A Créteil, periferia di Parigi, un architetto di 55 anni si suicida: doveva al fisco 26mila euro
di Silvio Foini
Giovedì pomeriggio, 14 e 30 circa: un architetto francese di 55 anni entra nell'ufficio imposte di Créteil, periferia di Parigi, raggiunge il cortile dell'edificio e si spara un colpo alla tempo con una calibro 38. L'uomo, padre di due figli adolescenti, non lavorava da tempo ed era travolto dalle difficoltà economiche: doveva al fisco 26mila euro. Prima di suicidarsi, ha lasciato agli uscieri del centro delle imposte un biglietto drammatico: «Volevate la mia pelle, ora l'avete». «Tutti i giorni riceveva raccomandate, lettere dell'ufficio delle tasse, sembrava martoriato dai debiti», racconta una vicina del 55enne che aveva notato negli ultimi tempi il gran numero di lettere con l'intestazione «Centre des impots».
Questa la notizia postata su “Il Corriere della Sera.it”di oggi. Certamente sconvolgente poiché chiaramente esplicativa del malessere economico che si aggira, come un pauroso spettro, per le contrade europee, mettendo in ginocchio categorie di lavoratori un tempo anche ben remunerati. In questo caso una vita umana con tutte le proprie competenze lavorative acquisite ma rese inutili dalla crisi è stata spezzata dal fisco francese, almeno a quanto pare. Il professionista non ce l’ha fatta a reggere la tortura fiscale con cui lo bombardava quotidianamente l’ufficio delle imposte con pressanti avvisi di pagamento. Insensibilità burocratica all’estremo e pressione psicologica inaudita che si prova quando il lavoro manca e ci si sente in balia di un mare in tempesta. La caccia agli evasori, quelli veri, quelli che, come si dice, hanno “il pelo sullo stomaco”, avrebbe forse dato risultati migliori al fisco del buon Sarkò.
Qui da noi si sono verificati suicidi di imprenditori che non avevano più nemmeno i quattrini per pagare gli stipendi ai propri operai mentre, di converso, allignano nel paese moltitudini di parassiti che campano alle spalle degli onesti contribuenti. Questi certamente non pensano al suicidio.
Comunque un appello alla moderazione: perseguire l’evasione è dovere di uno stato civile, perseguitare l’evasore non altrettanto.
di Silvio FoiniGiovedì pomeriggio, 14 e 30 circa: un architetto francese di 55 anni entra nell'ufficio imposte di Créteil, periferia di Parigi, raggiunge il cortile dell'edificio e si spara un colpo alla tempo con una calibro 38. L'uomo, padre di due figli adolescenti, non lavorava da tempo ed era travolto dalle difficoltà economiche: doveva al fisco 26mila euro. Prima di suicidarsi, ha lasciato agli uscieri del centro delle imposte un biglietto drammatico: «Volevate la mia pelle, ora l'avete». «Tutti i giorni riceveva raccomandate, lettere dell'ufficio delle tasse, sembrava martoriato dai debiti», racconta una vicina del 55enne che aveva notato negli ultimi tempi il gran numero di lettere con l'intestazione «Centre des impots».
Questa la notizia postata su “Il Corriere della Sera.it”di oggi. Certamente sconvolgente poiché chiaramente esplicativa del malessere economico che si aggira, come un pauroso spettro, per le contrade europee, mettendo in ginocchio categorie di lavoratori un tempo anche ben remunerati. In questo caso una vita umana con tutte le proprie competenze lavorative acquisite ma rese inutili dalla crisi è stata spezzata dal fisco francese, almeno a quanto pare. Il professionista non ce l’ha fatta a reggere la tortura fiscale con cui lo bombardava quotidianamente l’ufficio delle imposte con pressanti avvisi di pagamento. Insensibilità burocratica all’estremo e pressione psicologica inaudita che si prova quando il lavoro manca e ci si sente in balia di un mare in tempesta. La caccia agli evasori, quelli veri, quelli che, come si dice, hanno “il pelo sullo stomaco”, avrebbe forse dato risultati migliori al fisco del buon Sarkò.
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Comunque un appello alla moderazione: perseguire l’evasione è dovere di uno stato civile, perseguitare l’evasore non altrettanto.
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