Mons. Piero Marini: Giovanni Paolo II amico di tutta l’umanità
RadioVaticana - Gruppi di preghiera, nuove pubblicazioni, social network, eventi culturali: con l’avvicinarsi della data di Beatificazione di Giovanni Paolo II, si moltiplicano le iniziative per celebrare la figura e il Pontificato di Karol Wojtyla. Un uomo che è stato "amico di tutta l’umanità". E’ quanto sottolinea l’arcivescovo Piero Marini, che di Papa Wojtyla fu Maestro delle celebrazioni liturgiche e che ora presiede il Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali. Nell’intervista di Alessandro Gisotti, mons. Marini rivela innanzitutto con quali sentimenti si stia preparando alla grande festa ecclesiale del primo maggio.R. – E’ una grande gioia la Beatificazione di una persona cara, una persona che per me è diventata un po’ una persona di famiglia, con una relazione quasi da padre a figlio. Devo dire che anch’io, dopo l’annuncio della Beatificazione, sento questa gioia perché in fondo mi sento un po’ beato anch’io, essendo stato per tanti anni vicino a lui! La Beatificazione è per tutti un’occasione per re-incontrare questo amico dell’umanità, e anche io devo incontrare di nuovo Giovanni Paolo II, sentirlo parlare di nuovo, interpretare di nuovo i suoi gesti, essere di nuovo preso dal suo amore per l’evangelizzazione, dalla sua testimonianza celebrativa … Sono tutti sentimenti che ho nel cuore in vista di questa Beatificazione.
D. – Qual è il dono più grande che Giovanni Paolo II le ha fatto dopo la sua morte? Quanto dunque è presente adesso nella sua vita?
R. – E’ stato – per così dire – il Papa dei primati, ma il dono più grande che mi ha fatto è stato di ricordarmi che la santità è qualcosa che si costruisce nella quotidianità della nostra vita. Ciascuno di noi – laico, sacerdote – deve costruire la santità rispondendo alla vocazione che il Signore gli ha dato nella propria vita con umiltà, con semplicità, come ha fatto Giovanni Paolo II che ha speso tutta la sua vita per annunciare il Vangelo, per creare l’unità.
D. – Lei è stato accanto al Santo Padre nei momenti più forti della vita di un Papa, come in quella di un sacerdote, cioè la celebrazione della Messa. Che cosa la colpiva di più in queste situazioni?
R. – La vicinanza al popolo santo di Dio. Ricordo il gesto che ha fatto proprio durante la Messa dell’inaugurazione del suo Pontificato, quando è sceso a salutare i fedeli in Piazza San Pietro e il cerimoniere di allora era quasi preoccupato ... Ecco, questo per me è stato il segno emblematico di tutto il Pontificato di Giovanni Paolo II: andare verso la gente, andare verso le comunità, anche le più piccole. E in questo modo è riuscito, anche attraverso l’annuncio della Parola, attraverso la celebrazione dell’Eucaristia, dei Sacramenti a creare attorno a sé, attorno alla persona del Papa, veramente l’unità della Chiesa.
D. – Lei ha vissuto con Giovanni Paolo II momenti gioiosi come le Gmg, e anche drammatici come quello emblematico dell’appello contro la Mafia ad Agrigento. C’è un evento, tra i tantissimi, che ricorda – anche personalmente – con maggiore intensità?
R. – Mi hanno riempito il cuore le celebrazioni con queste folle immense, vedere tutti questi poveri che quasi volevano gettarsi su di lui … mi hanno fatto pensare a scene evangeliche … Momenti gioiosi, ma anche momenti di difficoltà come ad esempio quando eravamo a Sarajevo: il Papa era in difficoltà per continuare la Messa. Si vedeva che già quando era arrivato alla celebrazione non stava bene: siamo negli anni difficili per quanto riguarda la sua salute; e al tremore del Parkinson si unì il tremore del freddo. Uno dei momenti più belli fu quando potei prendergli la mano, gliela tenni stretta cercando di comunicargli un po’ di calore. E vidi che il Papa, alla cui ombra ero vissuto per tanto tempo, il Papa si rianimò, riprese coraggio e poté terminare la celebrazione …
D. – Da ultimo, qual è il suo auspicio per la Beatificazione di Giovanni Paolo II?
R. – Il mio auspicio è che tutta la Chiesa – i credenti, i non credenti – tutti considerino Giovanni Paolo II un amico, lui che ha voluto essere l’amico di tutti; perché solo quando dentro di noi abbiamo questo senso dell’amicizia, possiamo incontrarlo di nuovo, riascoltare le sue parole, rivedere i suoi gesti e possiamo capire, in fondo, il suo agire in favore della Chiesa.
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