sabato, giugno 11, 2011
In occasione dei referendum di domenica 12 e lunedì 13 giugno, pubblichiamo sulla nostra rivista un approndimento in quattro puntate di Marco Ciamei. Il terzo quesito (scheda di colore grigio) riguarda il nucleare.

TERZO QUESITO: “Nuove centrali per la produzione di energia nucleare. Abrogazione parziale di norme”

Con il terzo quesito viene chiesto agli elettori se vogliono abrogare i commi 1 e 8 dell’art. 5 del decreto legge n. 34 del 2011, adottato dall’attuale governo a marzo, poi convertito in Parlamento con la legge n. 75/2011. Qui occorrono alcune precisazioni perché la situazione è alquanto ingarbugliata. Come sappiamo tutti, gli italiani hanno detto NO al nucleare in occasione del referendum del 1987, nell’immediatezza del disastro di Chernobyl. Nel 2008, però, l’attuale governo, in attuazione del proprio programma elettorale, ha emanato un decreto legge con il quale ha predisposto una nuova “Strategia energetica nazionale”, prevedendo la riapertura del discorso nucleare. A ciò si è dato concreta attuazione con il decreto legislativo n. 31 del 2010, che ha cominciato ad avviare tutte le procedure per la costruzione di centrali nucleari in Italia e la riattivazione di quelle esistenti e non più attive.

La raccolta di firme per l’attuale referendum ha avuto ad oggetto questa normativa. In seguito, però, il governo, per paralizzarne l’esito e per garantire un “periodi di riflessione” a seguito del disastro di Fukushima, ha emanato un decreto legge (il n. 34 del 2011, appunto), poi convertito in legge.

La Corte di Cassazione, quindi, chiamata a giudicare l’ammissibilità del referendum alla luce dei nuovi interventi normativi, ha riformulato il terzo quesito, comprendendo ora non più la normativa del 2010, ma i commi 1 e 8 dell’art. 5 del decreto legge del 2011. È su questa normativa, quindi, che si è chiamati a pronunciarsi.

1. Cosa prevedono questi due commi?

Il 1° comma dell’art. 5 del decreto legge prevede la sospensione per 12 mesi del programma nucleare fissato nel 2010, “allo scopo di acquisire ulteriori evidenze scientifiche sui parametri di sicurezza”. Il primo comma, quindi, riguarda pienamente il nucleare. Il comma 8°, invece, riguarda più in generale la Strategia energetica nazionale, che comprende al suo interno sì il nucleare, ma anche altri tipi di fonti di energia.

2. Cosa accade se i due commi vengono abrogati?

Beh, su questo punto c’è un po’ di confusione, generata soprattutto da un intervento non felice della Corte di Cassazione. Se badate bene, ora il terzo quesito chiede se si vuole abrogare la sospensione di 12 mesi delle procedure di apertura di centrali nucleari, non queste ultime procedure. A rigor di logica, quindi, sembrerebbe che si stia votando per dire NO alla sospensione (!!!).
In pratica, tuttavia, molto probabilmente un eventuale vittoria dei “sì” verrà intesa come una volontà negativa nei confronti del nucleare, sic et simpliciter.
Ma il terzo quesito riguarda anche la Strategia energetica nazionale, che verrebbe quindi abrogata, comportando l’annullamento di un piano comunque necessario per tutte le forme di energia. Si tratta anche in questo caso, quindi, di un voto che inviterebbe il governo ad adottare una nuova strategia energetica.

3. Cosa accade se l’inciso non viene abrogato?

Il progetto per il nucleare continuerà a rimanere sospeso sino a marzo del prossimo anno, per poi riprendere a pieno regime, salvo ulteriori interventi del governo. Quanto alla Strategia energetica nazionale, questa continuerà a costituire la base per ogni intervento normativo in materia energetica.

