martedì, febbraio 14, 2012
A poche ore dal drammatico voto in Parlamento sul pacchetto austerità, contornato da violenze senza precedenti in piazza, il portavoce del governo di Lucas Papademos ha annunciato che si terranno lezioni anticipate ad aprile

di Claudia Zichi

La notizia era in parte già prevista, ma rimette in rapido movimento il mondo politico greco, tra rimescolamenti e fratture inedite. Ieri sono stati espulsi 43 deputati di Pasok (socialisti) e Nea Dimokratia (centro-destra) che avevano votato No, contravvenendo così alle direttive di partito. Il Pasok, che dopo la vittoria del 2009 aveva la maggioranza assoluta dei 300 seggi dell'assemblea, si ritrova ora con 131 seggi, dopo la cacciata di 22 esponenti ribelli. Nea Dimokratia, nella drammatica notte del voto, ha perso 21 parlamentari sugli 83 che aveva. Il bipolarismo greco, durato per anni, è cessato dopo la mezzanotte. "Siamo in una situazione politica inedita - ha detto all'Ansa uno stretto consigliere del leader socialista Giorgos Papandreou - nessuno sa esattamente cosa succederà".

Nella giornata di ieri, con 199 voti e 74 contrari, la Grecia ha varato nuove e più aspre misure di austerità, che comprendono: il licenziamento di 15mila impiegati pubblici; la riduzione del 20% del salario minimo (da 751 euro a 600 euro mensili); la liberalizzazione delle leggi sul lavoro; la revisione e la possibile cancellazione del debito con le banche. Prima del voto, avvenuto nella notte, Evangelos Venizelos, ministro delle finanze, aveva detto al parlamento che le alternative a queste misure – ossia la bancarotta e l’uscita dall’euro – sarebbero anche peggio per la Grecia. Entro il 20 marzo la Grecia ha infatti bisogno di ripagare debiti per 14,5 miliardi di euro. Inoltre l'UE e il FMI hanno messo come condizione del prestito di 130 miliardi di euro che le misure di austerità vengano tramutate in leggi e che vi sia adesione scritta dei partiti, che dovranno attenersi a tali leggi anche dopo le elezioni che, con ogni probabilità, come detto, si terranno in aprile.

Tuttavia molti sentono che il peso delle misure sulla gente è un prezzo troppo alto per i risultati di risanamento. Ieri e ancora oggi decine di migliaia di persone hanno organizzato dimostrazioni ad Atene e Salonicco. Nella capitale si sono registrati scontri fra dimostranti e polizia fino a tarda notte. Decine di edifici, anche storici, compresi bar e cinema, sono stati dati alle fiamme; la piazza Syntagma, dove si affaccia il parlamento, è stata teatro di guerriglia urbana, con lanci di pezzi di marmo e bottiglie molotov da parte dei black blocs e cariche della polizia insieme a gas lacrimogeni. Secondo dati del ministero greco della Sanità, 70 persone sono state portate all’ospedale per cure. La polizia afferma che 45 dimostranti sono stati arrestati e più di 50 poliziotti feriti.

Tornando alle nuove misure economiche appena approvate, esse prevedono la riduzione del salario minimo da 751 a 600 euro, con un ulteriore -10% per gli under 25, secondo una progressione (fino a pochi mesi fa il salario minimo era di 856) che, come nota Filippomaria Pontani, docente universitario di Studi Umanistici presso la Ca’ Foscari di Venezia, porterà in poco tempo ai livelli tipici dei Paesi dell’Europa dell’est, come i 310 euro della Repubblica ceca o i 161 della Romania.

I pareri degli osservatori economici appaiono contrastanti. Da un lato si segnala l’assoluta insostenibilità delle misure previste: ci si chiede che futuro può avere un Paese allo sbando, che viene invitato a tagliare altri 400 milioni di investimenti pubblici e di sussidi agli investimenti privati. Dall'altro lato sembra però ancora meno auspicabile l'uscita della Grecia dalla moneta unica. Come aveva spiegato Charles Forelle sul Wall Street Journal di settembre, l’adozione dell’euro è stata progettata come un processo irrevocabile e i trattati dell’Unione Europea non contengono norme specifiche per permettere a un paese di abbandonarlo. Una rettifica dei trattati potrebbe richiedere molti anni e un parere unanime, compreso quello dei paesi che rischierebbero di essere espulsi. Questo significa che la Grecia non può essere estromessa contro la sua volontà.

Tuttavia la Grecia, sostengono altri economisti, potrebbe tentare la strada di negoziare un abbandono “amichevole”. Senza la moneta unica, il paese potrebbe appoggiarsi su una valuta più debole utile per incrementare le esportazioni e incentivare il turismo, grazie al cambio favorevole dagli altri paesi dell’eurozona. Si tratta però di un percorso molto delicato e pieno di insidie, specialmente sul fronte della conservazione dei capitali nel paese. I cittadini greci sarebbero incentivati a mantenere i loro risparmi in euro invece che convertirli in una nuova valuta destinata ad avere un valore in caduta, magari portando rapidamente all’estero i loro capitali.

Una simile condizione, unita a quelle già precarie del sistema bancario greco, porterebbe a un peggioramento della crisi, con un possibile effetto a catena sui paesi economicamente in difficoltà come Portogallo, Spagna e Italia. In questo senso, concludeva il Wall Street Journal, un fallimento della Grecia sarebbe probabilmente la strada più praticabile rispetto al suo abbandono dell’euro.

L’Europa e soprattutto la Germania, per evitare il fallimento della Grecia e soprattutto che una situazione del genere si ripeta ancora, chiedono da mesi alla Grecia rigore e sacrifici: la manovra di ieri ha come obiettivo recuperare 4,5 miliardi di euro all’anno.
Ma i pronostici, come detto, non sono positivi. In moltissimi temono che la situazione sia irrecuperabile: politiche così restrittive ammazzeranno il PIL e si alimenterà il debito con ulteriori deficit; verranno chiesti ulteriori sacrifici che ammazzeranno ulteriormente il PIL in un circolo vizioso. Non è inverosimile che alla fine della corsa la Grecia fallirà, uscirà dall’euro e vivrà per anni in un gravissimo dissesto economico.

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