lunedì, gennaio 31, 2011
Rosario Trubia, mafioso pentito e collaboratore di giustizia, in una lettera aperta sprona i commercianti a denunciare il racket.

Liberainformazione - A Gela, durante i violenti anni della guerra di mafia, Rosario Trubia, oggi collaboratore di giustizia, assunse un ruolo essenziale all'interno dell'organigramma della locale cosa nostra: al punto da fare le veci del boss Daniele Emmanuello, costretto alla latitanza. Trubia, oggi residente in una località segreta a seguito della decisione di rinnegare il suo passato, ha voluto scrivere a quella che continua a definire “la mia amata città”. Lo ha fatto inviando una lunga lettera alla redazione giornalistica dell'emittente televisiva “Canale 10” e al suo direttore Giuseppe D'Onchia.

Uno sfogo, quello dell'ex leader di cosa nostra, affiancato da un accorato invito. Le parole messe su carta da Rosario Trubia, infatti, sono rivolte direttamente ai molti compagni di cosca del passato che continuerebbero, seppur ristretti all'interno di diversi penitenziari italiani, ad agire senza tenere in considerazione la possibilità di redimersi. “Pentirsi-scrive il collaboratore di giustizia-non è una cosa sbagliata ma è la cosa più giusta che si possa fare”. Le considerazioni rese pubbliche da Trubia, inoltre, si estendono al destino delle famiglie dei tanti detenuti per mafia: private, a seguito dell'ostinazione dimostrata da molti suoi ex sodali, di profondi affetti.

“Parlate con i vostri cari-scrive Trubia ai parenti degli affiliati a cosa nostra-convinceteli ad abbracciare la retta via, solo con il pentimento, infatti, potranno avere il perdono di quelle famiglie che per nostra responsabilità hanno perduto per sempre i loro affetti”. Stando alle sue parole, “la giustizia, anche se all'apparenza assai lenta, prima o poi arriva a bussare alla porta di chi ha infranto la legge”. Ma la lettera spedita alla redazione di “Canale 10” contiene, inoltre, diversi moniti destinati agli imprenditori e ai commercianti gelesi.

“So che tanti di voi hanno paura-si legge nella missiva-ma questa non è paura è solo debolezza, vi dico, per il bene dei vostri figli e per il vostro, di denunciare e di contribuire, così, a sconfiggere quel cancro maledetto che si è abbattuto sulla nostra città, ricordatevi della vicinanza di un corpo di polizia sempre attivo, di notte e di giorno, e immediatamente disponibile a darvi manforte”.

Il messaggio di Rosario Trubia, in ogni caso, si conclude con un richiamo alle coscienze di quelli che, una volta, furono soldati ai suo comandi. “Fate la cosa giusta-conclude il collaboratore-pentitevi, l'onestà sta sempre al primo posto; se non volete farlo per voi, fatelo, perlomeno, in vista del futuro dei vostri cari”.

Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa