Per un pacato saluto a Steve Jobs, gigante della tecnologia (e del marketing)
GreenReport - Sui giornali, in tv, sui blog, o più semplicemente tra le chiacchiere che si scambiano al bar (o quello di un Apple store, perché no), la dipartita di Steve Jobs continua a tener banco: sembra che chiunque stia cercando di apporre la propria firma, più o meno prestigiosa, sotto un personalissimo epitaffio per il guru della mela morsicata.
"Essere l'uomo più ricco del cimitero non mi interessa. Andare a letto ogni sera sapendo di aver fatto qualcosa di meraviglioso, questo è importante per me". Distrutto dalla malattia che lo tormentava ormai dal 2004, Steve Jobs è sceso dal treno della vita alla fermata dei 56 anni, sotto gli applausi scroscianti degli altri passeggeri. Molto probabilmente, il più ricco del cimitero lo è diventato davvero, ma ancor più che per i suoi enormi meriti di imprenditore, vengono ora ricordate le sue capacità di innovatore e visionario, un rivoluzionatore del nostro modo di vivere (e desiderare) la tecnologia.
Sotto la sua guida, la Apple ha provato - ed in parte è riuscita - a tingersi di verde, con un occhio di riguardo per la sostenibilità dei suoi prodotti, un passo imprescindibile per un'azienda che fa del suo atteggiamento friendly e del suo essere all'avanguardia uno stile preciso con cui presentarsi al proprio pubblico. Se il progetto del nuovo quartier generale Apple lascia intravedere un gioiello di bioedilizia, sul sito ufficiale della mela è già possibile trovare uno spaccato completamente dedicato all'impronta ecologica dell'azienda (http://www.apple.com/it/environment/).
I dati riguardano ogni anello del ciclo di vita dei prodotti Apple, con un tasso d'onestà abbastanza elevato da elencare - assieme agli obiettivi raggiunti - anche alcuni aspetti dove si intende ancora migliorare. I progressi nel tempo sono stati notevoli, dall'evoluzione del packaging all'efficienza energetica dei prodotti commercializzati o delle stesse strutture Apple, fino al riciclaggio dei prodotti arrivati alla fine della propria vita utile (e non solo quelli col marchio della mela, con la possibilità per gli utenti di avvantaggiarsi dal riciclo del loro vecchio computer, Mac o meno).
Parlando di sostenibilità, il vero problema della Apple sta nei suoi iPhone, iPad, iPod, etc, marchiati "designed in California" - ma "made in China" (e forse prossimamente altrove, a causa dell'aumento dei costi salariali nel gigante asiatico). Nonostante Apple abbia adottato un "Codice di comportamento per i fornitori", per cui l'azienda ‹‹si impegna a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro nella propria catena di fornitura, che i dipendenti siano trattati con dignità e rispetto e che i processi di fabbricazione siano rispettosi dell'ambiente››, da Cupertino risulta essere molto difficile verificare che queste condizioni siano effettivamente rispettate, e lo scandalo dell'emorragia di suicidi tra gli operai nella multinazionale cinese Foxconn - alla quale Apple appalta fasi decisive della produzione delle sue creature - ancora non si placa.
A Steve Jobs non si può non riconoscere di aver rinnovato i cliché che vigevano nell'uso dei computer, della telefonia, della musica e dell'animazione, oltre che portare l'azienda Apple ai vertici non solo dell'industria mondiale, ma a fare del suo marchio uno status symbol. Le file chilometriche davanti agli Apple store per il lancio di un nuovo prodotto anche un che di patologico, e non si vede come il consumismo più sfrenato ed ingiustificato possa associarsi ad una visione sostenibile dell'economia.
