Gli Informatici Senza Frontiere combattono contro il 'digital divide' in tutto il mondo
PeaceReporter - Hanno dichiarato guerra al digital divide, il divario tecnologico che separa i cittadini informatizzati da quelli che non sanno cosa siano un bit, un hard disk e tanto meno un megabite. Sono gli Informatici Senza Frontiere, manager appassionati di tecnologia che appena possono smettono i panni da dirigente per dedicarsi anima e corpo a combattere l’analfabetismo digitale. Perché, sono convinti, saper usare un pc rappresenta in molti casi un modo per migliorare la qualità della vita, del lavoro e delle relazioni umane.Girolamo Botter, presidente di Isf, spiega a PeaceReporter obiettivi e attività di un'associazione che oggi conta più di trecento soci attivi, otto sezioni regionali in Italia e progetti in Kenya, Uganda, Congo, Madagascar, Benin e Afghanistan.
“L’ispirazione è nata nel 2005 dall'incontro con Mario Marsiaj, medico impegnato da molti anni in Uganda. Marsiaj ci spiegò come un semplice software e pochi computer avrebbero migliorato significativamente il funzionamento del piccolo ospedale rurale di Angal, dove esercitava, velocizzando tutta una serie di operazioni rudimentali normalmente svolte a mano”.
Nasce così “Open Hospital” un software libero per la gestione dei piccoli ospedali che oggi è utilizzato in numerosi strutture, africane e non. E in Italia?
"Qui il digital divide si manifesta a livello di alcune categorie “escluse”, spesso costrette a lunghi periodi di isolamento: detenuti e anziani, migranti e malati. Per loro organizziamo gratuitamente corsi base di informatica presso carceri, istituti di recupero per tossicodipendenti e aule informatiche. Con il progetto “Bambini al pc”, per esempio, abbiamo installato una rete di pc nei reparti di lungodegenza di alcuni ospedali a Brescia, Napoli, Trieste e Monza."
Oggi informatizzazione è sinonimo di informazione, immediatezza, relazioni sociali. In un’epoca popolata dai social network, educare la gente a un uso etico del web è ancora possibile?
"Il web è oggi uno strumento potentissimo, in grado di migliorare la qualità della vita se usato con una certa consapevolezza. Ha un potenziale di supporto alla dimensione sociale enorme: per questo, educare ad un uso virtuoso non solo è possibile, ma necessario. Per ISF più importante che fornire gli strumenti informatici, è rendere le persone che ne entrano in contatto in grado di utilizzarli autonomamente."
Ultimamente si parla spesso di crowdsearching, è una formula che funziona quando applicata al sociale?
"Il mondo del volontariato è dove la collaborazione 2.0 può esprimere la massima potenzialità. E il caso di ISF lo dimostra: siamo una ONLUS di volontari sparsi in tutta Italia, quasi tutti con un'occupazione stabile e poco tempo a disposizione. Il web consente di fare squadra, unire le competenze, collaborare in modo sincrono e/o asincrono creando valore dai tantissimi frammenti di tempo libero dei nostri soci."
Quali sono le iniziative in cantiere per il 2011?
"Abbiamo diversi progetti in fase di avvio. Il recente accordo con AICA ci permetterà di moltiplicare la nostra presenza sul territorio come fornitori di corsi per il patentino Ecdl. Stiamo poi lavorando per mettere a punto un’aula informatica nella futura scuola infermieri di Kenge (Congo) e analogamente faremo a Kinshasa. Infine, partirà a breve un progetto di censimento informatico in Ecuador, con cui controlleremo lo stato di denutrizione della popolazione infantile."
Numerose iniziative, tutte realizzate a costo zero, per le quali Isf necessita sostegno.
“Ci sono molti modi per sostenere le attività di Informatici Senza Frontiere. Si può entrare nel network dei soci, anche a livello regionale, partecipando agli incontri mensili. Non abbiamo bisogno solo di competenze informatiche, ma di unire le esperienze dei soci per creare valore aggiunto”.
E per chi ancora sta studiando è possibile fare uno stage, sia nell'area dello sviluppo software, che in quella organizzativa.
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