4. Quali sono i problemi sottesi alla questione?

Con ogni evidenza si discute se costruire o meno centrali nucleari sul territorio italiano e se rivedere il piano energetico nazionale. Il fronte dei referendari fonda le proprie argomentazioni, sostanzialmente, su due linee: da un lato, la scarsa sicurezza dell’energia nucleare, dall’altro, la necessità che l’Italia si adoperi per sfruttare le energie alternative non inquinanti. Quanto al primo aspetto, al di là dei recenti guai di Fukushima, si afferma che “il gioco non vale la candela”, ossia che i vantaggi che si avrebbero dalla presenza di una fonte energetica potente come il nucleare non sono paragonabili ai rischi per la popolazione (eventuali cattive gestione e disastri) e per le generazioni future (scorie radioattive). Quanto al secondo aspetto, si afferma che il nucleare è comunque un tipo di energia dipendente da fonte in esaurimento e che le fonti rinnovabili sono più economiche e compatibili con una crescita rispettosa dell’ambiente. Si richiede, pertanto, un ripensamento della politica energetica del nostro Paese, mirando ad un piano a lungo termine che valorizzi le fonti di energia eco compatibili.

Il fronte opposto, invece, richiama innanzitutto l’enorme gap energetico di cui ha sofferto e soffre il nostro Paese da trent’anni a questa parte, laddove i Paesi europei che producono energia nucleare godono di un costo dell’energia di gran lunga inferiore alla nostra. L’Italia, infatti, è costretta ad acquistare energia elettrica all’estero e la totalità – qui anche l’ipocrisia del sistema – proveniente da fonti nucleari. Mentre, contemporaneamente, l’Italia è il maggior produttore in Europa di energia da fonti altamente inquinanti come gas e petrolio. Quanto alla sicurezza, fanno presente che – a parte i dati mondiali, che vedono l’energia nucleare la più sicura (si pensi ai continui disastri ambientali causati dal petrolio) – proprio Fukushima, dove ha ricevuto danni solo un reattore vecchio di 40 anni su una trentina nel Paese, dimostra che le nuove tecnologie sono sicure persino in caso di terremoti disastrosi. Peraltro, a voler esser concreti, a soli 200 km da Milano vi sono più di 20 centrali nucleari. In merito, infine, alle fonti di energia rinnovabili, queste non sono ritenute un’alternativa seria, in quanto il mondo produce oggi da tutte le nuove fonti rinnovabili messe insieme (geotermia, rifiuti, biomassa, eolico, e solare termoelettrico e fotovoltaico) meno del 2% dell’energia elettrica che consuma. Quanto a produzione da queste fonti, l’Italia è già al terzo posto in Europa con 11 miliardi di kWh prodotti nel 2003 (il 10% dell’intera produzione europea da queste fonti); nonostante ciò, l’energia elettrica così prodotta copre meno del 4% dell’energia elettrica consumata dal Paese.

5. Cosa è da valutare per rispondere positivamente o negativamente al quesito?

È necessario chiedersi, innanzitutto, che stile di vita vogliamo assumere. Uno stile di vita, come il nostro, che richiede sempre più energia deve o produrla o pagarla all’estero. A questo punto, bisogna valutare se accettare i rischi dell’energia nucleare e competere ad armi pari con gli altri Paesi occidentali, oppure tentare la strada delle forme di energia alternative, non inquinanti ma anche di più difficile realizzazione a medio e lungo termine.

Credo, comunque, che queste valutazioni non vadano fatte “di pancia”, ossia in modo sensazionalistico, sulla base dell’onda di emozioni che l’evento di Fukushima ha causato in tutti noi. A prescindere da cosa decideremo, decidere sulla base delle sole emozioni non è mai un buon parametro di discernimento.

Bisogna valutare se l’Italia ha competenze adatte alla costruzione, realizzazione e gestione delle centrali nucleari; se e come si vorrà gestire il problema scorie radioattive, con un occhio alle future generazioni; se possiamo veramente contare su valide fonti di energia alternative (che non significa a zero impatto ambientale, si pensi all’eolico).

6. Dunque voto sì, voto no o mi astengo?

Vai a votare e voti sì: vuoi che l’Italia non intraprenda la strada del nucleare e riveda la Strategia energetica nazionale.
Vai a votare e voti no: vuoi che l’Italia, dopo il periodo “di riflessione” di 12 mesi, riprenda l’attività di costruzione di centrali nucleari.
Non vai a votare: vuoi che non si raggiunga il quorum e, di fatto, propendi per il “no”.

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