Steve Jobs, con tutti i suoi pregi, era anzitutto un grandissimo creatore di desideri, un venditore, che si incastra alla perfezione nelle parole di chi descrive la nostra società come sempre più simile ad un grande mercato. Se i calorosi saluti ad un'apprezzata icona del nostro tempo sono dovuti, sarebbe forse corretto astenersi dal partire in quarta col processo di beatificazione, anche se questo non rientra nel modus operandi dell'informazione spettacolarizzata che continua ad imperare.
di Luca Aterini
GreenReport - Sui giornali, in tv, sui blog, o più semplicemente tra le chiacchiere che si scambiano al bar (o quello di un Apple store, perché no), la dipartita di Steve Jobs continua a tener banco: sembra che chiunque stia cercando di apporre la propria firma, più o meno prestigiosa, sotto un personalissimo epitaffio per il guru della mela morsicata."Essere l'uomo più ricco del cimitero non mi interessa. Andare a letto ogni sera sapendo di aver fatto qualcosa di meraviglioso, questo è importante per me". Distrutto dalla malattia che lo tormentava ormai dal 2004, Steve Jobs è sceso dal treno della vita alla fermata dei 56 anni, sotto gli applausi scroscianti degli altri passeggeri. Molto probabilmente, il più ricco del cimitero lo è diventato davvero, ma ancor più che per i suoi enormi meriti di imprenditore, vengono ora ricordate le sue capacità di innovatore e visionario, un rivoluzionatore del nostro modo di vivere (e desiderare) la tecnologia.
Sotto la sua guida, la Apple ha provato - ed in parte è riuscita - a tingersi di verde, con un occhio di riguardo per la sostenibilità dei suoi prodotti, un passo imprescindibile per un'azienda che fa del suo atteggiamento friendly e del suo essere all'avanguardia uno stile preciso con cui presentarsi al proprio pubblico. Se il progetto del nuovo quartier generale Apple lascia intravedere un gioiello di bioedilizia, sul sito ufficiale della mela è già possibile trovare uno spaccato completamente dedicato all'impronta ecologica dell'azienda (http://www.apple.com/it/environment/).
I dati riguardano ogni anello del ciclo di vita dei prodotti Apple, con un tasso d'onestà abbastanza elevato da elencare - assieme agli obiettivi raggiunti - anche alcuni aspetti dove si intende ancora migliorare. I progressi nel tempo sono stati notevoli, dall'evoluzione del packaging all'efficienza energetica dei prodotti commercializzati o delle stesse strutture Apple, fino al riciclaggio dei prodotti arrivati alla fine della propria vita utile (e non solo quelli col marchio della mela, con la possibilità per gli utenti di avvantaggiarsi dal riciclo del loro vecchio computer, Mac o meno).
Parlando di sostenibilità, il vero problema della Apple sta nei suoi iPhone, iPad, iPod, etc, marchiati "designed in California" - ma "made in China" (e forse prossimamente altrove, a causa dell'aumento dei costi salariali nel gigante asiatico). Nonostante Apple abbia adottato un "Codice di comportamento per i fornitori", per cui l'azienda ‹‹si impegna a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro nella propria catena di fornitura, che i dipendenti siano trattati con dignità e rispetto e che i processi di fabbricazione siano rispettosi dell'ambiente››, da Cupertino risulta essere molto difficile verificare che queste condizioni siano effettivamente rispettate, e lo scandalo dell'emorragia di suicidi tra gli operai nella multinazionale cinese Foxconn - alla quale Apple appalta fasi decisive della produzione delle sue creature - ancora non si placa.
A Steve Jobs non si può non riconoscere di aver rinnovato i cliché che vigevano nell'uso dei computer, della telefonia, della musica e dell'animazione, oltre che portare l'azienda Apple ai vertici non solo dell'industria mondiale, ma a fare del suo marchio uno status symbol. Le file chilometriche davanti agli Apple store per il lancio di un nuovo prodotto anche un che di patologico, e non si vede come il consumismo più sfrenato ed ingiustificato possa associarsi ad una visione sostenibile dell'economia.
Steve Jobs, con tutti i suoi pregi, era anzitutto un grandissimo creatore di desideri, un venditore, che si incastra alla perfezione nelle parole di chi descrive la nostra società come sempre più simile ad un grande mercato. Se i calorosi saluti ad un'apprezzata icona del nostro tempo sono dovuti, sarebbe forse corretto astenersi dal partire in quarta col processo di beatificazione, anche se questo non rientra nel modus operandi dell'informazione spettacolarizzata che continua ad imperare.
di Luca Aterini
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