è una risposta più storica: credo che l’esperienza mostri come, quando si mettono in pratica gli insegnamenti di Gesù, la vita migliori.
D. – Perché la speranza cristiana non sembra raccolta da chi ha responsabilità del bene pubblico, ad esempio i politici?
R. – La speranza cristiana non può diventare un immediato programma politico. Credo, però, che i politici stessi debbano sforzarsi di più per cercare di impostare le grandi linee della vita pubblica e della vita sociale su questo concetto di fondo: gli uomini sono fatti per cooperare tra loro, per aiutarsi e non solo per competere.
D. – Che rapporto c’è, oggi, tra Cristo e la Chiesa?
R. – La Chiesa è il Corpo di Cristo. Non è di certo Cristo stesso, tuttavia è intimamente legata a Lui. La Chiesa è fatta di uomini e sappiamo che gli uomini commettono molti peccati, hanno tanti limiti, molteplici inadeguatezze e infedeltà. Il credente, però, deve saper vedere dentro questa Chiesa concreta e fatta di uomini, il suo nucleo centrale: Cristo stesso. E’ lo spirito di Cristo che santifica la sposa di Cristo, cioè la Chiesa.
D. – Qual è lo scopo ultimo del convegno del progetto culturale su Gesù contemporaneo?
R. – Due anni fa, abbiamo organizzato un convegno su Dio: “Dio oggi, con lui o senza di lui, cambia tutto”. Oggi, facciamo invece un convegno su Gesù Cristo, che è intimamente legato al primo, per completare quindi il discorso avviato due anni fa. Inoltre, ci teniamo a sottolineare che Gesù è nostro contemporaneo. Questo significa che oggi è presente, vive e agisce in noi. La sua storia e la sua vicenda hanno un’efficacia storica nel momento attuale. E lo hanno non per motivi semplicemente umani, ma perché è il Figlio di Dio, perché è Risorto.
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