In Italia le organizzazioni sindacali dei taxi hanno confermato lo sciopero contro il decreto del governo sulle liberalizzazioni.
Radio Vaticana - A questa protesta si è aggiunta, in queste ore, anche la contestazione degli autotrasportatori contro il caro carburanti che ha portato al blocco di diverse strade e autostrade. Hanno inoltre annunciato serrate e scioperi altre categorie, tra cui farmacisti e avvocati. Ma come giudicare il pacchetto sulle liberalizzazioni appena varato dal governo? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano lavoratori: ascolta
R. - Crediamo che il pacchetto sulle liberalizzazioni sia un segnale positivo. Un segnale sicuramente di rottura, rispetto ad una società italiana complessa ed articolata in modo tale da non sprigionare tutto il potenziale che aveva. E’ complessa, soprattutto, per la presenza di lobby, più o meno influenti, e corporazioni. È sicuramente un passo positivo, un passo in avanti. Bisogna fare altre cose, e vanno fatte, soprattutto, promuovendo il dialogo con le forze sociali.
D. - In questa fase delicata, in cui sembrano ancora prevalere interessi di singole categorie, si può anche pensare ad una rivoluzione culturale, al fatto che si possa andare oltre i propri interessi?
R. - Il Paese ha sicuramente bisogno di riforme, e ha sicuramente bisogno di coesione sociale, perché solo attraverso la coesione sociale, si costruisce una rinnovata capacità di interpretare il bene comune, che a noi cattolici sta particolarmente a cuore. Bisogna uscire dalla difesa delle situazioni particolari, e guardare agli interessi generali. Il rischio è che il governo pensi ad una autosufficienza rispetto a questi temi. E allora questo può contribuire ad una contestazione di cui oggi sicuramente non abbiamo bisogno.
D. - C’è anche il rischio che queste proteste possano degenerare in reazioni sempre più difficili da controllare?
R. - Sicuramente. Allora dobbiamo stare attenti, soprattutto adesso, in cui si va ad affrontare il tema della riforma del mercato del lavoro. Quello di cui il Paese non ha bisogno, sicuramente, è una battaglia ideologica su tutti i temi, ma particolarmente sui temi del lavoro. Io sono tra quelli che sostengono che si debba anche parlare di articolo 18. Sono d’accordo quando il presidente Monti dice che non è un tabù. Se ne può parlare, ma alimentare oggi - in una fase economica di recessione, e dopo anche un duro intervento sulle pensioni come quello che è stato fatto - uno scontro sociale sulla libertà di licenziamento, ci sembra assolutamente sbagliato.
D. – A proposito di articolo 18, quali potrebbero essere le modifiche ammissibili dal punto di vista del Movimento cristiano dei lavoratori?
R. – Noi, insieme con la Cisl, siamo grandi sostenitori dell’accordo recente sull’apprendistato. Iniziamo ad applicarlo. Lì ad esempio, soprattutto per i giovani, è prevista anche una norma che alla fine del contratto può prevedere il licenziamento. Quello che noi dobbiamo eliminare, perché è causa di precarietà, è la cosiddetta “flessibilità mal regolata”. La differenza di tipologie contrattuali, spesso usate impropriamente perché hanno dei vantaggi economici dal punto di vista dei contributi, hanno creato la grande confusione nel Paese. È la differenza del costo fra i contratti diversi che va evitata, perché abbiamo l’occasione di fare qualcosa per i giovani. La precarietà non è frutto della flessibilità, ma è frutto della flessibilità pagata male.
D. - Queste liberalizzazioni si possono saldare bene con la prossima riforma del mercato del lavoro?
R. - Dal nostro punto di vista, il Paese aveva alcuni vincoli che dipendono da svantaggi che non si possono più sostenere, dall’inadeguatezza delle infrastrutture, dalla cosiddetta complicazione delle procedure amministrative. Iniziati a rimuovere i primi ostacoli, adesso che si è fatto un passo in avanti con queste liberalizzazioni, si stanno sbloccando alcuni fondi per le infrastrutture. Credo che il governo debba emettere un pacchetto chiaro sulle semplificazioni.
