Non si placano le proteste in Sicilia contro il caro carburanti. Autotrasportatori e agricoltori da giorni bloccano le principali vie d’accesso e scambio; in molti centri cominciano a scarseggiare benzina e beni di prima necessità.
Intanto, oggi vertice a Palermo tra il presidente della regione,
Lombardo, i prefetti e le associazioni dei manifestanti per cercare di risolvere la situazione. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Maurizio Bernava segretario generale Cisl Sicilia: ascolta
R. – Da sindacalista il disagio c’è, è reale e pone un problema vero, ma non può essere affrontato così. Queste persone fanno credere, sul territorio, che spingendo in questa maniera avranno provvidenza. Già è successo nel 2000, quando sono andati in piazza gli autotrasportatori. Questa volta si è aggregato questo "movimento dei forconi", che nasce da ambienti politici per cercare di orientare le proteste del mondo agricolo. Non hanno una grande rappresentanza.
D. – Lei sta dicendo che la crisi economica crea un problema anche nel mondo del lavoro, ma che queste proteste sono in un certo qual modo strumentalizzate?
R. – Stanno cavalcando interessi particolari di categoria, che vivono sul pedaggio e sul costo del carburante. Infatti, hanno aggregato i tassisti, hanno aggregato i pescatori. Il problema è che dietro ad un disagio reale, che nasce dalla crisi economica, c’è una grossa influenza della parte peggiore della politica, che li spinge a protestare spostando il tiro su Roma, come se tutto si dovesse risolvere con contribuzioni a pioggia o risarcimenti vari. Il vecchio modello, che ha prodotto un debito insostenibile in Sicilia, mette in ginocchio l’economia.
D. – Da più parti hanno denunciato: in queste proteste è possibile l’infiltrazione della criminalità. E’ così?
R. – Tutto il "cartello" della Confindustria – artigiani, cooperative, agricoltori – hanno detto che oltre ad esserci “pezzi” di politica responsabile ci sono ambienti criminali che spalleggiano i blocchi, perché sono blocchi violenti. Purtroppo, sul sistema dei trasporti agroalimentari, l’ambiente criminale è sempre stato condizionante. Nel trasporto del pesce, dato che stanno facendo operazioni violente, noi abbiamo le raffinerie bloccate.
D. – Qual è la situazione adesso?
R. – Qui in Sicilia, hanno bloccato i punti nevralgici: le raffinerie, i porti... Quindi, di fatto, hanno messo in ginocchio l’economia.
D. – Ma voi cosa proponete concretamente a questo punto?
R. – Puntare sullo sviluppo, avere un confronto Stato-Regione subito per discutere sia un piano d’emergenza per l’economia e il lavoro necessario e, quindi, governare i processi, non dare sfogo a questi interessi particolari, corporativi, che in alcuni ambienti sono spalleggiati da interessi poco chiari e che non hanno niente a che fare con lo sviluppo.
D. – Tecnicamente per dare sviluppo che cosa andrebbe rivisto?
R. – Prima equilibrare il problema dei tributi, delle accise e dell’Irpef, perché abbiamo il 40 per cento di raffinazione del prodotto nazionale degli idrocarburi e paghiamo la benzina di più. Questo è un problema vero, ma non può essere strumentalizzato. Non si può illudere che qualcuno intervenga dando provvidenza. Abbiamo bisogno di altro. Se si pensa che bloccando il canale di Sicilia si risolva il problema, noi faremo il contrario di quello che si chiede di fare: consegniamo alcuni settori, come quello agroalimentare, ai nostri competitori più vicini. (ap)
Intanto, oggi vertice a Palermo tra il presidente della regione,
Lombardo, i prefetti e le associazioni dei manifestanti per cercare di risolvere la situazione. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Maurizio Bernava segretario generale Cisl Sicilia: ascoltaR. – Da sindacalista il disagio c’è, è reale e pone un problema vero, ma non può essere affrontato così. Queste persone fanno credere, sul territorio, che spingendo in questa maniera avranno provvidenza. Già è successo nel 2000, quando sono andati in piazza gli autotrasportatori. Questa volta si è aggregato questo "movimento dei forconi", che nasce da ambienti politici per cercare di orientare le proteste del mondo agricolo. Non hanno una grande rappresentanza.
D. – Lei sta dicendo che la crisi economica crea un problema anche nel mondo del lavoro, ma che queste proteste sono in un certo qual modo strumentalizzate?
R. – Stanno cavalcando interessi particolari di categoria, che vivono sul pedaggio e sul costo del carburante. Infatti, hanno aggregato i tassisti, hanno aggregato i pescatori. Il problema è che dietro ad un disagio reale, che nasce dalla crisi economica, c’è una grossa influenza della parte peggiore della politica, che li spinge a protestare spostando il tiro su Roma, come se tutto si dovesse risolvere con contribuzioni a pioggia o risarcimenti vari. Il vecchio modello, che ha prodotto un debito insostenibile in Sicilia, mette in ginocchio l’economia.
D. – Da più parti hanno denunciato: in queste proteste è possibile l’infiltrazione della criminalità. E’ così?
R. – Tutto il "cartello" della Confindustria – artigiani, cooperative, agricoltori – hanno detto che oltre ad esserci “pezzi” di politica responsabile ci sono ambienti criminali che spalleggiano i blocchi, perché sono blocchi violenti. Purtroppo, sul sistema dei trasporti agroalimentari, l’ambiente criminale è sempre stato condizionante. Nel trasporto del pesce, dato che stanno facendo operazioni violente, noi abbiamo le raffinerie bloccate.
D. – Qual è la situazione adesso?
R. – Qui in Sicilia, hanno bloccato i punti nevralgici: le raffinerie, i porti... Quindi, di fatto, hanno messo in ginocchio l’economia.
D. – Ma voi cosa proponete concretamente a questo punto?
R. – Puntare sullo sviluppo, avere un confronto Stato-Regione subito per discutere sia un piano d’emergenza per l’economia e il lavoro necessario e, quindi, governare i processi, non dare sfogo a questi interessi particolari, corporativi, che in alcuni ambienti sono spalleggiati da interessi poco chiari e che non hanno niente a che fare con lo sviluppo.
D. – Tecnicamente per dare sviluppo che cosa andrebbe rivisto?
R. – Prima equilibrare il problema dei tributi, delle accise e dell’Irpef, perché abbiamo il 40 per cento di raffinazione del prodotto nazionale degli idrocarburi e paghiamo la benzina di più. Questo è un problema vero, ma non può essere strumentalizzato. Non si può illudere che qualcuno intervenga dando provvidenza. Abbiamo bisogno di altro. Se si pensa che bloccando il canale di Sicilia si risolva il problema, noi faremo il contrario di quello che si chiede di fare: consegniamo alcuni settori, come quello agroalimentare, ai nostri competitori più vicini. (ap)
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