sabato, gennaio 15, 2011
“La fine di un’era”: si racchiude in poche parole, pronunciate dal Segretario generale della Lega Araba, il senso di sgomento e sorpresa comune ai palazzi del potere di tutto il mondo arabo per i recenti sviluppi negli avvenimenti tunisini, che hanno costretto il presidente Zine el Abidine ben Ali ad abbandonare il paese dopo 23 anni di potere incontrastato.

Agenzia Misna - “Quello che sta succedendo è uno storico punto di svolta nella vita dei tunisini - ha detto Moussa in una conferenza stampa dal Cairo - Dobbiamo guardare avanti, al futuro”, invitando il paese a compiere la transizione “nell'ambito della legalità” e dei dettami costituzionali. Mentre per le strade di Tunisi i cittadini provvedono a deporre i manifesti e le gigantografie dell’ex-presidente, dall’Egitto il ministero degli Esteri si affretta a comunicare “rispetto per le scelte del popolo fraterno della Tunisia”, confidando “nella saggezza dei suoi fratelli tunisini nel gestire la situazione e nell'evitare il collasso del paese”. Una dichiarazione che non basta a nascondere il timore di numerosi governi autoritari della regione, che la rivolta possa espandersi. In una protesta spontanea di manifestanti riuniti ieri sera davanti l’ambasciata di Tunisi al Cairo, molti slogan auguravano al presidente egiziano Hosni Mubarak “di raggiungere presto Ben Ali”, fuggito nella notte in Arabia Saudita, mentre ispirati dalla “Rivolta dei gelsomini” come è stata ribattezzata quella tunisina, giovani giordani, algerini, sudanesi e mauritani hanno già dato vita a sit in contro la corruzione e il malgoverno dei rispettivi governi. Gli analisti concordano nell'osservare che alcuni ingredienti all'origine della rivolta - tra cui l'alto tasso di disoccupazione, l'uso della forza da parte delle forze dell’ordine e l’assenza di democrazia - sono comuni a numerosi paesi arabi, dal Marocco all'Algeria e all'Egitto. “L'esempio tunisino – fa notare Amr Hamzawy del Carnegie Middle East Centre di Beirut - ha dimostrato come tutto questo possa essere cambiato dal popolo. Non è necessaria un'invasione come in Iraq. È una grande lezione per i regimi autoritari nella regione”.

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