D. - Infatti, quello della semplificazione della burocrazia, è stato proprio uno degli obiettivi indicati recentemente dal premier Monti…
R. - Il premier sta dimostrando coraggio, e credo che se avrà a disposizione ancora un anno di tempo, faremo degli importanti passi in avanti. Anche sulla liberalizzazione alcune cose non sono state fatte: ad esempio, la cosa che a noi sta particolarmente a cuore, riguarda i servizi pubblici locali. Ma non ci possiamo nascondere dietro a qualche ritardo o a qualche passo in avanti troppo veloce, per tentare di bloccare un processo di cui il Paese ha sicuramente bisogno. (bi)
Radio Vaticana - A questa protesta si è aggiunta, in queste ore, anche la contestazione degli autotrasportatori contro il caro carburanti che ha portato al blocco di diverse strade e autostrade. Hanno inoltre annunciato serrate e scioperi altre categorie, tra cui farmacisti e avvocati. Ma come giudicare il pacchetto sulle liberalizzazioni appena varato dal governo? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano lavoratori: ascolta
R. - Crediamo che il pacchetto sulle liberalizzazioni sia un segnale positivo. Un segnale sicuramente di rottura, rispetto ad una società italiana complessa ed articolata in modo tale da non sprigionare tutto il potenziale che aveva. E’ complessa, soprattutto, per la presenza di lobby, più o meno influenti, e corporazioni. È sicuramente un passo positivo, un passo in avanti. Bisogna fare altre cose, e vanno fatte, soprattutto, promuovendo il dialogo con le forze sociali.
D. - In questa fase delicata, in cui sembrano ancora prevalere interessi di singole categorie, si può anche pensare ad una rivoluzione culturale, al fatto che si possa andare oltre i propri interessi?
R. - Il Paese ha sicuramente bisogno di riforme, e ha sicuramente bisogno di coesione sociale, perché solo attraverso la coesione sociale, si costruisce una rinnovata capacità di interpretare il bene comune, che a noi cattolici sta particolarmente a cuore. Bisogna uscire dalla difesa delle situazioni particolari, e guardare agli interessi generali. Il rischio è che il governo pensi ad una autosufficienza rispetto a questi temi. E allora questo può contribuire ad una contestazione di cui oggi sicuramente non abbiamo bisogno.
D. - C’è anche il rischio che queste proteste possano degenerare in reazioni sempre più difficili da controllare?
R. - Sicuramente. Allora dobbiamo stare attenti, soprattutto adesso, in cui si va ad affrontare il tema della riforma del mercato del lavoro. Quello di cui il Paese non ha bisogno, sicuramente, è una battaglia ideologica su tutti i temi, ma particolarmente sui temi del lavoro. Io sono tra quelli che sostengono che si debba anche parlare di articolo 18. Sono d’accordo quando il presidente Monti dice che non è un tabù. Se ne può parlare, ma alimentare oggi - in una fase economica di recessione, e dopo anche un duro intervento sulle pensioni come quello che è stato fatto - uno scontro sociale sulla libertà di licenziamento, ci sembra assolutamente sbagliato.
D. – A proposito di articolo 18, quali potrebbero essere le modifiche ammissibili dal punto di vista del Movimento cristiano dei lavoratori?
R. – Noi, insieme con la Cisl, siamo grandi sostenitori dell’accordo recente sull’apprendistato. Iniziamo ad applicarlo. Lì ad esempio, soprattutto per i giovani, è prevista anche una norma che alla fine del contratto può prevedere il licenziamento. Quello che noi dobbiamo eliminare, perché è causa di precarietà, è la cosiddetta “flessibilità mal regolata”. La differenza di tipologie contrattuali, spesso usate impropriamente perché hanno dei vantaggi economici dal punto di vista dei contributi, hanno creato la grande confusione nel Paese. È la differenza del costo fra i contratti diversi che va evitata, perché abbiamo l’occasione di fare qualcosa per i giovani. La precarietà non è frutto della flessibilità, ma è frutto della flessibilità pagata male.
D. - Queste liberalizzazioni si possono saldare bene con la prossima riforma del mercato del lavoro?
R. - Dal nostro punto di vista, il Paese aveva alcuni vincoli che dipendono da svantaggi che non si possono più sostenere, dall’inadeguatezza delle infrastrutture, dalla cosiddetta complicazione delle procedure amministrative. Iniziati a rimuovere i primi ostacoli, adesso che si è fatto un passo in avanti con queste liberalizzazioni, si stanno sbloccando alcuni fondi per le infrastrutture. Credo che il governo debba emettere un pacchetto chiaro sulle semplificazioni.
D. - Infatti, quello della semplificazione della burocrazia, è stato proprio uno degli obiettivi indicati recentemente dal premier Monti…
R. - Il premier sta dimostrando coraggio, e credo che se avrà a disposizione ancora un anno di tempo, faremo degli importanti passi in avanti. Anche sulla liberalizzazione alcune cose non sono state fatte: ad esempio, la cosa che a noi sta particolarmente a cuore, riguarda i servizi pubblici locali. Ma non ci possiamo nascondere dietro a qualche ritardo o a qualche passo in avanti troppo veloce, per tentare di bloccare un processo di cui il Paese ha sicuramente bisogno. (bi)
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